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Airbnb, le prenotazioni solidali in Ucraina e il rischio frodi

L’azienda ha deciso: stop a nuove inserzioni e revisione di tutte quelle attive

Giorni fa, in un articolo controcorrente, vi avevamo parlato delle multinazionali impegnate in due direzioni nel conflitto tra Russia e Ucraina. Da una parte lasciando Mosca senza prodotti e servizi, e dall’altra mostrando solidarietà – soprattutto sotto forma di donazioni – alla popolazione ucraina.

Avevamo scomodato, prendendo spunto da un post pubblicato da Factanza su Instagram, la locuzione social washing. Domandandoci se non ci sia una palese contraddizione tra la netta presa di posizione di certe aziende contro la violazione dei diritti umani da parte del governo russo, se poi queste stesse aziende adottano atteggiamenti ben poco democratici verso i propri lavoratori, o siano piuttosto distratte nel tutelare i dati personali degli utenti.

Si tratta pur sempre di multinazionali nel cui statuto non c’è l’obiettivo di mostrarsi solidali verso le popolazioni assediate, ma quello di fare denaro.

Anche TikTok, in questi giorni di conflitto russo-ucraino, sta palesando le sue incongruenze. In un primo momento eletto a social simbolo di un modo nuovo e libero di narrare la guerra, ora sembra che in Russia stia tenendo un comportamento ambiguo, se non vicino al governo di Putin.

Ora tocca a un’iniziativa di Airbnb a favore dell’Ucraina mostrare un imbarazzante rovescio della medaglia. Vediamo di cosa si tratta.

Airbnb

Airbnb, l’Ucraina e le prenotazioni solidali

Sin dai primi giorni del conflitto, Airbnb si è mossa in due modi. Anzitutto con una campagna a favore dell’accoglimento di 100.000 profughi ucraini. A questa iniziativa, chiunque possegga un alloggio su Airbnb può partecipare offrendo una sistemazione gratuita o scontata a chi è in fuga dalla guerra. Oppure facendo una donazione.

C’è poi un’altra via, battuta dopo che l’azienda ha deciso di eliminare le commissioni sugli affitti in Ucraina. È quella delle prenotazioni solidali, che consistono nel prenotare un alloggio di Airbnb in Ucraina, pagando quindi solo e soltanto l’host residente nel Paese invaso dalla Russia. Inutile specificare che non sono certo prenotazioni a scopo turistico, ma è solo un modo indiretto di effettuare una donazione di denaro.

Tutto decisamente bello e degno di encomio. Ma anche al di fuori di ogni controllo, come vedremo.

Il successo dell’iniziativa

Le prenotazioni solidali su Airbnb a favore dell’Ucraina hanno avuto immediato riscontro. Mentre l’azienda interrompeva il suo servizio in Russia e Bielorussia, l’idea – che pare sia nata da un anonimo che su Twitter si fa chiamare @quentin.quarantino – ha riscosso un successo globale. Sempre su Twitter il cofondatore e Ceo di Airbnb, Brian Chesky, ha commentato: “In 48 ore sono state più di 61 mila le richieste di prenotazioni arrivate in Ucraina. Significa 1,9 milioni di dollari che arriveranno agli Host in questo momento di necessità. È un’idea fantastica che proviene dalla nostra comunità. Grazie”.

Nei giorni successivi, grazie alle prenotazioni solidali si sono agevolmente superati i 2 milioni di dollari di donazioni. Ma, come dicevamo, qualcosa è iniziato ad andare storto.

Airbnb e le prenotazioni a rischio di frode

È la stessa azienda che sta intervenendo in modo piuttosto deciso su questa iniziativa nata, come si suol dire, del basso. Annullando le prenotazioni, rimborsando chi ha fatto una donazione. E soprattutto indagando sul possibile rischio di frodi.

Airbnb è intervenuta anche bloccando, almeno per il momento, la possibilità di creare nuovi annunci in Ucraina. E tutte le inserzioni provenienti dal Paese assediato stanno ora subendo una revisione. Perché?

Dietro la solidarietà, la truffa

Purtroppo l’animo umano è capace di slanci di grande generosità ed episodi riprovevoli. Basti pensare, durante le calamità, alla solidarietà che porta persone anche da luoghi lontani ad aiutare la popolazione in difficoltà. Eppure, nel contempo, non mancano mai gli episodi di sciacallaggio.

Anche nel caso degli alloggi solidali, a qualcuno è venuto in mente di lucrare su un’iniziativa benefica. In che modo?

Il responsabile della comunicazione di Airbnb, Ben Breit, lo ha spiegato in modo sibillino: “Abbiamo identificato una serie di host che non hanno sostenuto questo sforzo nello spirito per cui era nato”. Che tradotto significa quanto segue: alcuni host hanno aperto annunci fantasma, riferiti ad appartamenti inesistenti, al solo scopo di intascare il denaro.

E chi pensa che si tratta comunque di ucraini in difficoltà, è purtroppo smentito. Perché molti di questi host non risiedevano in Ucraina.

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I social, il falso e il vero

Questa iniziativa di Airbnb pro Ucraina mostra ancora una volta l’estrema difficoltà di regolamentare i social, sia per quanto riguarda le informazioni che le iniziative.

Certamente ci saranno stati anche numerosi host ucraini che avranno inserito annunci veri, e che hanno ricevuto sacrosante prenotazioni solidali. È un po’ come per le notizie: sulle piattaforme social ne circolano di autentiche, attendibili e ben articolate. Assieme a un diluvio di fake news.

E, ci domandiamo, se il vero problema dei social fosse non qualitativo ma quantitativo? Se la mole di informazioni (o di transazioni, nel caso di Airbnb) fosse tale da rendere impossibile ogni forma di autentico controllo?

E se, dunque, un’autentica forma di tutela nei confronti degli utenti delle piattaforme social dovesse concentrarsi prima sulla quantità dei contenuti veicolati, e solo dopo – avendo a che fare con un volume di dati gestibile – sulla qualità?

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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