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Cultura

La vicenda di HeroQuest, il gioco da tavolo che ha fatto la storia

Il punto di svolta che ha convinto diverse generazioni che esiste qualcosa oltre a Indovina chi.

Immaginatevi di essere un infante a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta: la vostra esposizione ai “giochi di società” è limitata ai grandi classici che i parenti rispolverano in occasione degli incontri familiari (Monopoli, Risiko, Scarabeo) o a titoli di nuova generazione che mettono in secondo piano i contenuti ludici in favore di espedienti divertenti (Brivido, L’isola di fuoco, Atmosfear). Poi arriva lui, con la sua cover grintosa che sembra uscita da un album metal, un gioco da tavolo come non se ne erano mai visti prima: HeroQuest. E la storia ha cambiato corso.

Il gioco da tavolo ai tempi di HeroQuest

Nel 1989, anno di uscita di HeroQuest, il mondo del gioco da tavolo era bersaglio di una serie di stimoli estremamente potenti. Il gioco di ruolo Dungeons & Dragons stava timidamente iniziando a incantare i giocatori più navigati, l’oneroso gaming videoludico era ancora fuori dalla portata di molti e le televisioni bombardavano bambine e bambini con spot pubblicitari programmi d’intrattenimento atti a promuovere l’ultimo, coloratissimo, boardgame immesso in circolazione.

Nonostante questo, i titoli prodotti orbitavano frequentemente verso lo spettro educativo, in direzione di pigre evoluzioni del sistema “roll-and-move” popolarizzato da Il gioco dell’oca o alla volta di giocattoli semplicistici pensati appositamente per un pubblico giovanissimo. HeroQuest ha in un certo senso adottato una prospettiva inversa. Al posto di partire da un concetto semplice, l’autore Stephen Baker ha piuttosto deciso di compiere il percorso inverso, ovvero di sintetizzare all’osso l’esperienza dei primissimi giochi di ruolo fantasy, una trovata che ha permesso di snellire le folte complicazioni di D&D per creare un’esperienza che fosse alla portata di tutti.

indovina chi e bim bum bam
All’inizio degli anni Novanta, i giochi MB hanno raggiunto persino i giochi a premi.

Al posto di dover creare e interpretare personaggi complessi, i giocatori attingevano ad archetipi attraverso cui era possibile esplorare gli stili di gioco più popolari. Si poteva attingere alla forza bruta del barbaro, alla resilienza del nano, alla maestria dell’elfo o ai poteri del mago, il tutto con lo scopo di depredare dungeon protetti da mostri che venivano governati da un arbitro di gioco noto come “stregone”.

Il segreto della semplicità, della collaborazione e dei gargoyle

A differenza dei game master di Dungeons & Dragons, i facenti funzione di stregone non avevano la necessità di studiare immensi manuali stracolmi di regolamenti. Da loro ci si aspettava solamente che sfogliassero il “libro delle imprese”, un fascicoletto che forniva tutte le informazioni necessarie per allestire delle avventure prefabbricate, e che si divertissero nel cercare di rendere la vita impossibile agli avventurieri che sfidavano catacombe e gallerie in cerca di preziosi tesori. 

La competitività asimmetrica propria di questo approccio non poteva che obbligare gli eroi a intraprendere un percorso insolito per il boardgaming dell’epoca, quello collaborativo. La maggior parte dei titoli prodotti e commercializzati in quegli anni si aspettava infatti che solo un unico partecipante potesse uscire vincitore dalle partite, l’idea che il trionfo potesse essere condiviso era rivoluzionaria, quasi difficile da digerire. Certo, pochi anni prima erano usciti Consulting Detective e la primissima edizione di Arkham Horror, tuttavia la massa non aveva avuto occasione di incrociare quel genere di prodotti, molti dei quali, incompresi, non venivano neppure giudicati meritevoli di un adattamento italiano.

heroscape
HeroQuest fotografato da James Whatley (@Whatleydude)

Parte del successo di HeroQuest deriva peraltro da una presentazione che ai tempi era letteralmente mozzafiato. Oltre alle notevoli illustrazioni di Les Edwards, il gioco si fregiava di componenti che, comparati con quanto proposto dalla concorrenza, erano di altissimo pregio. C’era una coloratissima plancia di cartone spesso, carte illustrate, mobili con cui decorare gli ambienti esplorati e, soprattutto, fenomenali miniature in plastica disegnate da Games Workshop, azienda britannica nota al mondo per Warhammer 40.000

La natura modulare dell’oggetto ludico si prestava inoltre a un’ultima innovazione anarchica, a un ennesimo stravolgimento dello status quo che veniva rimarcato con decisione persino dal libro delle imprese: la possibilità di progettare avventure altamente personalizzate. Non piccole modifiche, non “regole della casa”, storie vere e proprie che i boardgamer potevano annotare sul manuale di gioco, in modo da preservarle nel tempo.

