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House of the Dragon è un bello spin-off, che fa lo spin-off

Tiriamo le fila dopo il finale di stagione

Nelle ultime ore è andato in onda il finale di stagione di House of the Dragon. La serie TV che ci ha riportato a Westeros, nell’universo di Game of Thrones ha concluso il suo primo ciclo ed è quindi il momento di fare i primi bilanci. Cos’ha funzionato nella storia dei Targaryen e cosa invece non ha incontrato il nostro gusto?

ATTENZIONE: Per quanto abbiamo cercato di tenere gli spoiler al minimo, è comunque consigliato leggere questo articolo solo dopo aver visto il finale della prima stagione di House of the Dragon

House of the Dragon a tre anni da quel finale…

Questa serie non partiva sotto i migliori auspici, innanzitutto per ragioni di tempistiche. Se cerchi di cavalcare il successo straordinario di uno show come Game of Thrones, dovresti cercare di partire il prima possibile. Idealmente il primo trailer dovrebbe andare in onda subito dopo la conclusione della serie madre. In questo caso invece sono passati tre anni. Un’enormità nell’intrattenimento attuale, anche senza contare quanto il mondo sia stato stravolto sotto altri aspetti.

C’è però un’attenuante da tenere in conto, cioè che in origine questo non avrebbe dovuto essere il primo spin-off di Game of Thrones ad andare in onda. I piani originali erano altri, con un pilota per una serie dedicata alla Lunga Notte, migliaia e migliaia di anni prima dei Targaryen. Ma quando quel progetto naufragò toccò ai draghi prendere il comando.

Parallelamente si sviluppò un altro fattore di rischio: la conclusione di Game of Thrones. Affrettata, imprecisa, ben lontana dagli standard qualitativi delle prime stagioni. Anche chi come il sottoscritto ha generalmente apprezzato le ultime stagioni, non può sostenere che quel finale sia stato un successo. E molti appassionati sono decisamente meno concilianti a riguardo.

Quindi House of the Dragon si è trovata lanciata davanti a un pubblico dove i fan più casual avevano dimenticato Game of Thrones, mentre i più accaniti erano ancora arrabbiati per il suo finale. Eppure, nonostante tutto (compresa una improvvida scelta di palinsesto che l’ha portata a scontri diretti con la concorrenza) è riuscita a conquistarsi un riscontro eccezionale.

La qualità degli inizi

house of the dragon finale bilancio 01

Questo fondamentalmente perché House of the Dragon è rimasta il più possibile su alti livelli di cura e scrittura. Quell’attenzione che ha caratterizzato le prime stagioni di Game of Thrones e che ancora più della nudità e della violenza ha contribuito a rendere la serie ispirata ai racconti George R.R. Martin il fenomeno globale di critica e pubblico che è stata.

Riscopriamo quindi un Westeros diverso da come l’avevamo lasciato, ma che riprende alcuni elementi che conosciamo bene. Nomi di Regni e di casate che hanno segnato il nostro immaginario e che in qualche modo tornano a vivere, centinaia di anni prima di quando le abbiamo scoperte per la prima volta.

A supportare tutto questo, un cast davvero eccelso, forse ancora più solido di quello della serie madre. Che si tratti del primo ciclo di interpreti o del secondo – in una mossa che ricorda da vicino The Crown, un parallelo curioso visto il tema trattato – le performance sono state davvero eccezionali, con Matt Smith, Emma D’Arcy e Paddy Considine sopra tutti (rispettivamente Daemon, Rhaenyra e Viserys).

Nonostante tutto questo però l’impressione è che ancora manchi qualcosa. Che per quanto tutto sia realizzato con cura, non ci sia lo stesso impatto. Che quella corsa a vedere l’ultima puntata perché si doveva scoprire subito come sarebbe andata avanti alla storia questa volta non l’abbiamo sentita.

House of the Dragon soffre del problema del prequel

house of the dragon finale bilancio 02

Il punto è che House of the Dragon si colloca cronologicamente in un punto scomodo. Troppo vicino a quello che già conosciamo bene per poter ricostruire tutto da zero o quasi, come avrebbe potuto fare la serie sulla Lunga Notte, troppo lontano da esso per sfruttarlo con qualche apparizione a sorpresa. Non potremo mai aspettarci un cameo di Ned Stark quindi, ma neanche grandi stravolgimenti alla storia.

E qui sta il grande problema di un prequel: sappiamo già dove andrà a parare la storia. Al di là di chi ha studiato approfonditamente la storia di Westeros dai libri di Martin e quindi conosce bene la Danza dei Draghi, in generale tutto il pubblico sa cosa aspettarsi. Non c’è il buio davanti, al limite un po’ di nebbia che confonde i dettagli. Ma già sappiamo che la posta in gioco è bassa, perché alla fine dello scontro Westeros sarà ancora lì, un po’ più ammaccata, ma sempre con un Targaryen a governare che passerà la corona via via fino a Aerys II, alias il Re Folle.

Così l’impressione è quella di guardare un riassunto, una nota storica, una curiosità per appassionati. Non una serie TV completa, ma un contenuto bonus di un’edizione speciale del cofanetto della serie (come questa, ad esempio). Non aiuta la decisione, per quanto ben realizzata, di introdurre grandi salti temporali tra una puntata e l’altra. L’effetto è quello di sfogliare un libro di storia, di assistere a un bel documentario non un racconto da cui possiamo aspettarci qualsiasi cosa.

Insomma, un esperimento riuscito fino a un certo punto, ma che resta senza alcun dubbio di grande qualità. Nella speranza che il livello resti questo per tutta la Danza dei Draghi e magari addirittura oltre…

House of the Dragon è disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Offerta
Fuoco e sangue. House of the Dragon
  • Editore: Mondadori
  • Autore: George R. R. Martin , Doug Wheatley , Edoardo Rialti
  • Collana: Oscar absolute

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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Autore

  • Mattia Chiappani

    Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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