Finalmente Threads è arrivato anche in Europa e quindi in Italia, la scorsa settimana. Nonostante il lancio ufficiale fosse di questa estate (e nei primissimi giorni qualcuno avesse già giochicchiato con la piattaforma, aggirando i confini tecnici) ci sono voluti diversi mesi per superare alcuni intoppi burocratici relativi ai regolamenti europei. Adesso però è effettivamente qui e il pubblico tricolore ci si è riversato con grande entusiasmo. Ma perché? E soprattutto, come si vive ora con Threads?
Cosa sono stati i primi giorni di Threads in Italia?
Facciamo un passo indietro per allinearci tutti: di cosa stiamo parlando? Threads è fondamentalmente la versione di Meta (il gruppo che controlla Facebook e Instagram) di Twitter. In sostanza è una delle tante piattaforme nate e/o potenziatesi per capitalizzare sul crollo del social dell’uccellino blu, iniziato tempo fa e accelerato negli ultimi mesi sotto il controllo di Elon Musk.
Ci sono un po’ di differenze tecniche in realtà – fra cui il fatto che sia parte del fediverso o che abbia un legame molto stretto con Instagram – ma non sono importanti ai fini di questo articolo. Se volete, potete trovare in giro per techprincess tanti pezzi che possono approfondire tutti questi aspetti (il consiglio è di partire da questo).
Il suo lancio ufficiale è stato paradossalmente più forte che quello ufficioso dello scorso luglio. Creator e utenti di ogni tipo si sono riversati rapidamente sulla nuova piattaforma, testandone subito i confini e le regole, cercando di capirne al meglio l’algoritmo e provando da subito le diverse funzionalità. Da appassionato di social media, è stato affascinante scoprire questa evoluzione rapidissima.
In questi quattro giorni circa, Threads Italia ha vissuto già diverse di quelle che potremmo definire wave. C’è stato il momento dei primi post, dei dubbi sul funzionamento dell’app, dell’uso dei vocali, delle letterine all’algoritmo per indicare i contenuti che si volevano vedere, dello studio dei confini della censura (più vicina a Instagram che a Twitter), delle lamentele sulle foto di “nudo”, della riscoperta del follow4follow, dei post per generare engagement compresi i mitici “solo risposte sbagliate” e dello scontro con gli influencer, da tenere lontani da questa piattaforma. E questo elenco sicuramente incompleto andrà aggiornato già stasera.
Ma perché questa voglia di lanciarsi su una piattaforma “nuova”?
L’arrivo di Threads in Italia è stata anche l’occasione per fermarsi a riflettere sui social network, anche per la coincidenza del cosiddetto “Pandoro-Gate” e tutto ciò che ne consegue. Ed è interessante capire perché abbia avuto questo lancio così impattante, che almeno da dentro l’app si percepisce come carico di entusiasmo.
Le risposte sono molteplici. Naturalmente c’è una parte di FOMO, soprattutto per i creator più affermati, che devono subito “mettere il piede”, sia mai che diventi il nuovo fenomeno e si resti indietro. Dall’altra c’è chi lo vede come un’occasione. Una nuova piattaforma, dove si parte tutti da zero e ci si può costruire un seguito senza dover rincorrere. Non è vero, perché non si parte mai da zero (soprattutto qui dove ci si porta dietro quasi in automatico follower e seguiti di Instagram) ma c’è quella idea.
Post di @tiuzzaVisualizza su Threads
C’è anche una parte di quel gusto della casa nuova, in cui puoi riordinartela come vuoi tu e farti tutto dall’inizio con l’esperienza passata. E ancora, c’è un elemento di eliminazione delle barriere all’ingresso. Scrivere un post su Threads (chissà se un giorno diremo “threaddare”?) non richiede strumenti tecnici o competenze particolari.
Non ho bisogno di saper usare software di montaggio video, programmi di fotoritocco, luci, microfoni, webcam come sugli altri social network rimasti in attivo. È un po’ un ritornare agli status su Facebook, ma senza avere il pubblico che ha adesso Facebook e con la possibilità, grazie al magico algoritmo, di raggiungere persone che vadano oltre il giro di amici.
Threads è un modo per sfuggire a Twitter Italia
Da quando è arrivato ufficialmente in Italia, io ho usato davvero moltissimo Threads. Ha scalzato nelle mie abitudini social anche TikTok e Instagram e sto postando molto frequentemente. Lo sto facendo in libertà, testando le acque per capire quali possano essere le meccaniche di questa piattaforma. C’è una curiosità “scientifica” in questo, oltre a un mix di più o meno tutte le ragioni di cui si parlava qui sopra.
Ma il punto centrale per cui mi sono fiondato su questa piattaforma è che mi mancava Twitter. Sono stato un sostenitore della prima ora dei cinguettii e periodicamente tornavo alla carica, per usarlo sempre di più. Ma più mi veniva voglia di aprirlo, leggere i tweet e farne qualcuno mio, tanto più quel social network mi respingeva.
Ogni tanto mi ripromettevo di tornare attivo. Poi aprivo l’app e notavo che non trovavo né i miei amici, né creator che mi interessasse seguire. Entravo nei trending topic e ci scoprivo tutto ciò da cui volevo stare lontano, un pozzo di negatività terrificante. E tutto questo anche prima del cambio di proprietà che, lo ammetto candidamente, mi ha fatto nutrire qualche speranza di cambiamento, rapidamente spenta.
In questi primi quattro giorni di Threads Italia però sembra di poter vedere quel mondo. Potersi finalmente ritrovare in una piattaforma dove tornare a pubblicare pensieri in libertà, senza doversi affannare a cercare l’orario migliore, la frequenza precisa, la luce, il montaggio e così via. Il tutto con un’atmosfera ben lontana dal livore oscuro che si trova altrove. Per ora.
Quanto durerà l’idillio di Threads Italia?
Siamo abbastanza vecchi in termini di rapporto con i social media da sapere benissimo che questa è solo la prima fase. Quella che chi studia i comportamenti umani macroscopici chiamerebbe la “honeymoon phase”, dove tutto ci sembra bello e c’è grande entusiasmo. E proprio perché siamo vecchi ci stiamo già chiedendo quanto a lungo andrà avanti.
Qualcuno tira già fuori i dati d’oltreoceano, che profetizzano un crollo verticale dell’utilizzo della piattaforma dopo i primi giorni. Altri rispondono che il mercato americano non è così uguale a quello europeo come può sembrare.
Va poi messo in conto il fatto che il grosso del pubblico deve ancora arrivare. E soprattutto che Threads non ha in piedi strumenti di difesa che lo proteggano dal replicare la user base di Twitter. Stiamo ancora testando i confini della moderazione, ma il track record di Meta non promette un paradiso di pace, positività e gioia.
Insomma, ci sono buone probabilità che questa piattaforma si spenga rapidamente oppure viva tanto a lungo da diventare quello da cui siamo fuggiti (sì, ho parafrasato quella frase). Ma magari per una volta potrebbe andare bene e restare uno spazio non dico perfetto, ma comunque piacevole e positivo. E io cercherò di dare il mio contributo per tenerlo così il più a lungo possibile. E chissà, magari un giorno diremo davvero “threaddare”.
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