Europei e Covid: un binomio pericoloso.
Euro 2020, come tutti sappiamo, è stato per così dire un Campionato europeo di calcio “diffuso”, come si usa dire delle strutture ricettive, cioè dislocato in svariate capitali europee.
D’altro canto, proprio a ridosso degli Europei il Covid ha rialzato la testa. È stata (ed è) soprattutto la variante Delta a diffondersi con una certa rapidità, facendo aumentare pressoché ovunque il numero dei contagi.
Memori anche dell’eccessivo rilassamento dell’estate scorsa, e delle sue ben poco liete conseguenze, è dunque salito – nei cittadini e nelle autorità – il senso di allarme. Contemporaneamente, c’era da giocare un Campionato europeo per nazioni, di cui si erano già stabilite le norme.
Una delle più importanti era quella che ha fatto di Euro 2020 il primo grande evento sportivo parzialmente aperto al pubblico dopo un anno e mezzo di pandemia. Negli stadi, infatti, aveva accesso il 25% del totale degli spettatori (con più di una eccezione, come vedremo).
Ma tutta la gestione del pericoloso binomio Europei-Covid, in realtà, ci pare abbia vissuto di poche regole ferree, molti cambiamenti in corso d’opera, proposte fatte decadere e moralismi del giorno dopo, inutili alla causa pratica.
Iniziamo dalla notizia più recente, che ci tocca da vicino: la polemica che riguarda il pullman scoperto su cui i calciatori della nostra Nazionale hanno sfilato nel centro di Roma per festeggiare il trionfo a Euro 2020.
Europei e Covid: il caso del pullman degli Azzurri
La sera di lunedì 12 luglio, dopo aver lasciato il Quirinale, la Nazionale campione d’Europa ha sfilato per le vie di Roma. I giocatori erano sul tetto scoperto del pullman, e ai loro piedi una nutrita folla di tifosi (ben pochi dei quali con indosso la mascherina) ha tributato un omaggio ai beniamini sportivi.
La polemica è scoppiata, forte e articolata. Da un lato ci sono i calciatori, che giustificano il loro gesto. Leonardo Bonucci, il vicecapitano, aveva annunciato lo stesso lunedì: “Al ritorno faremo il giro con il pullman scoperto. Glielo dovevamo ai tifosi. Sono dieci minuti e lo dovevamo a chi ci ha sostenuto da casa”.
Dall’altro ci sono gli epidemiologi, la maggior parte dei quali censura il gesto, e sottolinea come la folla assiepata attorno al pullman farà aumentare i contagi, e ne pagheremo le conseguenze tra una decina di giorni.
La parola ai medici
Moltissime le dichiarazioni di virologi ed epidemiologi allarmati. Queste, ad esempio, le parole di Massimo Ciccozzi, docente di Statistica medica ed epidemiologia all’Università Campus BioMedico di Roma: “Con i festeggiamenti per gli Europei siamo andati un po’ oltre. Potevamo anche festeggiare, però bastava mettere la mascherina come abbiamo detto sempre e come il ministro Speranza ha ripetuto tutti i giorni.
Almeno la mascherina andava messa. Non l’abbiamo fatto e vediamo adesso quanto dobbiamo pagare in termini di infezione. L’impatto lo sapremo tra una decina di giorni. Probabilmente qualcosa vedremo aumentare”.
Più morbido il parere di Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova. Che ha detto: “Basta con le polemiche sui festeggiamenti per la vittoria dell’Italia agli Europei. Si sarebbe potuto organizzarli in sicurezza con il Green pass, ma non credo che ci sarà un picco dei casi. C’è già un incremento dei contagi dovuto ad altri fattori. Ma oggi dobbiamo guardare altri indicatori, le ospedalizzazioni e i ricoveri in terapia intensiva.
Se anche ci sarà un aumento dei casi legato ai caroselli post finale della Nazionale, non deve preoccuparci. E poi finiamola di dare addosso agli italiani perché hanno festeggiato. Secondo me farlo a Roma è stato un bel segnale di ritorno alla normalità”.
Il balletto delle responsabilità
Ma chi ha autorizzato il carosello degli Azzurri sul pullman scoperto?
Il Prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, scarica curiosamente la responsabilità sulla Figc, sottolineando che in realtà quei festeggiamenti sarebbero stati vietati.
E alla legittima domanda della collega del Corriere della Sera “Non potevate fermarlo?”, la risposta è stata “C’erano migliaia di persone in attesa del giro in autobus, vietarlo avrebbe potuto creare problemi di ordine pubblico”.
Europei, Covid e capienza degli stadi
Ambigua è stata anche la gestione della capienza degli stadi.
Il limite fissato inizialmente, il 25% del totale dei posti disponibili, è stato da subito ignorato dall’Ungheria. Un decreto del Governo, infatti, ha permesso al pubblico magiaro di riempire tutti i 68mila posti della Puskas Arena di Budapest.
Ma non solo: nella fase finale del torneo, la capienza dello stadio di Wembley è stata aumentata, passando dal 25% al 75% della capienza totale.
Non è mancata una certa confusione anche tra le massime cariche italiane: se il premier Mario Draghi ha sempre espresso forti dubbi sulla liceità di giocare la finale di Euro 2020 a Wembley, il Presidente Sergio Mattarella è andato di persona ad assistere alla partita.
- Panini S.p.A. (Autore)
Europei e Covid: una curiosa gestione
Risulta evidente, da queste notizie, come le autorità abbiano agito in modo ben poco coerente nella gestione del binomio Europei-Covid, che crea in effetti una palese contraddizione. Aprire o chiudere? Questo era in fondo il problema, e non pare sia stato affrontato con un piano d’azione univoco.
Con l’aggiunta, poco utile, delle lamentazioni a posteriori, e del rimpallo delle responsabilità.
Si voleva un Europeo blindato per non far progredire il Covid? Si sarebbero dovuti tenere chiusi gli stadi (o non andare oltre una percentuale minima di ingressi), moltiplicare i controlli per evitare gli assembramenti dei tifosi, e vietare la sfilata degli Azzurri.
Si voleva un Europeo free? Allora via libera agli stadi pieni e ai caroselli per la vittoria. Ma senza lacrime di coccodrillo.
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