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Intelligenza artificiale: quando le opere generate da sistemi di IA generativa possono essere protette da copyright

Negli ultimi mesi il topic sull’intelligenza artificiale ha tenuto e continua a tenere banco, grazie a sistemi di AI capaci di apprendere migliaia di documenti come testi o immagini, producendo poi dei contenuti creativi, ma possono essere coperti da copyright?

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Ciò ha portato in molti a interrogarsi sulla possibilità di tutelare le opere create dalle AI con il copyright, ma è realmente possibile? Del resto non è la mano umana a posare il primo tassello, coinvolgendo poi l’intelligenza artificiale nel processo di costruzione?

Riassumendo, chi è l’autore dell’opera generata da una AI? Si possono usare contenuti protetti da diritto d’autore per alimentare i sistemi AI?

Secondo Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo a oggi “non esiste una norma che risponda direttamente e univocamente a questa domanda”.

La conclusione a cui si giunge – continua Mendola –  è che, allo stato attuale, l’opera generata da un modello di AI non possa trovare protezione nel diritto d’autore per la mancanza dell’apporto umano nell’atto creativo. Sia l’UE che la maggior parte di quelli nazionali nel mondo, hanno assunto la posizione secondo cui i modelli di AI non possono essere qualificati come autori di un’opera, e quindi il contenuto prodotto da un modello di AI generativa non può essere considerato un’opera protetta da copyright, a meno che non sia individuabile un apprezzabile apporto creativo dell’essere umano.

Quindi, in assenza di apporto creativo di un essere umano, c’è la possibilità che le opere generate dall’AI diventino di pubblico dominio. L’autore dovrà così dimostrare come il modello di intelligenza artificiale abbia rappresentato un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso.

Per esempio, di recente negli USA, l’Ufficio statunitense per il diritto d’autore ha concesso la registrazione di un fumetto generato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale “da testo a immagine” Midjourney, ma solo perché è stato opportunamente valorizzato l’apporto umano nel momento creativo. In ogni caso la decisione è ancora al vaglio dell’Ufficio che si è riservato di approfondire ulteriormente proprio il punto inerente l’apporto creativo dell’utente del modello di AI utilizzato, ovvero l’artista che ha creato l’opera.”

Tuttavia nelle scorse settimane la celebre Springer Nature aveva vietato l’annoverare di Chat GPT come autore all’interno degli articoli. Quindi appare ancora più difficile prevedere o capire come un’intelligenza artificiale possa riservarsi il diritto del copyright.

Un’ulteriore domanda

Si possono usare contenuti prodotti da terzi e protetti da copyright per “addestrare” modelli di intelligenza artificiale?

Su questo – risponde ancora Mendola  – ci sono molti dubbi. La maggior parte dei sistemi AI viene addestrata utilizzando enormi quantità di contenuti raccolti dal web (testi, codici, immagini, ecc.), tramite l’attività di scraping, ma sulla legittimità del ricorso a questa tecnica non è possibile dare una risposta univoca.

Negli Stati Uniti la dottrina del fair use è invocata perlegittimare l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali, ovvero per legittimare l’uso di materiale eventualmente protetto dal diritto d’autore altrui in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del copyright. Questa dottrina non trova, però, immediata e diretta applicazione nell’ordinamento italiano o europeo.

Questo non significa che il legislatore europeo e quello italiano non si siano posti il problema del bilanciamento tra i diritti e gli interessi degli autori e degli altri titolari dei diritti da un lato, e degli utenti, dall’altro, rispetto ad alcuni nuovi tipi di utilizzo delle opere digitali.

Con l’introduzione dell’eccezione “Test and Data mining” contenuta nella Direttiva sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, l’attività di estrazione massiva di dati digitali e la loro riproduzione è consentita liberamente a condizione che l’uso delle opere e degli altri materiali estratti non sia stato espressamente “riservato” dai titolari dei diritti in modo appropriato. In altre parole, sono i titolari dei diritti di esclusiva che si devono attivare, con mezzi opportuni, per proteggere le proprie opere e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati.

Quanto alle modalità con cui tale riserva debba essere espressa e portata a conoscenza dei terzi, il legislatore italiano non dà indicazioni specifiche. Più precisi invece sono stati per esempio il legislatore tedesco o quello olandese.”

I dati coperti da copyright

Lydia Mendola risponde inoltre anche a un’ultima fondamentale domanda, relativa all’acquisizione dei dati coperti da copyright.

Se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, allora anche l’opera generata dal modello di AI sarebbe lecita?

Anche laddove  un modello di intelligenza artificiale sia addestrato utilizzando legittimamente contenuti tutelati dal diritto d’autore altrui, questo non esclude che l’output del modello di AI possa comunque integrare una violazione del diritto d’autore” nota Mendola, che conclude:

Pensiamo a un modello di intelligenza artificiale “da testo a immagine”. Se il modello viene addestrato su molti milioni di immagini e utilizzato per generare nuove immagini, è estremamente improbabile che ciò costituisca una violazione del copyright in quanto il risultato finale sarà molto diverso dalle opere originali.

Ma se come modello si utilizzassero immagini di uno specifico artista, con l’obiettivo di generare lavori che riproducano il suo stile, la sua tecnica, e quindi confondibili con una sua opera originale, allora l’artista in questione potrebbe opporsi alla circolazione e sfruttamento della nuova opera generata dal modello di AI, anche laddove non abbia espresso a monte alcuna riserva rispetto allo scraping dei suoi contenuti. Potrebbe per esempio lamentare la sussistenza di un plagio evolutivo, che ricorre quando l’opera originaria (plagiata) è comunque riconoscibile nella nuova opera.

E a questo punto la domanda diventa: chi è il responsabile della possibile attività illecita? Chi è il responsabile del plagio? Il modello di intelligenza artificiale generativa, il suo programmatore, l’azienda che possiede la relativa piattaforma, o l’utente che ha interrogato il modello di intelligenza artificiale per ottenere l’opera plagiaria? Anche in questo caso, la risposta non è univoca e sarà necessario indagare gli step del processo creativo che ha portato alla produzione di un certo contenuto.

Di fronte a queste risposte non possiamo non pensare alla complessità del tema e alle difficoltà che il quadro normativo dovrà sbrogliare, soprattutto di fronte alla consapevolezza che il futuro sarà sempre più incentrato sulle intelligenze artificiali.

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Autore

  • Maria Stella Rossi

    Mangiatrice seriale di biscotti e ghiotta di pizza, adoro scrivere da sempre, ancor prima di imparare a tenere per bene una penna fra le dita. Sono una grande appassionata di libri, telefilm, film, videogiochi e cucina, mentre il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire a catturare ed addomesticare una Furia Buia. Ma anche continuare a scrivere non è poi così male come desiderio.

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