Non è tutto oro ciò che luccica

Pur riconoscendo l’alto valore storico che HeroQuest ha esercitato nel mondo del gioco da tavolo, non possiamo evitare di sottolineare alcune criticità evidenti. Oltre a essere alimentato da regole che al giorno d’oggi possiamo tranquillamente considerare rozze e obsolete – in primis il sistema di movimento con tiro di dadi -, il titolo è stato fiaccato da una storia editoriale fatta di dossi e complicazioni.

Prodotto dalla Milton Bradley Company (MB), HeroQuest ha sviluppato diverse iterazioni delle regole a seconda del luogo di pubblicazione, con gli Stati Uniti che hanno potuto godere di un’edizione che, pur essendo leggermente più complessa, si è dimostrata forte di vittoriose modifiche di gameplay. Non solo, la versione italiana, figlia di quella britannica, è stata a sua volta gravata da una traduzione grossolana che ha complicato non poco la vita dei giocatori. Con l’avvento di internet i fan hanno avuto occasione di correggere il tiro caricando sulla Rete delle trasposizioni amatoriali che risolvono le problematiche più marcate, tuttavia i giovani dell’epoca non hanno potuto che trovarsi spaesati dai contenuti confusi e raffazzonati proposti dal prodotto originale.

heroquest gioco da tavolo
Le miniature di HeroQuest una volta finite sotto il pennello di @tartan_paint.

Il gioco da tavolo dopo HeroQuest

MB, sussidiaria di Hasbro, non si è dimostrata particolarmente interessata a costruire un brand attorno a HeroQuest, piuttosto è stato Games Workshop a cercare di preservarne la memoria sondando le derive ludiche di Advanced HeroQuest e Warhammer Quest, titoli che comunque non rappresentano una trasposizione adeguata del loro predecessore. A un certo punto, la licenza del brand è passata a Greg Stafford, creatore del gioco di ruolo Runequest, il quale si è limitato a usare il nome come sottotitolo a pubblicazioni che nulla avevano a che spartire con quanto sviluppato da Baker. In pratica, la proprietà intellettuale era passata a un soggetto che non avrebbe mai riportato sul mercato il tanto amato boardgame.

Da allora sono però usciti in commercio diversi titoli affini – i cosiddetti “dungeon crawl” – che hanno saputo evolvere notevolmente le basi consolidate nel 1989 dal loro encomiabile avo: Descent, Dungeon Saga, Mice & Mystics, Star Wars: Imperial Assault, Gloomhaven e molti altri ancora. Allo stesso tempo, dopo decenni di attesa, Hasbro ha ripreso in mano il copyright di HeroQuest e sta proponendo una riedizione del titolo originale che presto debutterà anche in Italia. Le regole sono state corrette, le grafiche rinnovate e il gameplay leggermente svecchiato, tuttavia l’essenza base dell’esperienza non è stata compromessa in alcun modo. 

Anzi, la genesi di questa resurrezione, svoltasi via crowdfunding, non ha mancato di sottolineare come il neonato prodotto riprenda in maniera quasi pedissequa le dinamiche dell’edizione originale statunitense. Nel bene e nel male. In tal senso, se non avete mai giocato al titolo, ma siete comunque interessati a recuperarlo in onore del suo alto retaggio, vi invitiamo a tenere a mente che il nuovo HeroQuest non è pensato per essere un ottimo gioco da tavolo, non per i canoni contemporanei almeno. Il gioco ha l’ambizione di restaurare un’esperienza nostalgica degna di una capsula del tempo, di riportare in auge un fenomeno storico che ha lasciato il segno nel game design degli anni a venire, ripristinando un po’ dello spirito puerile ben celato negli animi dei giocatori della vecchia guardia.

heroquest 2022
La nuova edizione di HeroQuest.

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