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I robot non rubano posti di lavoro, ne creano di nuovi meglio pagati

“I robot ci ruberanno il lavoro”. Questo il mantra più ripetuto e abusato negli ultimi decenni in tema di lavoro. Una frase fatta estremamente semplicistica, che denota scarsa informazione e molta paura di ciò che non si conosce, e che non a caso fa rima con l’altro cavallo di battaglia populista “Gli immigrati ci ruberanno il lavoro“, ennesima riprova del fatto che il diverso, che sia uno straniero o un automa, è sempre al centro dei nostri più ingiustificati timori.

A confermare il fatto che i robot non ci ruberanno posti di lavoro, ma ne creeranno invece di nuovi, e con un salario più alto, sono i recenti studi Robots and employment: Evidence from Japan, 1978-2017, di Daisuke AdachiDaiji Kawaguchi e Yukiko Saito, e Stop worrying and love the robot: An activity-based approach to assess the impact of robotization on employment dynamics, curato dai ricercatori dell’Università di Trento e dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche Mauro CaselliAndrea FracassoSergio ScicchitanoSilvio Traverso ed Enrico Tundis. Attraverso un’analisi approfondita di due mercati del lavoro (il Giappone del periodo 1978-2017 e l’Italia del settennato 2011-2018),  queste ricerche evidenziano che l’automazione del lavoro ha ricadute benefiche in termini di salute, tasso di occupazione e totale di ore lavorate. In altre parole, non bisogna avere paura dei robot.

I robot non rubano posti di lavoro, ne creano di nuovi meglio pagati

Lo studio italiano evidenzia che nel nostro Paese, nel giro di soli 7 anni, l’incidenza degli addetti ai robot (cioè tutte quelle figure professionali che, a diversi livelli, si occupano della programmazione, dell’installazione e della manutenzione dei robot) sul totale della popolazione in età da lavoro è aumentata del 50%. La ricerca evidenzia anche che mediamente a una crescita dell’1% dell’occupazione robotica corrisponde un aumento dello 0,27% di addetti sui robot. Lo studio arriva inoltre alla conclusione che l’aumento di operatori sui robot occupati nel settennato preso in esame è dovuto interamente all’adozione di forza lavoro automatizzata. A commentare questi risultati è il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP:

Questa indagine è molto significativa perché dimostra che non bisogna avere paura dei robot, che possono costituire più un’opportunità che uno svantaggio per il mondo del lavoro. D’altra parte la tecnologia pervade già ogni ambito professionale con esiti diversi a seconda delle situazioni, dalla medicina all’agricoltura, dalla meccanica al settore assicurativo. I “robot” già ora rendono il lavoro più efficiente e al tempo stesso esonerano le persone da compiti ripetitivi, poco qualificanti e usuranti, permettendo loro di occuparsi di mansioni più gratificanti (e produttive). Tuttavia resta appeso il tema di tutte quelle occupazioni che vanno riqualificate con un profondo reskilling proprio per l’utilizzo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. 

Se nel secolo scorso il conflitto fra capitalisti ed operai è stato molto aspro, oggi e in futuro bisogna evitare un nuovo conflitto tra robot e lavoratori, ma bisogna impegnarsi nell’elaborare appropriate strategie affinché la riduzione dei coefficienti tecnici di produzione legata alle nuove tecnologie non dia luogo al fenomeno della “disoccupazione tecnologica”.

Non bisogna avere paura dei robot

Questa la conclusione del prof. Stefano Schiavo, Direttore della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento:

La robotizzazione è uno dei numerosi global driver che, influendo su imprese, lavoratori e territori, contribuisce a modificare il tessuto socio-economico italiano. L’analisi empirica di questi fenomeni globali è un elemento imprescindibile per individuare soluzioni di policy efficaci e per procedere con il reskilling, ancora più urgente in considerazione dei cambiamenti indotti dalla pandemia. Anche per questo la relazione tra Covid e automation è già ora oggetto di ulteriori approfondimenti da parte dei colleghi che hanno condotto lo studio.

In un mondo del lavoro in continua evoluzione e con la pandemia che ci ha ricordato, qualora ce ne fosse stato bisogno, l’importanza del nostro benessere psico-fisico, anche in termini di efficienza sul lavoro, i robot e l’automazione si confermano dei preziosi alleati. Aiutanti fidati instancabili, che non dobbiamo combattere, ma portare invece dalla nostra parte per migliorare la qualità della nostra della vita e della nostra produttività.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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Commenti

  1. È un’analisi sempliciotta: l’automazione cancella migliaia e miglia di posti di lavoro ogni giorno, solo che non se ne accorge nessuno…. Per quanto riguarda i “posti di lavoro meglio pagati” che si dovrebbero venire a creare con l’innovaziine, è tutto da vedere.Senza contare che chi perde il lavoro perché “obsoleto” difficilmente può accedere a quei nuovi posti di lavoro, perché non ha le competenze minim necessarie, per cui non basta un corso di formazione di 6 mesi, ci vorrebbero ANNI! E quando Amazon sostituirà tutti gli umani con delle macchine di gran lunga più efficienti, sarà da ridere…
    L’innovazione è una cosa buona, ma credere che sia sempre indolore non solo è profondamente sbagliato, ma è anche profondamente sciocco!

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