Gli astronomi lo aspettano da oltre 30 anni e finalmente ha preso il volo. NASA, ESA e CSA hanno lanciato con successo il telescopio James Webb, più grande e posizionato più lontano di Hubble. Uno strumento che potrebbe svelarci nuovi segreti dell’universo, a partire dalla possibilità di conoscerne meglio le origini.
Il telescopio James Webb lanciato con successo
Un telescopio concepito nel 1989, che sarebbe dovuto essere pronto nel ben quattordici anni fa. Ma ci sono stati diversi problemi ingegneristici che hanno rallentato la produzione e fatto levitare il budget fino a 10 miliardi e mezzo di dollari. Ma finalmente il telescopio James Webb (JWST) è decollato.
Lo strumento che ci permetterà di conoscere fasi ancora più antiche del nostro universo è partito alle 13.20 del 25 dicembre da dal Guyana Space Center, a Kourou, nella Guyana francese. Il lancio con il vettore Ariane 5 ha portato in alto il telescopio, in orbita. Ma viaggerà per 30 giorni prima che possa diventare operativo.
A cosa serve il telescopio James Webb? E perché deve arrivare a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra?
25 anni fa, il telescopio spaziale Hubble rischiava di essere la più grande delusione astronomica da molto tempo. Ma dopo una missione di salvataggio e calibrazioni complicatissime, ci ha regalo informazioni inestimabili. Mostrandoci galassie lontanissime, antichissime. E dimostrando che alcune osservazioni impossibili da fare sulla Terra possono dare risultati straordinarie se effettuate in orbita.
Il telescopio James Webb vuole fare ancora di più. Infatti ha un diametro più grande: 6,5 metri contro i 2,4 metri di Hubble. E se Hubble sta a 530 chilometri dalla Terra, l’orbita di JWST va molto più lontano. Infatti arriva nel punto di osservazione Lagrange L2, a 1,5 milioni di chilometri dal nostro pianeta. Qui potrà scandagliare il cosmo senza essere disturbato dalle interferenze del nostro pianeta.
Inoltre, sia la posizione della Terra relativa al sole che alcuni parasole permetteranno alla superficie del telescopio James Webb di essere freddissima. E quindi capace di captare le più piccole onde nello spettro dell’infrarosso, che qualsiasi telescopio più vicino alla Terra o esposto al Sole non potrebbe mai cogliere.
Portare uno specchio così grande in orbita è impossibile: infatti composto da 18 placche di berilio rivestite d’oro. Esagoni perfettamente lisci. E molto freddi, perché protetti da parasole che fanno anche da pannelli solari e alimentano la trasmissione radio verso Terra. Inoltre, cinque pannelli di Kapton, lo stesso che riveste le tute degli astronauti e li protegge dai raggi solari. Spostandosi per non essere mai colpito direttamente, la superficie rimarrà freddissime. E capace di captare le tracce dei primi milioni di anni dell’universo.
Scandagliare l’infrarosso, per scoprire l’origine dell’universo
Da anni gli astronomi conoscono il fenomeno dell’espansione dell’Universo, che è continua. Questo significa che la luce delle stelle più lontane da noi viene ‘stirata’ dall’espansione dell’universo, un fenomeno che gli astrofisici chiamano “red–shifting“. Quindi quando vediamo la luce di stelle lontanissime, che ci arriva milioni di anni dopo aver la sorgente, dobbiamo calcolare quanto sia “stirata verso l’infrarosso”.
I corpi celesti particolarmente antichi e lontani, saranno talmente red-shifted da finire nello spettro dell’infrarosso. Quindi solamente un telescopio freddissimo, molto grande e posizionato in orbita come il James Webb può percepirli.
Con questo telescopio spaziale, potremo assistere alla formazione delle prime galassie nell’universo. Hubble ha saputo vedere fino a 400 milioni di anni dopo il Big Bang, quindi circa 13,4 miliardi di anni fa. Ma i satelliti COBE e WMPA hanno visto microonde (ancora più red-shifted degli infrarossi) già dopo 380 mila anni dal Big Bang. Ma all’epoca l’universo era buio, senza stelle e galassie. Il telescopio James Webb potrebbe vedere quindi la formazione dei primissimi corpi celesti: stelle grandi da 30 a 300 volte il nostro Sole e molto più luminose.
Potremmo quindi conoscere meglio le origini delle stelle, che hanno formato al loro interno gli atomi che oggi compongono la Terra su cui camminiamo, che strutturano il nostro corpo. Che formano l’oro con cui è rivestito il telescopio James Webb, che ora cercherà di studiarle.
La scommessa di NASA, ESA e CSA è grande. 10 miliardi di dollari per posizionare un delicatissimo specchio, che potrebbe però mostrarci l’origine del nostro universo. Non vediamo l’ora di scoprire cosa potrà mostrarci. Nei prossimi 30 giorni, tutti gli appassionati dello spazio terranno le dita incrociate. Perché il successo di questa missione potrebbe segnare una nuova straordinaria epoca di esplorazioni spaziali.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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