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NOAM Festival: a Faenza cinque giorni dedicati al cinema nordamericano

Il NOAM Festival si svolgerà a Faenza dall'1 al 5 marzo.

Se il cinema continuerà a esistere e a segnare l’immaginario collettivo, gran parte del merito sarà dei festival e del loro inestimabile contributo per la ricerca di nuovi talenti e per la valorizzazione della storia della settima arte. Non possiamo quindi che accogliere con soddisfazione ed entusiasmo la nascita di un nuovo festival cinematografico, pronto ad allietare gli spettatori romagnoli (e non solo) dall’1 al 5 marzo. Stiamo parlando del NOAM Festival di Faenza, manifestazione dedicata al cinema nordamericano con una particolare attenzione al cinema indipendente.

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Un festival appena nato, ma con idee chiare e con ambizioni forti, grazie soprattutto all’energia del direttore artistico Andrea Valmori e dei selezionatori Andrea Chimento e Marco Lovisato, che hanno allestito un programma ampio e ben bilanciato. Nel corso delle cinque giornate del NOAM Festival, ci sarà spazio per film particolarmente attesi come Pearl e Sanctuary, ma anche per lungometraggi tutti da scoprire come The Integrity of Joseph Chambers e Therapy Dogs. Spazio anche alla retrospettiva con gli intramontabili American Graffiti e I guerrieri della notte, ma anche alla saggistica con la presentazione del nuovo libro di Roy Menarini Hitchcock: La donna che visse due volte.

Fra gli ospiti spiccano inoltre il regista Andrea Pallaoro, che riceverà il premio speciale del NOAM Festival presentando per l’occasione il suo Monica (già acclamato a Venezia), ed Eva Sangiorgi, direttrice artistica della Viennale nata proprio a Faenza. Scopriamo di più su questa nuova interessante manifestazione dalla viva voce del direttore artistico Andrea Valmori, che abbiamo avuto il piacere di intervistare.

NOAM Festival di Faenza: la nostra intervista al direttore artistico Andrea Valmori

NOAM Festival

Ci parli di com’è nata l’idea del NOAM Festival e di quali sono stati i passi fatti per realizzarla?

Il NOAM nasce dall’idea di realizzare un festival in provincia di Ravenna. Ci sono festival già ragguardevoli come il Ravenna Nightmare, ma l’idea era che potesse esserci una proposta aggiuntiva. Lo spazio era particolarmente ampio a Faenza, che ha i cinema Europa, Sarti e Italia in centro, più il multisala Cinedream all’esterno. Per le dimensioni della città, Faenza ha un pubblico cinematografico molto definito. Nel 2021 è nata l’associazione Filmeeting, e abbiamo cominciato a pensare a come raccogliere le risorse necessarie e soprattutto al tema della manifestazione. Io mi sono avvalso delle mie conoscenze a livello di festival e mi sono ispirato soprattutto al Far East di Udine, che fa un’attività interessantissima in un città dalle dimensioni non enormi.

Abbiamo notato che mancava un’offerta sul cinema indipendente nordamericano, che partisse ovviamente dagli Stati Uniti ma abbracciasse anche Canada e Messico, due filmografie in forte crescita negli ultimi anni. La convinzione è che questa ambiziosa manifestazione possa attrarre anche ospiti interessanti, visto che le aree in questione offrono possibilità praticamente infinite, dalla star di Hollywood che si presta al cinema indipendente al giovane attore da valorizzare. Quest’anno abbiamo Andrea Pallaoro, che abbiamo ammirato a Venezia e siamo convinti che nei prossimi anni diventerà un punto di riferimento per il cinema italiano negli Stati Uniti, come già sono stati Paolo Sorrentino e Luca Guadagnino.

Quanto è stata importante la forte presenza di sale cinematografiche a Faenza per la realizzazione del NOAM Festival? C’è stata collaborazione da parte delle istituzioni e delle associazioni culturali locali?

Il primo dialogo sul festival l’ho avuto col sindaco di Faenza Massimo Isola, che si è dimostrato fin da subito aperto all’idea anche se con qualche dubbio sul tema, che poi abbiamo dimostrato essere collegabile alla città. Ci ha chiesto di fare collaborare tutte le realtà della città sul festival. A parte il multisala, che non abbiamo coinvolto non per pregiudizio ma per la sua lontananza dal centro, siamo riusciti a fare collaborare Cinema in Centro, Cinema Europa e il Cineclub Il Raggio Verde sul fronte organizzativo e artistico. Siamo molto soddisfatti di questo e dell’aiuto ricevuto, senza il quale sarebbe stato impossibile realizzare un appuntamento così ampio. Abbiamo inoltre avuto il sostegno di BCC, CNA Audiovisivo e alcune associazioni cittadine come il Rotaract Club Faenza, che si occupa della fetta più giovane dell’utenza, a cui siamo particolarmente interessati.

