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I deepfake degli attori statunitensi che si scagliano contro l’Ucraina

Il fenomeno è sempre più diffuso

Abbiamo ormai capito che gli ultimi approdi dell’intelligenza artificiale generativa potranno portare enormi benefici, sveltendo una serie di operazioni (benché occorra e sempre occorrerà la supervisione umana).

È altrettanto innegabile che la produzione di testi e immagini attraverso l’IA può anche essere al servizio di scopi ambigui o palesemente disonesti. Pensiamo ad esempio al deepfake.

Il deepfake

Il deepfake, ossia la produzione di immagini e video tramite IA per mimare in modo credibile i movimenti corporei (e, volendo, le voci) di persone più o meno note, è pratica di per sé neutra.

In un articolo (quasi pioneristico) del 2021 scrivevamo ad esempio che il deepfake potrebbe rendere più realistico il doppiaggio. O far recitare attori senza che essi siano presenti sul set. Celebre, in questo senso, il caso di Bruce Willis. Che, reso ormai inabile alla recitazione dall’afasia, avrebbe venduto i diritti d’immagine a un’agenzia che produce contenuti con l’IA. Solo che poi lo stesso attore avrebbe smentito tutto.

Ci sono anche, dicevamo, utilizzi assai meno virtuosi del deepfake. Tra gli innumerevoli esempi, citiamone uno del marzo del 2023, quando i volti delle attrici Scarlett Johansson ed Emma Watson sono stati giustapposti a video porno tramite l’app FaceMeta. Al punto che ci siamo chiesti in un articolo se non fosse nata una nuova forma di violenza di genere.

deepfake ai estorsioni ricatti sessuali min

I deepfake degli attori statunitensi contro l’Ucraina

In altri casi, il deepfake può sfruttare ignari personaggi pubblici per veicolare messaggi politici.

Per esempio, diverse star di Hollywood negli ultimi tempi stanno lanciando frasi quantomeno ostili nei confronti dell’Ucraina e di Zelensky. I toni sono più che espliciti. Se per Bradley Cooper gli ucraini sono “porci usciti dai bassifondi dell’Europa”, Brad Pitt definisce Volodymyr Zelensky come un “alleato dei nazisti”.

Non c’è nulla da temere: si tratta appunto di un uso massiccio del deepfake che, attraverso noti attori di Hollywood, ha l’obiettivo di gettare discredito sull’Ucraina e sul suo presidente.

Secondo l’analisi di NewsGuard, riportata dai colleghi di Repubblica, alcuni di questi contenuti sarebbero stati diffusi capillarmente da Doppelganger, un collettivo di disinformatori filorussi attivo dal 2022.

Se l’effetto di ogni video preso singolarmente è grottesco, e il deepfake spesso approssimativo, la fitta divulgazione può certamente generare un impatto emotivo, specie negli utenti meno avvezzi a verificare la veridicità delle notizie.

Il deepfake, l’Ucraina e gli autogol

C’è poi un terzo uso del deepfake, tecnologia ancora giovane, e che quindi può – almeno per ora – essere utilizzata in modo dilettantesco. Non ci dimentichiamo di quell’avvocato statunitense, il quale in una causa si è affidato a ChatGPT, che ha inventato di sana pianta una serie di precedenti penali.

Tornando all’Ucraina, certo è esecrabile il deepfake degli attori di Hollywood per metterla alla berlina. Però, ecco che lo stesso governo di Kiev ha scelto come nuova portavoce Victoria Shi. Il suo compito principale è quello di comunicare informazioni sulle attività dei consolati ucraini all’estero. E le sue fattezze ricordano (troppo?) da vicino quelle della celebrità del web Rosalia Nombre.

Ecco svelato l’arcano: Rosalia Nombre ha prestato la propria immagine all’IA, che ha creato un personaggio virtuale ricalcato su di lei.

Nonostante il governo ucraino abbia motivato la curiosa scelta con un risparmio di tempo, sui social non si sono risparmiate le critiche, almeno per due motivi. Intanto, ci si è domandato quali costi abbia avuto l’operazione. E se sia davvero indispensabile l’uso di una tecnologia in sostituzione di un portavoce vivo e vegeto.

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Il deepfake e le elezioni

Si avvicinano intanto importanti elezioni (quelle europee a giugno, le presidenziali Usa a novembre). E la preoccupazioni per un utilizzo incongruo e illecito del deepfake crescono.

Il discorso complessivo è che urge una regolamentazione di una tecnologia che, lo ripetiamo, se contenuta in ambiti legali (sono proprio questi i confini che vanno tracciati) può apportare numerosi vantaggi.

Ci hanno provato gli Stati Uniti lo scorso gennaio con il NO AI Fraud Act, proposta di legge a tutela del diritto individuale di proprietà sulle immagini e le voci.

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Source
Repubblica

Autore

  • Claudio Bagnasco

    Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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