Sapete qual è un modo ottimale per seguire l’evoluzione della nostra concezione del futuro? Fare riferimento a libri, film e spettacoli di qualche decennio fa. Ogni produzione, infatti, rispecchia a pieno l’epoca in cui viene realizzata, e contiene piccoli dettagli indicativi di quello che pensiamo. E questo vale per noi, tanto quanto per i nostri nonni. Consci di questo, abbiamo pensato di vedere come è cambiata la nostra idea di futuro facendo riferimento ad uno dei grandi classici cinematografici degli anni Ottanta, Robocop, e al suo remake del 2014.
E per scrivere quello che state leggendo, abbiamo rivisto i film uno di seguito all’altro, così da cogliere ogni sfumatura possibile sull’immaginario di un futuro di convivenza tra macchine e uomini. Può sembrare insolito, eppure scoprirete che questo è il miglior modo possibile per indagare l’evoluzione del pensiero umano.
Robocop, un film sul futuro?
Senza stare a disquisire troppo sulla cinematografia, è importante inquadrare il “primo” Robocop in un’epoca storica ben precisa, sopratutto al fine di capire quale visione del futuro rappresenti. Diamo giusto qualche dettaglio. Il film è stato prodotto nel 1987, e diretto da Paul Verhoeven, che ha costruito attentamente l’ambientazione di un futuro dispotico. Come tutti sappiamo, la storia è quella di un poliziotto che perde la vita e viene riassemblato in un cyborg grazie alle abilità della Omni Consumer Product. Nasce così Robocop, il primo robot costruito con pezzi umani, che altri non sarebbero che quelli di Peter Weller.
A grandi linee, la storia è stata ripresa nel remake di José Padilha, che ha deciso di mantenere l’idea di ambientare il film nel 2028. Un futuro che forse poteva sembrare lontano nel 1987, ma che sembra invece vicinissimo al giorno d’oggi. Per quanto possa essere veloce il progresso, ad oggi ci risulta davvero difficile immaginare un domani tanto dispotico e cupo come quello rappresentato nel primo Robocop. E questo è ben evidente già dai colori dei due film. L’immaginario di Verhoeven è grigio, cupo, freddo e crudele. Al pari di alcune delle migliori pellicole dell’epoca, come Terminator o Blade Runner. Il futuro di Padhila è minimale, chiaro e brillante. E non sa di qualcosa che non conosciamo. Anzi, escludendo qualche robot di troppo, solo il dettaglio degli schermi olografici ci ricorda che non siamo nella nostra epoca. Per il resto, potremmo essere tranquillamente in un futuro vicino a noi, seppur incentrato sulla robotica e le sue evoluzioni.
Quindi, sì. Robocop è chiaramente un film sul futuro. Ma forse su un futuro che non esisterà mai. Nonostante la robotica abbia fatto passi da gigante nella costruzione di protesi per gli arti amputati, viene difficile credere che si possa costruire un uomo di soli pezzi metallici. O addirittura riassemblarne il corpo, come voleva farci credere il Robocop del 1987.
Emozioni e robotica: la nuova concezione del futuro in Robocop
C’è un’evidente differenza tra i due film, prodotti a quasi 30 anni di distanza. Un dettaglio che non passa inosservato, e che dimostra come sia davvero cambiata la nostra visione del futuro. L’intero remake del 2014 è concentrato sulla psicologia del protagonista, sul rapporto con la sua famiglia e sulle sensazioni che prova vivendo all’interno di una macchina. Vi sembrerà strano, ma il Robocop di Padhila trasuda di umanità. E apre tutta una serie di riflessioni sul rapporto tra uomo ed Intelligenza Artificiale.
Alex Murphy, protagonista della storia, non è altro che il mix perfetto tra umanità e robotica. Dopo essere stato vittima di un’esplosione, gli sono rimasti soltanto faccia, cervello, polmoni ed una mano a ricordargli di essere un uomo. Il resto è stato sapientemente costruito dal Dottor Dennet Norton, un vero e proprio maestro della robotica. Nel film viene definito più volte “un uomo all’interno di una macchina”, ed è esattamente quello che è il nuovo Robocop del 2014. Sì, è un cyborg. Ma con una coscienza umana, nonostante si cerchi di sopprimerla continuamente – e senza riuscirci -.
E questo non significa che avremo robot in grado di provare le nostre stesse emozioni. Il film di Padhila non vuole dirci questo. Punta piuttosto a dimostrare come l’umanità, a suo modo, riesca comunque ad avere la meglio sulla robotica. La coscienza dell’uomo riesce a dominare la macchina ed usarla a suo vantaggio. E questo è il dettaglio che dimostra quanto sia cambiata davvero la nostra visione del futuro. Il Robocop del 1987 non ha mai affrontato la psicologia del personaggio, ma si è limitato a mostrare la grande potenza del cyborg. Un concetto che oramai abbiamo superato abbondantemente. Il mito della macchina che tutto sa e tutto fa è finito. Abbiamo abbracciato l’idea di una robotica gestita dall’uomo, e a favore dell’uomo. E questo il remake del celebre film lo dimostra alla perfezione.
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