I dieci anni tra il 2004 e il 2014 sono stato estremamente importanti per il mondo delle serie TV. È in questi anni che il medium rinasce, con il debutto di grandi capolavori che lo hanno cambiato per sempre, da Lost a Mad Men a Game of Thrones. A rivoluzionare lo scenario però è anche un altro evento, slegato dai contenuti in sé. Si tratta dell’avvento delle piattaforme streaming, che hanno permesso al mondo di scoprire il concetto di binge watching.
1 febbraio 2013, Netflix ‘inventa’ il binge watching
Questo termine, diventato sempre più di uso comune, richiama l’idea dell’abbuffata, del consumo fino alla totale sazietà, proprio come un all you can eat. Nello specifico, qui si parla di episodi di serie TV, da guardare uno dietro l’altro in lunghe maratone. Una pratica che esiste da tantissimo tempo, almeno da quando esistono le videocassette degli show, ma che con la facilità di accesso ai contenuti dei servizi di streaming (con tanto di riproduzione automatica della puntata successiva) è diventata molto più abituale.
Soprattutto poi, c’è stato un momento preciso in cui il binge watching è passato da fenomeno limitato a game changer per la serialità. Si tratta del 1 febbraio 2013, quando Netflix pubblica la sua prima serie TV originale House of Cards e la distribuisce in un’unica soluzione. Gli utenti quel giorno non hanno trovato solo il primo episodio, ma l’intera stagione e hanno potuto vederla tutta insieme.
Solo con il tempo si è potuto comprendere quanto effettivamente fosse rivoluzionario quell’approccio. Si trattava di un cambio concreto nella fruizione dei contenuti seriali, che offriva innumerevole libertà e richiedeva regole nuove agli appassionati. Ad esempio, come ci si comportava con gli spoiler? Quando la trasmissione era legata a un orario preciso e a un determinato contenuto era facile sapere chi era in linea e chi no. Con la libertà totale però la visione si sfasava e serviva un nuovo equilibrio.
Il binge watching è il futuro…
La differenza rispetto al passato sembra minima, ma solo apparentemente. In realtà è uno dei maggiori segnali di distacco del mondo dello streaming rispetto alla televisione tradizionale. Lo spettatore ha la completa libertà di crearsi il proprio palinsesto, prendendosi i propri tempi e scegliendo se accelerare o rallentare.
Un cambio che propone anche agli autori una variazione nella creazione degli show. Lo stesso concetto del finale di un episodio va rivisto, perché ora lasciare l’azione in sospeso ha un significato differente. Lo spettatore può ora avere una risoluzione immediata ai propri dubbi, modificando il senso della scelta per la conclusione. Un finale sospeso (il cosiddetto cliffhanger) ora non serve a creare attesa per la prossima puntata, ma anzi a spingere lo spettatore a iniziarla subito dopo.
Un impatto si ha anche sul tempo complessivo dell’azione. Le stagioni dei vecchi show che si sviluppavano nel corso di diversi mesi, tendevano a raccontare storie molto lunghe nel tempo, mostrando i personaggi alle prese con inverno, primavera, estate, Halloween, Natale… Viceversa si può notare come molti show proposti in un’unica soluzione abbiano tempi molto più concentrati, a volte anche in un giorno solo.
Ma è proprio la libertà di gestione a caratterizzare il modello distributivo legato al binge watching. Un approccio che permette anche alle piattaforme di distribuire un numero sempre maggiore di contenuti, senza doversi preoccupare delle sovrapposizioni di palinsesto. Sarà poi lo spettatore a decidere (con un piccolo aiuto dell’algoritmo) come gestire la propria schedule, se rallentare o velocizzare la visione.
…ma potrebbe anche essere il passato
Per tutti questi motivi il binge watching è stato un fattore chiave nell’affermazione dei servizi di streaming. Questo elemento di libertà, l’attrattiva di non dover sottostare agli orari delle trasmissioni e alle attese settimanali tra un episodio e l’altro sono stati importantissimi nel convincere una buona fetta di spettatori a scoprire le nuove proposte. Ma ora che il pubblico si è abituato a questa nuova fruizione, forse è tempo di fare un passo indietro.
I motivi per cui potrebbe essere giunto il momento di tornare alla pubblicazione dilazionata nel tempo sono molteplici. Per alcuni utenti ad esempio potrebbe essere anche più gestibile una visione di questo tipo. Qualcun altro potrebbe per esempio sottolineare come per questioni sistemiche i contenuti che nascono con il binge watching già in mente siano pochi: in molti casi si tratta di show che potrebbero tranquillamente andare su network classici e che solo per caso arrivano sullo streaming. Le potenzialità quindi non si sfruttano davvero a pieno.
Tra le motivazioni si trovano anche quelle più artistiche sul concetto stesso di serialità. Il binge watching sfuma ancora di più il confine tra serie TV e film due tipi di contenuti che dovrebbero essere però molto diversi: se non devo attendere tra un episodio e l’altro, qual è la differenza tra questi due contenuti?
D’altro canto poi ci sono anche questioni più prettamente economiche per le piattaforme. Se gli episodi arrivano settimanalmente, gli utenti dovranno fare abbonamenti più lunghi per poterle seguire insieme agli amici. Con un modello basato sul binge watching basta solo il mese in cui si pubblica lo show.
Dominare le chiacchiere
Soprattutto poi, una distribuzione in un solo giorno sfavorisce il passaparola, valore chiave per una piattaforma di streaming. Per questo tipo di servizi, il valore creato da una serie TV non è legato direttamente agli ascolti, ma a quanto coinvolge gli utenti. Quante più persone ne parlano, tanto più si farà pubblicità al servizio e arriveranno nuovi abbonamenti.
Con una distribuzione dilazionata, la vita utile di uno show si allunga. Si possono valorizzare molto di più i singoli episodi o i momenti di essi, con un traino comunicativo eccezionale. Viceversa, un modello da binge watching comprime moltissimo questo periodo e dopo una settimana la discussione social si è già spostata su altro.
Provate a ripensare a come il mondo si fermasse per tutto il periodo in cui veniva trasmesso Game of Thrones. Settimane e settimane in cui bacheche social, piazze e macchinette del caffè erano perennemente occupate da discussioni su Stark e Lannister. Confrontatelo con il periodo intenso, ma brevissimo al confronto in cui Stranger Things è stato al centro dell’attenzione. Ora pensate a come sarebbe potuta andare se l’avessimo potuta vedere in due mesi invece che in due giorni.
Teniamo d’occhio il futuro del binge watching
Nell’evoluzione che il mondo dei servizi di streaming affronterà nei prossimi mesi, questo sarà un tema centrale. Alcune piattaforme nuove (fra cui Disney+) hanno già mostrato di pendere più verso un modello settimanale. Dall’altra parte Netflix sembra più restio a rinunciare a quella che è stata una chiave del suo successo e che comunque presenta ancora molti vantaggi. È probabile che il punto di arrivo finale possa essere un ibrido, ma non è facile capire a quale dei due estremi sarà più vicino.
Sarà interessante assistere all’impatto che avranno le decisioni, da una parte e dall’altra, e come direttamente o meno influenzeranno il settore. La partita principale si giocherà sui contenuti, ma sarà importante dare un occhio anche a questo fattore.
E voi, da che parte vi schierate? Siete tra gli amanti del binge watching o preferite una visione più lunga nel tempo?
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