Nel nostro Paese è abbastanza comune celebrare la Festa della Donna ponendo l’accento sulle difficoltà che le esponenti del “gentil sesso” si trovano ad affrontare nella vita professionale e personale. Per qualche assurdo motivo, ci ritroviamo a festeggiare l’8 Marzo bombardate di racconti di donne che non riescono a guadagnarsi gli stessi diritti degli uomini. È molto raro leggere storie di donne che invece sono riuscite a scavalcare il Gender Gap, e per di più con le sole proprie forze. Eppure queste donne esistono, e ne è pieno il mondo. Ecco perchè abbiamo deciso di celebrare questa ricorrenza raccontando la storia di Francesca Prandoni, conosciuta nel mondo del gaming come la “Signora Super Mario“.
PR Manager di Nintendo Italia, Francesca è riuscita a guadagnarsi una posizione di tutto rispetto in una delle aziende di videogiochi più note al mondo combinando passione e determinazione. E rappresenta alla perfezione il modello che da anni celebriamo in questa giornata: una donna che ce l’ha fatta. Nonostante le differenze di genere e le difficoltà che si incontrano in un settore popolato per lo più da uomini. E non è una figura mitologica. Esiste e noi le abbiamo strappato una delle interviste che più ci ha riempite di gioia per il genere a cui apparteniamo.
Francesca Prandoni è la “Signora Super Mario” di Nintendo Italia
La prima cosa che vogliamo chiederti è com’è lavorare in un settore come quello del gaming, in cui generalmente sono gli uomini a ricoprire posizioni di potere?
In realtà, io mi sento a mio agio. È vero che è un settore prevalentemente maschile – e questo non lo dico io, ma lo dicono i dati -, però io non ho mai riscontrato nessun tipo di problema rispetto al fatto di essere una donna in un mercato prettamente maschile. Io, devo dire la verità, ricopro anche un ruolo che viene affidato molto spesso ad una figura femminile. Sono una PR Manager, e forse in questo settore è più accettata una PR piuttosto che una donna sviluppatrice.
Lavoro in un team prevalentemente di uomini, il mio capo è un uomo e siamo solo due donne nel team Marketing di Nintendo Italia. Però devo dire che ho avuto, e ho tuttora, la fortuna di lavorare con uomini che hanno sempre avuto molto rispetto per la figura femminile. So che però non è così per tantissime altre videogiocatrici e professioniste donne del settore. Probabilmente il mio è un caso un po’ isolato. Ma le differenze di genere ci sono sempre state. Di recente una collega, una giornalista, è stata vittima di bullismo perchè il ruolo della donna che si occupa di videogiochi è visto come qualcosa di non all’altezza. Perchè è un mercato prettamente maschile.
Però questo mito che alle donne non piace giocare, e che non se ne intendono di videogiochi, è un po’ da sfatare. Prendo l’ultimo rapporto annuale di IDEA, l’associazione che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia, che risale al 2019 e che ci dice che le donne che videogiocano sono 8 milioni in Italia. E non sono poche. Sono il 47% sul totale dei videogiocatori.
Il percorso professionale che hai fatto assomiglia quasi ad un sogno. Sei partita per gli Stati Uniti per migliorare il tuo inglese e, dopo aver lavorato in un parco giochi, sei entrata a lavorare prima in Warner Bros e poi in Nintendo. Ti va di raccontarci qualcosa di più al riguardo?
Effettivamente, è un po’ un sogno che prende forma. E non l’avrei mai detto quando, tornando agli anni universitari, ho deciso di passare questo anno negli Stati Uniti andando a lavorare nel Parco Disney. Ho studiato “Lingue e letterature straniere” come corso di laurea e ho pensato di partire per imparare meglio l’inglese – questa era anche un po’ la scusa da usare con i miei genitori -. È stato un periodo meraviglioso: Stati Uniti, senza genitori, in famiglia con ragazzi provenienti da tutto il mondo.
Poi da lì sono stata anche brava io a trasformare questa occasione che ho avuto, tornando, in un’opportunità. Forte di questa esperienza, mi sono presentata in Disney Italia e ho chiesto un po’ di aiuto per finalizzare la tesi di laurea, e da lì sono entrata un po’ in contatto con l’azienda. Quando si è aperta una possibilità per l’Ufficio Stampa del Publishing, che gestiva tutta la parte di PR di Topolino, mi hanno fatto fare un colloquio. E sono entrata. Sono rimasta lì un po’ di anni ed è stata un’esperienza meravigliosa.