Oltre al Far East di Udine, vi siete ispirati a qualche altro festival italiano o internazionale per la realizzazione del NOAM?

Ci hanno più volte associato al Sundance Film Festival, che è un’etichetta che sposo ben volentieri. Fra le priorità del futuro ci sarebbe proprio quella di coinvolgere direttamente il Sundance, che è solito organizzare piccoli eventi collaterali per esportare il proprio marchio all’estero. Comunque sono dell’idea di costruire un nostro percorso, stabilizzando il format e capendo cosa funziona e cosa no. Abbiamo ideato una formula composta da un workshop o un incontro con l’ospite prima della proiezione serale, in modo da ibridare il cinema con altre attività culturali. È questo il caso dell’incontro con Francesco Oggiano, che ci parlerà di comunicazione prima di una proiezione.

Continueremo in ogni caso a guardare al Far East, che considero il festival meglio organizzato e maggiormente riproducibile, ma per le prossime edizioni proveremo ad attivare anche sinergie con festival oltreoceano, in modo da dare visibilità in Italia alle produzioni canadesi e messicane. In questo senso sono molto contento di avere fra gli ospiti Eva Sangiorgi, direttrice della Viennale nata a Faenza che ha subito dimostrato interesse per il NOAM. Se già nella prima edizione siamo riusciti a coinvolgere così tante personalità di spicco, siamo fiduciosi di poter ampliare le collaborazioni con l’estero per gli anni prossimi.

Pearl Mia Goth
Un’immagine di Pearl, in concorso al NOAM Festival

Il perimetro geografico ben delineato al Nord America vi ha aiutato nella realizzazione del festival? Ci sono invece aspetti in cui vi ha penalizzato?

Il perimetro ci ha agevolato nella misura in cui c’è stata chiarezza da parte nostra su cosa cercare, cioè film di qualità provenienti da quell’area. Abbiamo avuto qualche intoppo soprattutto con il Canada: avevamo quasi chiuso con Movies Inspired per avere Falcon Lake, già presentato al Torino Film Festival. Abbiamo inoltre cercato di avere qualche commedia, ma in questo senso abbiamo avuto sfortuna. Il problema maggiore è stato di ordine temporale. Abbiamo pensato che potesse essere una buona idea collocarci dopo la Berlinale, perché ci sono molti appassionati che girano per i festival, e prima della notte degli Oscar e delle festività pasquali, in cui in Romagna si comincia ad andare al mare. Per avere le copie dei film in certi casi è stato necessario lottare, per cui per il prossimo anno cercheremo di spostare il NOAM Festival un po’ più avanti.

Il NOAM è un festival fatto prevalentemente da giovani e con un programma incentrato proprio su di loro. Analizzando il programma, salta all’occhio il fatto che si aprirà con American Graffiti e si chiuderà con I guerrieri della notte: è un simbolo del pessimismo che accompagna i più giovani?

È possibile! Noi sappiamo che il pubblico degli eventi culturali va in buona sostanza dai 35 ai 65 anni. Coinvolgere il pubblico under 35 è un’impresa, ma ci proviamo. Abbiamo scelto di aprire e chiudere con due classici perché ci sembrava mancasse una componente di retrospettiva. Volevamo mettere in piedi una sorta di dialogo fra Italia e Stati Uniti in questo ambito, ma non è stato possibile. Abbiamo quindi pensato a un paio di eventi di retrospettiva. Fra i due, credo che sia più problematico quello di apertura, però la New Hollywood è un periodo cinematografico molto interessante, in cui le idee dei giovani sono andate al potere.

Per la serata finale volevamo invece un film esterno al concorso, in modo da poter fare conteggi e calcoli sul film vincitore del premio della giuria popolare già nel pomeriggio. Grazie alla collaborazione della Cineteca di Bologna, siamo quindi andati su un classico, anticipato dalla premiazione del concorso.

Siete riusciti a conquistare alcune anteprime italiane e altri film passati solo in festival con una storia molto più lunga della vostra. Pensi che il concetto di anteprima, italiana o assoluta, sarà importante anche per il futuro del NOAM?

