Recentemente The Washington Post, famoso quotidiano statunitense, aveva pubblicato un articolo riguardo alla facilità con cui gli sviluppatori di app di terze parti potessero accedere ai messaggi presenti nelle caselle Gmail degli utenti. Per fare un po' di chiarezza ed evitare scandali simili a quelli in cui è stato coinvolto il colosso social Facebook, Google ha voluto rispondere.
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Google spiega per evitare scandali
La compagnia ha cercato di spiegare al meglio la propria politica riguardo alla gestione dei dati degli utenti tramite un post, pubblicato direttamente sul blog Google.
All'interno di quest'ultimo l'azienda ribadisce il proprio impegno nel controllare tutte le app e i servizi di terze parti, così come i dati ai quali questi ultimi hanno accesso. Stando a quanto affermato da Suzanne Frey infatti, direttore della divisione sicurezza, fiducia e privacy di Google Cloud, ad accedere alle mail della casella di posta Gmail sono soltanto app che possono migliorare l'esperienza dell'utente.
La direttrice ha anche voluto chiarire che, prima di ottenere l'accesso ai messaggi degli utenti, tutte le app vengono sottoposte a controlli a più fasi, anche riguardanti sviluppatori, privacy e funzionamento.
Gli unici casi in cui la società può avere accesso alle mail, quindi, poggiano le loro basi in questioni di sicurezza – ad esempio per indagare su eventuali bug – o sono comunque preceduti da una richiesta di autorizzazione all'utente, che può così scegliere se fornire il consenso oppure no.
Come ottenere maggiore protezione
Frey ha voluto fornire a tutti gli utenti, oltre ad una spiegazione, anche alcuni consigli per mantenere i propri dati ancora più al sicuro. Primo tra questi ultimi prevede, prima di permettere ad un'app di accedere alla casella di posta Gmail, la lettura attenta delle schermate di autorizzazione.
Una volta fatto, gli utenti potranno sfruttare lo strumento per il controllo della sicurezza offerto proprio da Google, che permetterà loro di vedere quali app di terze parti possano avere accesso a Gmail e con quali autorizzazioni.
Rispetto allo scandalo Facebook
Attualmente Google non ha nulla da temere: a differenza di Facebook, infatti, la società non si è mai affidata ad app che hanno venduto i dati degli utenti ad altri servizi e compagnie. Nonostante tutto, il colosso di servizi online vuole comunque dimostrare il suo rispetto per gli utenti che forniscono fiducia alla compagnia, riuscendo ad amministrare i dati di questi ultimi in modo responsabile.
A confermare le intenzioni della società statunitense è stata anche la sua decisione, presa durante lo scorso anno, di evitare di inserire campagne pubblicitarie basate sulle conversazioni private degli utenti (come è invece accaduto nel caso Cambridge Analytica).
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