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La Cina pone un freno alla “disinformazione” degli influencer

Alcuni argomenti potranno essere trattati solamente da coloro dotati delle giuste certificazioni.

L’Amministrazione nazionale radiotelevisiva cinese e il Ministero della Cultura e del Turismo di Beijing hanno pubblicato un nuovo “Codice di Condotta per i creator online” che impedirà agli influencer di affrontare argomenti critici che non conoscono a fondo. Nonché molto altro.

Il problema degli influencer che la Cina vuole risolvere 

Nell’estate del 2021, il giornalista Stefano Feltri aveva pubblicato un editoriale in cui aveva palesato un’ovvietà che però fatichiamo a discutere coscienziosamente: gli influencer raggiungono ormai un bacino di pubblico che conta milioni di individui, eppure i loro interventi, a differenza di quelli della stampa, della politica e del clero, non sono condizionati da codici, leggi o patti di alcun tipo.

I content creator possono insomma “influenzare” le masse con opinioni che spesso sono tanto condizionati da pulsioni personali, quanto lo sono dagli interessi degli sponsor e dagli algoritmi dei social media. Il tutto è caratterizzato da una trasparenza pressoché nulla. Il risultato è che alcuni vip digitali finiscono con il lanciarsi su tematiche complesse che, se trattate male o con malizia, possono causare danni concreti al tessuto sociale, scatenando panico, sommosse o danni al sistema sanitario.

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Per pubblicare sarà necessaria una qualifica

La Cina ha già intrapreso in passato delle soluzioni che hanno ridimensionato la portata e gli obiettivi degli influencer locali, tuttavia il nuovo “Codice di Condotta per i creator online” esplicita in maniera chiara quale sia l’atteggiamento da adottare sul web. Nel bene e nel male.

In uno stile non troppo dissimile al Digital Service Act (DSA) previsto dalla Commissione Europea, anche Beijing ha intenzione di assicurarsi che i portali internettiani siano considerati responsabili nel supervisionare i contenuti presenti sui loro server. Servizi di streaming, piattaforme audiovisive online e agenzie di intermediazione dovranno tenere d’occhio i “web host” e dovranno collaborare attivamente nelle ispezioni dei dipartimenti amministrativi del Ministero della cultura e del turismo, ministero che sovrintende la cultura della Rete cinese.

Il nuovo Codice formalizzato in Cina si spinge però molto oltre e determina anche che i contenuti “che richiedono un alto livello di professionalità (come assistenza medica e sanitaria, finanza, legge e istruzione)” dovranno essere esplorati solamente da influencer dotati di qualifiche ed esperienze corrispondenti alla materia trattata. I creator dovranno, o perlomeno dovrebbero, quindi condividere le informazioni che attestano le loro qualifiche con le aziende che li ospitano, le quali si impegneranno a farne una revisione così da accertarsi che le documentazioni siano legittime.

Una risposta censoria e autoritaria al problema

Il “Codice di Condotta per i creator online” rappresenta anche il lato preoccupante della gestione governativa dei contenuti che finiscono sul web e ci fornisce un importante ammonimento su quali siano gli eccessi da cui il Digital Service Act dovrebbe assolutamente tutelarsi. Confinare elementi chiave del discorso pubblico a un numero limitato di soggetti certificati può infatti contribuire a contenere la diffusione della disinformazione, tuttavia impedisce non poco anche il propagarsi della controinformazione, soprattutto in quei Paesi che sono in mano ad Amministrazioni di stampo autoritario.

Non stupisce quindi scoprire che il concetto di Beijing di disinformazione sia molto ampio e che i binari guida dettati si estendano a un cappello di tematiche molto più ampio di quanto non sarebbe lecito aspettarsi. Al di là del vietare i contenuti già illegali per legge, il Governo si è anche assicurato di includere nella sua lista dei tabù la “pubblicazione di tutto ciò che possa indebolire il Partito Comunista” o “sovvertire il potere istituzionale”.

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Il vademecum di come la Cina vorrebbe gli influencer

Con fare lungimirante l’Amministrazione nazionale radiotelevisiva cinese ha avuto anche l’intuizione di riportare nel documento le pratiche corrette a cui un influencer dovrebbe far riferimento. Un host dovrebbe quindi fornire punti di vista che “cantano le lodi dell’innovazione” e che “promuovono l’eccellenza della cultura tradizionale cinese”. In generale, sul web dovrebbero finire solamente informazioni positive e speranzose nei confronti del futuro.

A scanso di equivoci, l’Amministrazione Xi Jinping si assicura anche che i protagonisti di internet si presentino con un modo di fare aderente agli obiettivi sociali del Partito Comunista. Oltre a non mostrarsi mai sciatti, i vip del web “dovrebbero aderire a uno stile e un gusto sani, rinunciare alle volgarità, al kitsch e ad altri interessi di basso livello”. Soprattutto, dovrebbero evitare di muoversi contro l’“etica della Rete” con l’intento di produrre controversie facilmente monetizzabili. Tutte idee che di per sé potrebbero anche dimostrarsi virtuose, ma che se imposte con la coercizione soffocano la libertà di parola in favore di un tornaconto politico.

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