L’Italia è quel Paese in cui, in piena pandemia, quando i gestori di bar e locali si facevano sentire per il divieto di chiusura delle attività alle 18:00, gli artisti e gli operatori dello spettacolo aspettavano silenziosamente il loro turno, dopo più di un anno di pausa forzata, senza garanzie né tutele. Senza “chiusura alle 18:00”. Chiusura e basta, a orario continuativo. Oggi, a tre anni di distanza, arriva la notizia che Meta, colosso che gestisce i social Facebook e Instagram, non rinnoverà il proprio accordo con SIAE, la Società Italiana Autori ed Editori. Quell’organismo, in pratica, che tutela il diritto d’autore e la ripartizione dei proventi a chi scrive canzoni e compone musica (oltre a sceneggiature cinematografiche e opere teatrali).
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I due fenomeni, quello della tutela agli artisti in pandemia e quello del mancato rinnovo dell’accordo con SIAE da parte di Meta, sono apparentemente slegati. E lo sono, in effetti. Ma hanno in comune un tema: il valore della musica in Italia. Un valore infinitamente basso, per quanto ci sforziamo a leggere di artisti in top 10 Global e viralità dei brani.
Già, perché di fondo, tra uno stream su Spotify e una storia musicata su Instagram, ci dimentichiamo di un aspetto fondamentale: i soldi. Chi ha creato la musica che amiamo, ci guadagna? Quanto? Con chi divide le briciole della torta?
Senza avere volontà alcuna di tuffarci dal decimo piano dell’edificio chiamato statistiche, per atterrare nell’oceano noto come ripartizione discografica, proviamo a capire perché Meta non ha rinnovato l’accordo con SIAE. Proviamo, soprattutto, a comprendere cosa comporta questa mancanza di accordo, tanto per gli utenti quanto per gli autori.
Cosa accadrà a seguito del mancato accordo
A seguito del mancato accordo con SIAE, Meta ha immediatamente proceduto alla rimozione delle canzoni del catalogo SIAE dalle proprie piattaforme social. Ciò vuol dire che non è più possibile utilizzare i brani SIAE per creare Post, Storie e Reels su Instagram e Facebook. I contenuti già creati saranno silenziati. I brani del catalogo SIAE rappresentano la quasi totalità delle canzoni italiane sul mercato, tanto quelle mainstream dei grandi artisti quanto quelle dei piccoli nomi. Tanto degli artisti contemporanei quanto – e soprattutto – quelli del passato, dato che fino a pochi anni fa la SIAE deteneva il monopolio del diritto d’autore in Italia.
Una manovra che quindi danneggia da una parte i creatori di contenuti sui social, che non potranno più utilizzare le canzoni per i propri post e Reel (e sappiamo quanto la musica sia importante nei Reel), dall’altra gli artisti stessi, che non potranno utilizzare la propria musica su Facebook e Instagram. Un problema anche economico: il mancato accordo vuol dire che Meta non pagherà SIAE, e quindi SIAE non pagherà gli autori. Del resto la musica degli stessi non verrà utilizzata, quindi perché mai pagarli? Beh in realtà c’è un altro aspetto: una piccola percentuale di tutti gli introiti SIAE va a formare un fondo perduto per tutti gli artisti, grandi e piccoli. Una cifra ridicola se suddivisa per tutti gli iscritti, ma comunque una cifra.
Perchè Meta non si è accordata con SIAE?
Alla base del mancato accordo ci sono ovviamente motivazioni economiche. Meta ha chiuso il suo anno finanziario 2022 con importanti perdite. I tanto proclamati sforzi per costruire il Metaverso Zuckerberghiano si sono dimostrati più esosi del previsto, e Mark Zuckerberg in persona ha cominciato il nuovo anno con una dichiarazione roboante: “il 2023 sarà l’anno dell’efficienza”. Un modo particolarmente elegante per dire che Meta avrebbe tagliato i rami secchi. Non a caso, tra febbraio e marzo, uno tsunami di licenziamenti si è abbattuto sugli uffici della società in tutto il mondo.
In mezzo a questa disperata manovra di austerity, nel tentativo di risollevare i bilanci, ci sono finite anche le attività internazionali di Meta. E qui arriviamo proprio al mancato accordo con la SIAE, annunciato in questi giorni. Ricordiamo infatti che per poter permettere ai propri utenti di utilizzare liberamente musica che appartiene a chi quella musica l’ha scritta, Meta paga SIAE, la quale a sua volta ripartisce i compensi. Insomma tra i rami secchi da tagliare, c’era anche la musica italiana.
Senza alcuna volontà di banalizzare, ma sicuramente con una dirompente voglia di provocare, potremmo dire che Meta non ha rinnovato l’accordo con SIAE perché la musica italiana non vale nulla. O almeno non vale la spesa per tenerla sulle piattaforma.
Nel frattempo su TikTok si balla (letteralmente)
Mentre Meta taglia la musica italiana da Facebook e Instagram, nel nostro paese è chiara una cosa: oggi più che mai il social della musica è TikTok.
Sulla questione si è espresso anche Davide Rossi, Direttore Generale della Aires, Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati. Davide Rossi, parlando della SIAE, ribadisce la necessità di “una profonda riforma della sua composizione che oggi vede rappresentata solo la componente degli aventi diritto e non degli utilizzatori”.
Sarebbe più utile porre l’accento sulle tutele degli autori, considerato che ne hanno ben poche. Ad esempio, un utente su TikTok, in qualsiasi parte del mondo, può utilizzare gratuitamente e liberamente la musica presente nella sconfinata library del social cinese. Non solo: i creator su TikTok possono manipolare i brani editi, aggiungerci effetti non previsti dalla produzione originale e, come abbiamo visto col dilagare dello speed-up trend, totalmente stravolgere la canzone originale. Il tutto senza che all’autore del brano venga richiesto nemmeno un parere. E se questa dinamica appare triste, lo è ancor di più se consideriamo che il core business di TikTok è proprio la musica, i balletti, certo, ma i balletti su musica.
Il bello della musica
In che senso, quindi, i fruitori andrebbero tutelati di più? Ma la musica è così: in pochi la fanno, in tanti possono approfittarne e proprio tutti possono dire la loro. È il bello dell’arte, dopotutto.
Nel frattempo su TikTok si balla, su Facebook e Instagram la musica italiana scompare e da qualche parte, su o giù per il lungo Stivale, un piccolo artista raccoglie le briciole di ciò che ha creato, chiedendosi per l’ennesima volta se ne vale la pena. Concluderà di no, scrivendo comunque l’ennesima inutile canzone e ringraziando il proprio Dio-della-musica di non aver dovuto chiudere alle 18:00 come i bar.
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