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Io credo che ci sia una tematica legata alla distribuzione. Il festival può avere vita nel momento in cui le persone possono avere la possibilità di vedere al NOAM cose che non vedranno mai più nella vita. Abbiamo alcuni film che saranno distribuiti in tutta Italia come Sanctuary, ma anche tanti lungometraggi in prima o seconda visione. C’è un buon bilanciamento, anche perché per incuriosire la città di Faenza volevo film capaci di suscitare interesse, soprattutto alla sera. Abbiamo quindi accolto senza problemi film già passati in altri festival, ma allo stesso tempo abbiamo prime importanti come The Integrity of Joseph Chambers, una piccola scoperta non ancora mostrata in Italia. Abbiamo anche Therapy Dogs, film piccolissimo fatto da un gruppo di studenti ma con una qualità importante.

Per le prossime edizioni continueremo prima di tutto a cercare la qualità, perché per fare una selezione è fondamentale vedere i titoli che si hanno davanti. Quest’anno abbiamo cercato un equilibrio fra anteprime e seconde visioni, ma non è detto che sarà così anche per la prossima edizione.

NOAM Festival
Margaret Qualley in Sanctuary, in concorso al NOAM Festival di Faenza

Il NOAM ospiterà anche critici affermati come Roy Menarini, Emanuela Martini, Andrea Chimento e Simone Soranna: credi che la figura del critico sia ancora imprescindibile per organizzare e valorizzare un festival cinematografico?

Credo che sia importante, soprattutto per la selezione. Senza il contributo di Andrea Chimento in questo senso, sarebbe stato molto difficile organizzare la manifestazione. Roy Menarini, Emanuela Martini e Simone Soranna arrivano invece come ospiti per parti che non hanno programmato loro. Credo che la critica italiana possa avere ancora un ruolo importante, soprattutto dal punto di vista dell’organizzazione e della selezione. Inoltre, è un valore aggiunto avere figure come Emanuela Martini, capace di ricostruire la storia della New Hollywood in 15 minuti toccando le corde giuste, e Roy Menarini, che evocherà invece Alfred Hitchcock con un panel dedicato al libro che ha scritto su La donna che visse due volte.

Probabilmente senza questi critici non avrei costruito il NOAM Festival allo stesso modo, ma allo stesso tempo credo che sia importante dare spazio anche a figure che non ricadono necessariamente sotto l’etichetta di critico. Credo che una volta ottenuti i diritti chiunque possa fare questo lavoro, poi ovviamente sulla qualità bisogna discutere.

Quali sono i vostri obiettivi per questa prima edizione?

L’obiettivo principale è avere un’energia che ci piace. Le sale si riempiranno la sera e faranno più fatica negli altri orari, ma non è solo una questione di quantità. Abbiamo fatto un pre evento presentando After Yang in collaborazione con Sky: sono venute 164 persone di mercoledì sera a Faenza, ed è stata una bella sensazione. Ma al di là dell’aspetto quantitativo è importante il feedback delle persone, quante di loro si fermeranno a parlare o a chiederci delle cose. Ovviamente ci farebbe piacere riuscire a coinvolgere una buona fascia di pubblico under 30 e che le persone fossero tante anche all’ultima sera, grazie al passaparola. Magari arriveranno persone da Bologna o da altre città importanti, ma per me sarebbe importante soprattutto avere un buon riscontro sul territorio.

Dal punto di vista economico siamo tranquilli, per l’anno prossimo probabilmente manterremo il numero di giornate, aprendoci magari a eventi collaterali in ambiti non per forza legati al cinema.

Il premio speciale, che quest’anno riceverà Andrea Pallaoro, potrebbe diventare una costante di ogni edizione?

L’idea è proprio questa. Non è tanto un premio alla carriera, ma l’idea di fare scoprire un nome. Ci piacerebbe molto dedicare una delle prossime edizioni a ospiti dal Messico e dal Canada. Già Andrea Pallaoro è comunque un ospite internazionale per noi, dal momento che viene per 4 giorni a Faenza da Los Angeles apposta per noi.

Un festival fatto da giovani e per giovani deve sognare in grande: quali registi o interpreti sogni di avere ospiti in futuro al NOAM?

Fra gli interpreti mi piacerebbe molto avere Willem Dafoe e Tilda Swinton, due attori talentuosi e versatili. Per quanto riguarda i registi, ci potrebbe essere di tutto e di più. Magari col tempo sarebbe bello avere una masterclass di autori come Steven Spielberg e Damien Chazelle, che sul grande schermo oggi riversano una quantità impressionante di cinefilia. Siamo ambiziosi, e sarebbe fantastico avere con noi registi che ci raccontino il loro amore per il cinema e per Hollywood.

Per maggiori informazioni e per il programma completo del NOAM Festival, vi invitiamo a consultare il sito ufficiale.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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