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L’italiano in TV: tra paleotelevisione e post-televisione

Abbiamo letto la nuova edizione del volume di Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi

Se è ormai risaputo che la televisione ha in un certo senso unificato linguisticamente l’Italia, è interessante notare come – con movimento contrario – i più recenti mutamenti linguistici (o meglio, sociolinguistici) stiano permeando proprio l’italiano della TV. Che, come vedremo, è sempre più vario.

Ragionano sull’argomento Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi, nel loro Lingua italiana e televisione, uscito in prima edizione nel 2012, e ora (febbraio 2024) riproposto da Carocci in un’edizione accresciuta, in occasione dei 70 anni della Rai, che ha iniziato a trasmettere il 3 gennaio 1954.

Abbiamo letto per voi il volume.

Copertina del libro Lingua italiana e televisione

Le autrici

Hanno scritto Lingua italiana e televisione Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi (ma il secondo capitolo della nuova edizione è a cura di Daria Motta e Milena Romano).

Alfieri insegna Storia della lingua italiana all’Università di Catania, è accademica della Crusca e autrice di libri e saggi su italiano letterario, lingua dei media, stilistica italiana.

Bonomi ha insegnato Linguistica italiana all’Università degli Studi di Milano, è accademica della Crusca e autrice di libri e saggi su lingua dei media, storia della grammatica, italiano e musica.

I tre periodi della TV

Nella premessa a Lingua italiana e televisione, le autrici spiegano di aver attuato una tripartizione di comodo della storia della TV.

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Per le prime due fasi si sono attenute a quanto ha scritto Umberto Eco in Sette anni di desiderio. Eco ha individuato una paleotelevisione (dal 1954 al 1976), e una neotelevisione (sino al 2010), che con l’esplosione delle televisioni commerciali e una programmazione continuativa (e martellante) mirava alla fidelizzazioni degli utenti.

Alfieri e Bonomi vi hanno aggiunto la fase della post-televisione, caratterizzata dallo streaming ed estesa al Web ai social. Post-televisione che ha tra le sue principali caratteristiche quella di trasformare l’utente da passivo ad attivo, offrendogli la possibilità di ritagliarsi un palinsesto su misura. È quanto espresso da L’impatto dello streaming, un altro volume sulla TV dei giorni nostri da noi recensito di recente.

Informazione, intrattenimento, fiction

Il terzo, quarto e quinto capitolo del volume si occupano rispettivamente dei programmi di informazione, di intrattenimento e delle fiction.

Un’eccessiva attenzione a elencare e datare le varie offerte televisive penalizza forse l’indagine linguistica, che avrebbe meritato maggiore spazio.

Tuttavia, diversi sono gli spunti interessanti. Per quanto riguarda i telegiornali, ad esempio, viene presa a emblema la figura di Enrico Mentana e del tiggì de La 7. Mentana che si è progressivamente distaccato dal ruolo di mero enunciatore delle notizie, per commentare (con linguaggio semplice e una certa abilità improvvisativa) i fatti del giorno.

Nei programmi di intrattenimento, il linguaggio è in genere semplice e rassicurante, con vistose e ormai celebri eccezioni. Tra cui spiccano le contorsioni linguistiche di Paolo Bonolis, che confonde allegramente un uso colto della lingua con arzigogoli iper-formali che avrebbero fatto sorridere Calvino (a p. 85 le autrici riportano un “Mi corre l’obbligo di farle presente che”).

Nelle fiction vige, di solito, un “linguaggio mimetico al linguaggio comune” (p. 105), un italiano oralizzato in cui i forestierismi convivono con concessioni ai vari dialetti. Impossibile, in questo senso, non citare il mitico Un posto al sole.

Menzione speciale alle pagine dedicate all’italiano delle cronache sportive, dove i compassati giornalisti Rai di qualche anno fa (si pensi a Bruno Pizzul) hanno lasciato posto alle invenzioni linguistiche pirotecniche, spesso davvero eccessive, che hanno per capiscuola Sandro Piccinini e Fabio Caressa.

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Lingua italiana e televisione
  • Alfieri, Gabriella (Autore)

Conclusioni

Nelle brevi Conclusioni di Lingua italiana e televisione, Alfieri e Bonomi ci ricordano che la nascita di una nuova TV ibridata con la rete ha dato luogo a una lingua quanto mai variegata. A una “estrema mescolanza di varietà sociolinguistiche, registri, stili di italiano e anche dialetti” (p. 151).

È proprio vero, insomma, che stiamo andando verso una televisione capace di modellarsi su ciascun utente, che sceglie quali programmi seguire e, assieme, quale lingua italiana assorbire. E non sempre si tratta di un italiano da accademici della Crusca. Per questo, in chiusura di volume, le autrici si augurano che opere come Lingua italiana e televisione “possano sollecitare nei protagonisti e negli operatori della televisione qualche attenzione in più per un uso consapevole e adeguato della lingua” (p. 153).

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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