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Twitter licenzia l’80% dei lavoratori esterni a contratto. E la moderazione dei contenuti?

Lo abbiamo detto e ripetuto: da quando Elon Musk è stato in odore di acquistare Twitter, e ancor più da quando ne è diventato il nuovo timoniere, non abbiamo mai il tempo di fare il punto della situazione che subito una nuova notizia (di solito non positiva) vale la pena di essere raccontata.

Solo poche ore fa abbiamo cercato di riassumere cronologicamente la vicenda Musk-Twitter, mostrando come le mosse del magnate sembrano più azioni estemporanee che tappe di una strategia ben pianificata.

Ma soprattutto non possiamo non notare una clamorosa distanza tra la tanto proclamata libertà di parola (che sarebbe dovuta essere la bussola del social una volta passato in mano al numero uno di Tesla), e i suoi ripetuti atteggiamenti padronali e liberticidi.

Twitter licenzia ancora: e stavolta sarà un problema anche nostro

Abbiamo usato con precisione i due aggettivi, parlando di atteggiamenti padronali e liberticidi.

Il primo aggettivo si adatta benissimo sia al modo in cui Musk, appena insediatosi alla guida di Twitter, ha licenziato quattro figure apicali, sia soprattutto al clamoroso taglio della metà dell’organico, ovvero più di 7.500 dipendenti.

Ma l’ultima notizia, quella secondo cui Twitter avrebbe licenziato anche l’80% dei lavoratori esterni a contratto, ci impone di parlare anche di un’azione liberticida: vediamo perché.

Elon Musk Twitter 3

Twitter licenzia i lavoratori esterni: moderazione dei contenuti a rischio

La notizia, come sempre quando l’artefice è Elon Musk, è altisonante tanto nei contenuti quanto nella forma.

Secondo una rivelazione di Platformer, Twitter avrebbe licenziato addirittura l’80% dei lavoratori esterni a contratto. Come? Senza minimamente avvisare i team interni. 4.400 lavoratori su 5.500 avrebbero di colpo perso l’accesso a Slack, alla mail e agli altri strumenti aziendali.

Il bottino del paladino della libertà, dall’acquisto di Twitter a oggi, ammonterebbe dunque già a circa 12.000 licenziamenti.

Ma qui siamo ancora dal versante degli atteggiamenti padronali. Tuttavia, proprio in un tweet, Casey Newton (colui che cura Platformer) insinua dubbi che riguardano anche la libertà di noi utenti di Twitter.

Infatti Newton ha fatto sapere che questi tagli al personale esterno “dovrebbero avere un impatto significativo sulla moderazione dei contenuti e sui servizi dell’infrastruttura principale che mantengono il sito attivo e funzionante.”

Quale libertà?

Se la notizia sarà confermata, una drastica riduzione del personale addetto alla moderazione dei contenuti renderà Twitter un luogo più libero?

Sì, se si intende la parola libertà nell’accezione prediletta da Elon Musk: arrogarsi il diritto di dire ciò che si vuole nel modo in cui si vuole, senza paura di essere censurato o ridotto a più miti consigli. E quindi via libera ai tweet in cui si detta il piano di pace per l’Ucraina. E via libera ad altri che assecondano le più assurde teorie complottiste.

Ma se per libertà di parola si intende la possibilità di esprimere il proprio parere in modo ragionevole ed equilibrato, in un ambiente dove tutti fanno altrettanto, e chiunque oltrepassi il buon gusto venga dissuaso o a mali estremi allontanato, ecco: in questo caso, un netto taglio alla moderazione dei contenuti è una mossa liberticida, che rende quello che era il social giornalistico per antonomasia un’arena in cui vince chi urla di più, o la spara più grossa.

Elon Musk mostra i muscoli. Ma combina pasticci

Nelle ultime ore (lo dicevamo che le notizie su Musk e Twitter si susseguono con un ritmo incalzante) è stata segnalata un’altra questione. Da annoverare all’eccessiva istintualità del Ceo di SpaceX, che spesso prende decisioni su cui poi deve intervenire per limare o rammendare.

Era già successo proprio con il licenziamento di massa della metà dei dipendenti: alcuni dei quali (pare non pochi) sarebbero stati lasciati a casa per errore, e quindi tempestivamente richiamati al lavoro.

Ora il pasticcio è stato fatto su Twitter Blue, il servizio a pagamento, a cui ci si può abbonare per 7,99 dollari al mese (e che venerdì 11 novembre non ha funzionato per qualche ora).

Ricordiamo che il servizio consente di iscriversi e di ricevere una spunta blu, che accerterebbe come quel profilo sia verificato.

Tuttavia, qualcosa non sta funzionando. Chissà, magari perché tra i dipendenti licenziati c’è anche qualcuno che si occupava dell’impenetrabilità degli strumenti interni.

Stanno infatti spuntando numerosi account fake, che – va da sé – hanno creato non piccoli contraccolpi a quelli autentici. Ad esempio, l’azienda farmaceutica Eli Lilly (tra le prime società finite nella trappola) ha avuto un crollo in borsa del -4%.

Un tweet del falso account, comico se non avesse danneggiato la vera Eli Lilly, annunciava la somministrazione gratuita di insulina.

Finiti nel mirino dei “falsari” anche Apple, Chiquita e la nostra Nestlé, oltre a personaggi come Donald Trump e LeBron James.

E, siccome la realtà a volte sa essere beffarda, anche Tesla e SpaceX, il cui proprietario sappiamo tutti chi è.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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