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E.T. l’extra-terrestre compie 40 anni ed è ancora l’amico che avremmo sempre voluto avere

Il nostro omaggio a un capolavoro che compie oggi 40 anni.

Se si dovesse racchiudere in un solo fotogramma E.T. l’extra-terrestre, settimo film di Steven Spielberg presentato 40 anni esatti fa a Cannes, la scelta più calzante non sarebbe né l’ormai iconica scena del volo delle biciclette, né l’ultimo struggente abbraccio fra il piccolo protagonista Elliott (Henry Thomas) e l’alieno più conosciuto e amato della storia del cinema. La perfetta sintesi di E.T. l’extra-terrestre e di tutto il cinema di Steven Spielberg è collocata a pochi secondi dalla conclusione di questa vera e propria pietra miliare del cinema fantascientifico e fantastico: il portello dell’astronave arrivata per riportarlo a casa si chiude sulla figura dell’adorabile alieno, escludendolo per sempre dallo sguardo di Elliott e da quello dello spettatore.

Una sequenza che rischia di essere sottovalutata per via dell’incredibile climax emotivo orchestrato pochi secondi prima da Spielberg con la collaborazione di una delle migliori composizioni di John Williams, ma che è invece un vero e proprio manifesto del regista. Con il cuore pulsante di E.T. in bella mostra, il portello compie un movimento analogo a quello di un otturatore che si chiude, base della fotografia e di conseguenza del cinema. Non serve un saggio di semiotica per interpretare questo brevissimo passaggio: il cuore della narrazione (e idealmente quello dello stesso Spielberg) racchiuso dentro il movimento da cui nasce il cinema stesso. La tecnica e la tecnologia al servizio della passione e delle idee, e non il contrario. Una delle più intense dichiarazioni d’amore al cinema della lunga storia di questa nobile arte.

E.T. l’extra-terrestre: il capolavoro di Steven Spielberg

E.T. l'extra-terrestre

Il cuore di Steven Spielberg è davvero la linfa di E.T. l’extra-terrestre, senza dubbio il suo lavoro più intimo e allo stesso tempo universale. Dopo il divorzio dei suoi genitori, avvenuto nel 1966, il giovane regista ha infatti cercato di colmare il dolore e la sensazione di perdita attraverso un amico immaginario, che nella sua fantasia aveva proprio le sembianze di un alieno. Dopo aver ribaltato l’immagine di alieno cattivo con lo straordinario Incontri ravvicinati del terzo tipo, commovente inno alla fratellanza universale, e mentre era impegnato a riscrivere la storia del cinema d’avventura sul set de I predatori dell’arca perduta, Spielberg ha riportato a galla questa esperienza, iniziando a lavorare sul soggetto insieme alla sceneggiatrice Melissa Mathison (che di lì a poco sarebbe diventata la moglie di Harrison Ford, autore di un cameo nel film poi tagliato in fase di montaggio).

Il risultato è un’opera ad altezza di bambino, in cui chiunque si può rivedere, dove l’arrivo di una misteriosa astronave e il conseguente accidentale abbandono di E.T sulla Terra fungono da innesco di un racconto edificante, incentrato sull’amicizia e sulla pacifica convivenza di persone che arrivano letteralmente da diversi pianeti. Cinema di persone ordinarie alle prese con situazioni straordinarie, come da tradizione della filmografia di Spielberg, e soprattutto dalla marcata dimensione fanciullesca, che il cineasta continuerà a esplorare anche nei suoi lavori più maturi e drammatici: non è un caso che il personaggio ancora oggi più ricordato di un’opera tragica come Schindler’s List – La lista di Schindler sia la bambina col cappotto rosso, simbolo dei feroci ed evidenti crimini perpetrati dai nazisti.

L’eredità di E.T. l’extra-terrestre

Con l’eccezione della madre del protagonista Mary Taylor (Dee Wallace), per una lunga porzione del racconto gli adulti non sono mai inquadrati in volto, proprio per sottolineare la loro marginalità all’interno di questa fiaba. Un punto di vista che si riflette in molteplici dettagli, come la partita iniziale a Dungeons & Dragons, i ripetuti riferimenti a Star Wars (uscito appena 5 anni prima ma ancora oggi oggetto di innumerevoli omaggi e rimandi), i festeggiamenti di Halloween o il collegamento al programma televisivo per bambini Sesame Street, e che diventerà la spina dorsale di un filone capace di attraversare tutti gli anni ’80. Nel giro di poco tempo, arriveranno infatti sul grande schermo La storia infinita, I Goonies (prodotto dallo stesso Spielberg), Explorers, Stand by Me – Ricordo di un’estate, Labyrinth – Dove tutto è possibile e tanti altri racconti con bambini o ragazzi come protagonisti.

Un immaginario a cui ancora oggi attingono progetti all’insegna della nostalgia come Stranger Things (infarcito di riferimenti a E.T. l’extra-terrestre), che ha aperto la strada anche alle commedie adolescenziali di John Hughes: di fatto, E.T. l’extra-terrestre ha segnato buona parte del cinema degli anni ’80 e di conseguenza il filone revival che ancora oggi stiamo vivendo. Il segreto di questo successo dipende da diversi fattori: una narrazione che flirta con vari generi (dalla commedia alla fantascienza, con addirittura strizzate d’occhio all’horror), permeata dal cinema classico americano (non è casuale l’omaggio a Un uomo tranquillo di John Ford), una morale semplice ma non scontata e il contributo encomiabile di ogni comparto tecnico.

