Una copertina rossa e nient’altro. Un colore che simboleggia la passione, ma anche il sangue. Madame ci presenta così il suo secondo album chiamato L’Amore, che andremo a sviscerare in questa nostra recensione.
Potremmo azzardarci a definirlo, senza paura alcuna di essere smentiti, un concept album. Al centro di tutto c’è proprio l’amore, infatti, ma non quello banale delle canzoni smielate. Anzi. L’amore nelle sue sfaccettature. L’amore della disperazione, ma anche quello dell’amicizia. Quello disinteressato di un genitore e quello sessuale, sporco, violento e per il solo gusto di amare.
Del resto “l’amore ha l’amore come solo argomento” cantava De Andrè, e la citazione è assolutamente non casuale. Sì, perché, come scopriremo in questa recensione, l’amore cantato da Madame è ricco di citazioni e omaggi. Nelle 15 canzoni che compongono questo album c’è Faber, ma anche Franco Battiato. C’è l’elettronica, tanta, e ci sono spunti melodici a là Portishead. C’è Genova, Catania e Bristol. In questo disco c’è tutto questo e molto di più.
La recensione di L’Amore, il nuovo album di Madame
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Il disco si apre con Come voglio l’amore. Un ritmo reggaeton con una cassa maledettamente deep house impreziosita da spunti vocali che mescolano melodie pop ad approcci che sembrano provenire direttamente da quel Bristol sound che negli anni ‘90 fece la fortuna dei Portishead. Come vuole davvero l’amore non lo sa neanche Madame, che nel testo racconta una ricerca ossessiva di un sentimento che tutti rincorriamo nella speranza che non deluda le aspettative. La traccia due è l’ipnotica Il bene nel male, che abbiamo conosciuto a Sanremo 2023, che ti entra in testa che neanche “girls who want boys who like boys to be girls who do boys like they’re girls” di albarniana memoria.
La prima grande sorpresa dell’album arriva con la traccia tre: Quanto forte ti pensavo. Un ammiccamento alla musica leggera italiana degli anni ‘70, ma con tutta la modernità vocale del cantato biascicato che oramai è il marchio di fabbrica di Madame. C’è disperazione, quella di un amore andato via, ma c’è anche speranza, mentre il ritornello si apre in una melodia a là Cuore di Rita Pavone. In NIMPHA – La Storia di una ninfomane i ritmi bossa nova baciano alla francese le sonorità urban, mentre l’autotune sta a guardare unendosi di tanto in tanto per un menage a trois al quale tutti vorremmo partecipare.
Ne Il mio nuovo maestro ritornano le sonorità bristoliane accennate nel primo brano e qui siamo full Portishead, per un viaggio nell’inconscio di una relazione andata al macero. Dopo la disperazione però c’è la rabbia. E allora ecco due brani senza pietà alcuna: Donna Vedi e Pensavo a…- SKIT. Una rivendicazione libera del sesso e della sessualità, la prima, con un’irresistibile sbiascicata sulla parola “femmina” prima di cantare “Io sono donna, ma nella scorsa vita avevo il caz*o”. Il karma(sutra) secondo Madame. Pensavo a…SKIT è invece un esercizio di stile di scrittura irriverente su cassa dritta, senza prendere sul serio nessuno. Nemmeno sé stessi.
Si prosegue verso sonorità spudoratamente elettro con La Festa della Cruda Verità, nella quale Madame si lascia sfuggire un elegante omaggio melodico a Alla fiera dell’est di Angelo Branduardi. Milagro – A Matilde è invece una sincera dedica che Madame fa a una delle sue più care amiche: “sei la barca dove posso parlare da sola col mare, l’acqua calma che si increspa soltanto dopo il temporale”. Per Madame la sua amica Matilde è un milagro, che in spagnolo vuol dire miracolo.
Ancora ossessione e ipnosi in L’Onda – La morte del marinaio, che riporta L’Amore di Madame su sonorità elettro-pop, con un autotune che a tratti sconfina con un effetto flanger. Il marinaio ama il suo mare, per quanto questo possa essergli fatale.
Impossibile non ritrovare echi di Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati e Franco Battiato in Per il tuo bene. I due cantautori genovesi per la melodia e l’intensità narrativa del testo, quello siciliano per l’arrangiamento. Quel meraviglioso arpeggio di pianoforte entra nella testa, e nella testa fa l’amore con un arrangiamento di archi di disarmante bellezza. Il significato dell’amore, vero concept dell’album, affrontato nelle sue varie derivazioni. Il padre. La madre. Il figlio. L’amante. L’amica.
“Mi farei uomo solo per donarti il padre che non hai avuto e farti appoggiare sul petto villoso le guance spillate di pianto”, canta Madame con un’intensità straziante. La canzone si chiude con quello che potrebbe essere il sunto dell’intero concetto: “per quanto l’amore possa o non possa esistere è la più bella delle bugie, il più studiato degli inganni, il più persuasivo dei discorsi”. Roba capace di spezzarti il cuore in due metà.
Dopo AVATAR – L’Amore non esiste, dominata da un cupo sintetizzatore moog che solo nel ritornello lascia spazio ad un più delicato pianoforte, il disco si chiude con una bonus track (solo nella versione digitale) chiamata Tekno Poké. Sembra più il pegno per una scommessa persa che una vera canzone, tra giochi di parole e un basso elettrico aggressivissimo. Dopo una punchline al limite del surreale, la canzone diventa un brano techno che più techno non si può. Niente a che vedere con il resto dell’album, decisamente più serio. Ma è una bonus track. Un modo per ricordarci, in amore come in musica, l’importanza di non prendersi troppo sul serio. Non prendersi sul serio neanche quando si sta consegnando all’Italia uno dei migliori dischi degli ultimi anni.
Tirando le somme
Se ancora ci fossero dubbi sullo spessore artistico di Madame, questo disco potrebbe bastare a fugarli tutti. In 15 tracce la cantautrice vicentina è riuscita a portare avanti un’indagine approfondita seria (ma mai seriosa) sul sentimento che più di tutti permea l’animo umano.
Madame è riuscita a farci emozionare (dobbiamo ancora riprenderci da Per il tuo bene) e ridere (davvero un pollo a Milano mangia il pokè?). È riuscita a ipnotizzarci con Nel bene e nel male, mescolando ritmi sudamericani e urban di NIMPHA – La Storia di una ninfomane e disseminando qua e là piccoli omaggi musicali, anche internazionali, che chi saprà cogliere coglierà.
Una produzione contemporanea, che strizza l’occhio al passato mentre guida la musica italiana nel cantautorato del futuro.
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