Dopo Disney, sono passata a Warner Bros, sempre all’interno dell’Ufficio Stampa della sezione Home Video. Un altro mondo meraviglioso legato all’entertainment. E poi Nintendo, dove sono da 15 anni e non mi sembra affatto. Forse proprio perchè mi trovo bene. È una bella azienda, con gente con cui mi trovo bene. La filosofia giapponese è un po’ quella di creare una famiglia sul luogo di lavoro, e questa cosa è abbastanza vera anche per me. Il rapporto che si è creato con i colleghi è molto bello.
Forte della tua esperienza, qual è il consiglio che daresti ad una ragazza interessata a lavorare nel mondo del gaming?
Il mio consiglio è sicuramente quello di seguire la propria passione, e di fare di tutto per cercare di trasformarla in una professione. Ci sono tantissime realtà che si occupano di formazione in ambito videoludico, dallo IULM di Milano al Vigamus di Roma. Si tratta di realtà sia pubbliche sia private, che stanno iniziando ad offrire percorsi per Game Designer o altre tipologie di professioni all’interno del settore. Consiglierei quindi di seguire la passione e di non lasciarsi intimidire da chi pensa che i videogiochi siano una cosa da uomini, perchè è un’idea assolutamente antiquata.
Molto spesso penso che per le donne ci sia abbastanza timore nell’esporsi o nell’esprimersi in fatto di videogiochi, proprio perchè si pensa che qualcuno sia pronto a criticare o a non ritenerti all’altezza. Nonostante questo, consiglio assolutamente di non mollare, perchè lo stereotipo secondo cui una ragazza non può saperne di videogiochi va assolutamente scardinato.
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Mettiamo un attimo da parte il gaming come settore professionale, e concentriamoci invece sui videogiochi. Le protagoniste femminili sono poche, e hanno un ruolo quasi sempre secondario. Secondo te, questa cosa cambierà in futuro? Oppure per un’azienda potrebbe essere una scelta troppo rischiosa?
È vero, non ci sono tanti giochi che hanno come protagonista un personaggio femminile. Io mi sono fatta quest’idea: gli sviluppatori sono fondamentalmente uomini, ed è da poco che anche le donne hanno iniziato a intraprendere delle carriere nello sviluppo dei videogiochi. E sviluppando soltanto gli uomini, creano prodotti che sanno piacciono agli uomini, in cui il ruolo femminile è quasi sempre secondario – un’aiutante, una coprotagonista, ecco -.
Sicuramente in futuro ci saranno sempre più giochi con protagoniste femminili, ma proprio perchè il mercato sta cambiando. E se nuove figure femminili professionali entrano a far parte di questo settore, ci sarà sicuramente un cambio in questo senso. Considerando le videogiocatrici, che adesso cominciano ad essere tante, le aziende videoludiche non devono avere paura a sviluppare dei giochi per le donne, perchè le donne ci sono e vogliono giocare. Probabilmente hanno dei generi preferiti come i giochi di simulazione, i giochi gestionali o i rompicapi, però ci sono e vogliono giocare. Quindi perchè non dargli un prodotto fatto appositamente per loro.
E allora ci viene subito in mente che la Principessa Peach, in futuro, possa davvero diventare la protagonista di un titolo di Nintendo. Chissà. Potrebbe essere una vera e propria rivoluzione. Come quella che a suo modo è riuscita a mettere in atto Francesca Prandoni, che non solo ha assottigliato le differenze di genere di un settore come quello del gaming, ma è riuscita anche a farlo con estremità serenità. Essere donne, quindi, non significa obbligatoriamente partire in una posizione di svantaggio. Anzi, a volte può anche voler dire avere gli strumenti giusti per intraprendere una carriera di successo. Senza timore di sbagliare o di essere giudicate, ma semplicemente con la voglia di fare quello che si ama. E in questo, noi donne, sappiamo essere davvero brave.
A questo punto, vogliamo lasciarvi con una provocazione: cosa succederebbe se ci regalassero una Switch anzichè una bambola quando siamo piccole? “In fondo, è come regalare un libro con storie infinite. È un mezzo con cui vivi delle emozioni, delle esperienze. Il videogioco è questo“.
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