La magia di Carlo Rambaldi

Il già citato John Wiliams dà vita al migliore accompagnamento sonoro possibile, indelebilmente scolpito nella memoria di ogni cinefilo e capace di dare enfasi e profondità ai picchi emotivi del racconto. La sua è una musica talmente epica e struggente da costringere Spielberg a calibrare il montaggio su di essa, in modo da fondere immagine e sonoro in un connubio davanti al quale è difficile, se non impossibile, evitare di commuoversi. Un lavoro altrettanto importante è quello dell’effettista italiano Carlo Rambaldi, che torna a a lavorare con il regista dopo Incontri ravvicinati del terzo tipo curando ogni aspetto del pupazzo meccanico più vivo e realistico della storia della settima arte.

Un volto ispirato anche a quelli di Albert Einstein ed Ernest Hemingway, dolce ed espressivo ma allo stesso tempo caratterizzato da un’inspiegabile saggezza; gesti semplici ma capaci di raccontare un intero universo, come l’indimenticabile dito puntato verso il piccolo Elliott, movimenti ridotti ma estremamente fluidi, in grado di trasmettere sia leggerezza e ilarità per l’apparente goffaggine dell’alieno, sia soavità e poesia nei momenti più intensi. Un lavoro fondamentale per il successo di E.T. l’extra-terrestre, che trova una perfetta sponda nei momenti più sorprendenti dal punto di vista scenico, come l’arrivo e la partenza dell’astronave aliena o il suggestivo volo delle BMX, ancora oggi una delle esperienze cinematografiche più potenti in circolazione grazie ai suoi straordinari effetti speciali artigianali.

E.T. l’extra-terrestre e gli spunti autobiografici di Steven Spielberg

E.T. l'extra-terrestre

Su queste solide basi, Spielberg costruisce un racconto di formazione tutt’altro che banale, che si fonda sull’amicizia fra due esseri viventi agli antipodi, capaci di trovare un punto di contatto in una comunicazione semplice ma efficace e nella dimensione giocosa. Dopo la celeberrima breve melodia di Incontri ravvicinati del terzo tipo, messaggio universale di saluto e amicizia, il regista lavora sul gioco, esaltando l’abilità tipicamente infantile di stringere connessioni e legami attraverso il lancio di una palla, lo spostamento di oggetti e semplici gesti all’insegna della tenerezza e dello stupore. Emblematico in questo senso il rapporto simbiotico che si viene a creare fra Elliott ed E.T. (il cui nome non a caso è la contrazione di quello del bambino terrestre), tipico delle grandi amicizie dell’infanzia e, come molte di queste, destinato a essere bruscamente interrotto dalle distanze e dalle differenti necessità.

Anche sotto questo aspetto, affiora nuovamente l’esperienza personale di Spielberg, che durante l’infanzia ha vissuto con tristezza e dolore sia la ripetuta assenza della figura paterna (infatti in E.T. l’extra-terrestre il padre di Elliott è costantemente assente), sia la necessità di trasferirsi in una città diversa da quella in cui è nato, dove purtroppo ha vissuto anche l’intolleranza etnica per le sue origini ebraiche, trovando proprio nel cinema l’unica parziale consolazione.

Spunti autobiografici che emergono anche nei rudimentali strumenti messi a punto per permettere a E.T. di comunicare coi suoi simili (il padre di Spielberg, Arnold, era un ingegnere elettronico) e nel doloroso addio, vissuto in prima persona dal regista, con due semplici parole (“Vieni” e “Resta”) chiamate a esprimere la tristezza per una separazione forzata e compensate solo dalla consapevolezza dell’importanza delle nostre esperienze da bambini sulla nostra vita adulta (“Io sarò sempre qui”).

La metafora cristologica

E.T. l'extra-terrestre

Come tutte le più grandi opere, la forza di E.T. l’extra-terrestre trascende l’esperienza autobiografica e diventa viaggio collettivo, capace di aprirsi a diversi spunti di riflessione e di analisi. Doveroso in questo senso rimarcare la morale che emerge dall’opera, con un essere vivente venuto da un altro mondo a trasmettere un messaggio di pace, recepito soprattutto da una famiglia capace di risollevarsi dalle difficoltà grazie a questa esperienza e contrastato in tutte le maniere, lecite e non, dalle autorità, come sempre intimorite dal nuovo e dal diverso.

Evidente anche la dimensione cristologica dello stesso E.T., che scende letteralmente sulla Terra per portare il suo virtuoso e condivisibile messaggio, compie veri e propri miracoli, muore nell’indifferenza generale e poi risorge, salendo infine di nuovo in cielo accompagnato dalla rinnovata consapevolezza delle persone che lo hanno incontrato. Una metafora scoperta, esaltata da una scrittura evocativa e dalla solida mano di uno dei più grandi cantastorie del nostro tempo, che in un’intervista concessa nel 2004 al Corriere della Sera ha descritto se stesso nel modo più lucido e sincero possibile: «A volte mi nascondo dietro le mie pellicole di fantasia perché sono un rifugio molto comodo e piacevole».

E.T. l'extra-terrestre

Dopo 40 anni, E.T. l’extra-terrestre è ancora un fulgido esempio della magia universale del cinema, capace di unire e appassionare persone di diversa età, estrazione e provenienza. Un’opera la cui forza è rimasta immutata nel tempo, e che ci invita ad aprirci al diverso e all’ignoto, senza la paura di imbatterci in un nemico ma con la positività e la speranza di scoprire un amico che rimarrà con noi per tutta la vita.

E.T. l’extra-terrestre aprirà la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2022. Per maggiori informazioni, potete consultare questo articolo.

Box-Steven Spielberg
  • Goldblum, Moore, Wallace, Coyote, Dreyfuss, Belushi, Lee, Aykroyd, Mifune, Goodman (Attore)
  • Audience Rating: G (audience generale)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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