Smart working, dove eravamo rimasti?
Al fatto, diciamolo, che nel nostro Paese il lavoro da casa va avanti a proroghe, modifiche e correzioni, dal momento che manca una legislazione univoca, chiara e non discriminatoria (tra pubblico e privato, ad esempio).
Un altro prolungamento dello smart working è infatti previsto dal cosiddetto Decreto Milleproroghe, diventato legge il 24 febbraio e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27.
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Come possiamo leggere in una nota pubblicata giovedì 23 febbraio sul sito del Ministero delle imprese e del Made in Italy, il decreto introduce diverse nuove misure, tra cui il credito d’imposta sui beni strumentali e novità sul bonus decoder a casa.
C’è anche una proroga sullo smart working. Vediamo di cosa si tratta e chi ne ha diritto.
La proroga allo smart working: chi riguarda
Le categorie che potranno fruire di una proroga allo smart working sono due.
La prima è rappresentata dai lavoratori fragili, sia pubblici che privati. Le categorie di lavoratori fragili sono quelle individuate dal decreto 4 febbraio 2021, ma in sintesi possiamo dire che si tratta di lavoratori affetti da “patologie con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità”.
La seconda categoria è rappresentata da lavoratori del settore privato con figli a carico minori di 14 anni. Ma solo se sono soddisfatte due condizioni. La prima è che nel nucleo familiare non ci sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito (per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa) o che non ci sia genitore non lavoratore. La seconda è che la modalità di lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della mansione da svolgere.
Come funziona la proroga
Le due categorie citate possono tornare a lavorare in smart working a partire da oggi, 28 febbraio, sino al prossimo 30 giugno. Ma occorre specificare diverse cose.
Intanto, il lavoro da casa dovrà essere alternato a quello in presenza. Il monte ore da fruire da remoto andrà deciso con l’azienda. È data priorità a chi ha figli minori di 12 anni e ai lavoratori disabili.
Alcuni aspetti, poi, non sembrano troppo chiari.
Aspetti controversi
Il Decreto Milleproroghe lascia più di un dubbio.
Anzitutto, se per quanto riguarda i lavoratori fragili la proroga riguarda sia chi è impiegato nel pubblico che nel privato, i lavoratori del pubblico con figli under 14 sono esclusi dal provvedimento.
Poi, non è chiaro se per i lavoratori fragili il diritto al lavoro da remoto sarà integrale, e se sia riconosciuto anche in caso di incompatibilità delle mansioni con il lavoro da remoto, senza alcuna decurtazione retributiva.
Il punto più oscuro riguarda tuttavia i genitori di minori di 14 anni.
Da una parte c’è l’interpretazione data da Arturo Maresca, professore ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, al Sole 24 Ore. Dice Maresca: “Se nell’organizzazione aziendale non è previsto il lavoro agile, il genitore di figlio minore di 14 anni ne avrà comunque diritto. Se, invece, l’azienda già prevede tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, il genitore ne avrà diritto secondo la disciplina già stabilita dall’imprenditore, quindi con l’alternanza giorni di presenza/da remoto e la collocazione temporale della prestazione valevole anche per tutti gli altri dipendenti”.
Altri giuslavoristi (e i sindacati) sostengono invece che, proprio perché la norma non esprime limitazioni, lo smart working per genitori di figli under 14 sarebbe garantito per il 100% del tempo.
Smart working e risparmio di CO2
Periodicamente, leggiamo di ricerche che mostrano i benefici dello smart working per i lavoratori. Che da casa non solo lavorano meglio ma, contrariamente a quanto un capufficio malfidato potrebbe pensare, tendono a lavorare di più.
È uscito recentemente un report d’altra natura, che mostra come il lavoro da casa ha anche ricadute positive sull’ambiente.
Sulla rivista Applied Sciences è stato pubblicato uno studio di Enea sull’impatto ambientale dello smart working a Roma, Torino, Bologna e Trento nel quadriennio 2015-2018. E i risultati dicono che con il lavoro a distanza è possibile risparmiare l’emissione di circa 600 chilogrammi di anidride carbonica all’anno per ogni lavoratore. Significa il 40% in meno degli attuali consumi, oltre al risparmio di tempo (circa 150 ore complessive), di distanza percorsa (3.500 chilometri) e di carburante (260 litri di benzina o 237 litri di gasolio).
A ciò potremmo aggiungere i dati della ricerca 2022 dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano. Secondo cui chi lavora da remoto due giorni a settimana risparmia in media 600 euro all’anno, dati dalla differenza dei 1.000 euro di risparmio dei costi di trasporto e i 400 euro in più di spese per i consumi domestici.
Le aziende, invece, risparmiano circa 500 euro l’anno per ogni postazione lavorativa. Risparmio che può arrivare sino a 2.500 euro all’anno a lavoratore se l’azienda riduce gli spazi della propria sede del 30%.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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