In futuro le creme per la pelle, quelle anti-aging che contrastano i segni dell’età, potrebbero provenire dalla ricerca scientifica nello spazio della NASA. No, non siamo pazzi: l’ambiente unico che si trova in orbita, e che ha effetti speciali sulla pelle degli astronauti, ha attirato l’attenzione di uno dei giganti della skincare, che ha deciso di collaborare con la NASA.
Colgate e la NASA studieranno l’invecchiamento della pelle in orbita degli astronauti
Tutti prima o poi dovremo confrontarci con la comparsa delle rughe e i segni dell’invecchiamento, ma sembra che la pelle degli astronauti sia ancora più soggetta. Nonostante la mancanza di gravità, la pelle tende ad essere secca, squamosa e sottile, priva di oli naturali. Eppure questi aspetti negativi potrebbero essere una chiave per i ricercatori dermatologi, svelando i misteri dietro i problemi della pelle legati alla vecchiaia.
L’ambiente unico in orbita ha infatti attirato l’attenzione di Colgate-Palmolive, il gigante dei dentifrici con una divisione skincare recentemente ampliata. L’azienda utilizzerà la Stazione Spaziale Internazionale come test per la ricerca sulla pelle, in seguito al suo recente utilizzo del laboratorio spaziale per uno studio sulla salute orale. La stazione spaziale è un laboratorio nazionale finanziato dai contribuenti, quindi la NASA crea regolarmente collaborazioni di ricerca con imprese private.
Piastre di coltura di tessuto cutaneo umano sono state lanciate a bordo della navicella spaziale Cygnus di Northrop Grumman su un razzo Antares della NASA il 19 febbraio. I campioni, cellule di un singolo donatore, insieme ad altri 3720 chili di materiali, sono programmati per raggiungere la stazione il 21 febbraio.
Colgate, la società madre di Filorga Cosmetics, Elta MD e PCA Skin, vuole studiare la molecola e i cambiamenti a livello cellulare alla base del deterioramento della pelle nei campioni esposti alla microgravità della stazione spaziale. Un esperimento che utilizza gli stessi campioni verrà eseguito simultaneamente a terra. Le differenze nei modelli molecolari tra i tessuti potrebbero rivelare indizi sui meccanismi biologici che si verificano quando i nostri corpi riparano naturalmente la pelle.
Non si tratta di una novità per la NASA
La NASA è consapevole che la Stazione Spaziale sia un ambiente stressante per il corpo umano, soprattutto dal punto di vista della pelle. Questo danno è una cosa da tenere in corso nella propria vita sulla Terra, e avviene nel corso di decenni. Ma in orbita questo avviene molto più velocemente.
Un precedente esperimento di tre mesi sulla stazione spaziale che ha coinvolto un piccolo campione di topi – secondo uno studio del 2015 pubblicato su Nature – ha rilevato che i roditori hanno subito una perdita del 15% dello spessore della pelle. Oltre a un aumento del 42% del collagene di nuova formazione, una proteina nel tessuto connettivo della pelle.
Gli astronauti sono limitati nella loro capacità di mantenere l’igiene uguale a come fanno sulla Terra. L’equipaggio della stazione spaziale usa salviettine umidificate per lavarsi e shampoo secco per pulirsi i capelli. Non ci sono ovviamente lavatrici per lavare i panni. Questi fattori contribuiscono anche a complicanze cutanee più frequenti. Le condizioni della pelle che l’equipaggio della stazione spaziale ha sperimentato nel corso degli anni includono la psoriasi; dermatite; ipersensibilità; infezioni batteriche. La NASA ha inoltre trovato 33 casi di cancro alla pelle tra 312 astronauti, rispetto a 27 casi ogni 912 soggetti sulla Terra. Ciò equivale a un tasso quasi triplo elevato tra gli astronauti.
La ricerca di Colgate ha lo scopo di osservare le modifiche della pelle in orbita, per poi studiarlo e cercare di contrastarlo, con creme o soluzioni apposite.
“Riteniamo che i risultati ci aiuteranno a identificare meglio le aree per un intervento precoce sulla salute della pelle. E, in definitiva, a guidare lo sviluppo di innovazioni rivoluzionarie per la cura della pelle in tutti i marchi di prodotti per la cura della pelle Colgate-Palmolive”, ha affermato Lia Arvantitidou, vicepresidente per la cura personale dell’azienda e ricerca e sviluppo della pelle.
“Ciò che prevediamo è di vedere segni precoci e più drammatici di danno tissutale e forse l’attivazione di meccanismi di riparazione della pelle nel tessuto in condizioni di microgravità” ha affermato Arvantitidou. “E inoltre, speriamo di vedere cambiare geni diversi”.
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