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L’UE si sta attrezzando per imporre una stretta ai deepfake

L'Unione Europea inasprisce il Codice di condotta per combattere la disinformazione.

L’agenzia di stampa Reuters ha ottenuto un documento della Commissione Europea che non è stato ancora reso pubblico. Stando al carteggio, l’Unione Europea avrebbe preparato delle modifiche al Codice UE di condotta sulla disinformazione in modo da assicurarsi che i grandi del settore – Google, Facebook, Twitter e altri ancora – siano in futuro responsabili della pubblicazione di deepfake sui loro portali.

Il perché dell’ostilità UE ai deepfake

Negli ultimi anni i Governi di tutto il mondo hanno riconosciuto le potenzialità nefaste della disinformazione internettiana, tipologia di disinformazione che per portata e capillarità è molto più difficile da tenere a bada rispetto alle sue controparti storiche. Dalla manipolazione delle elezioni statunitensi del 2016 alla bislacca idea che le torri 5G possano essere il mezzo di trasmissione del coronavirus, passando dalla disinformazione sulla guerra in Ucraina, le bufale diffuse sul web manifestano conseguenze dirette sull’universo fattuale.

Nello specifico, l’assalto al Campidoglio di Washington del 6 gennaio 2021, accusato di essere stato organizzato sui social, ha rappresentato una doccia ghiacciata. Gli USA, i quali si fanno da sempre portavoce dell’ideologia della libertà di parola, hanno compreso che il lasciare che internet si autogestisca sulla base degli interessi economici delle aziende non sia una buona idea. Soprattutto quando queste aziende massimizzano i propri introiti polarizzando gli opinionismi del web. Gli Stati Uniti hanno insomma rivisto la propria posizione nei confronti delle Big Tech, tutte americane, cosa che a sua volta ha permesso all’Unione Europea di intensificare gli interventi previsti nel campo delle fake news e dell’antitrust digitale.

Il sistema di deepfake può essere usato per modificare il labiale di un video…

Quali sono le nuove

Il “code of practice” europeo stato presentato nell’aprile del 2018, va a normare la disinformazione ed è stato adottato in chiave volontaria. Le cose starebbero però cambiando. Facendo affidamento alla bozza intercettata, l’UE avrebbe incluso del Codice degli esempi concreti di manipolazione internettiana da tenere d’occhio, inserendo nella categoria anche i deepfake e la creazione di account fasulli.

«I firmatari interessati adotteranno, rafforzeranno e attueranno politiche chiare in materia dei comportamenti e delle pratiche manipolative non ammesse sui loro servizi, basandosi sulle ultime evidenze su condotte, tattiche, tecniche e procedure impiegate da attori malintenzionati», rivelerebbero le carte secondo Reuters.

Perché la nuova posizione UE sui deepfake è importante

Quando si ha a che fare con dei codici volontari, solitamente l’efficacia del fenomeno di azione-reazione non è sempre affidabile. Volendo citare un noto film piratesco, “Il Codice è più che altro una sorta di traccia, che un vero regolamento”, o almeno lo era. L’Unione Europea avrebbe infatti intenzione di legare saldamente la lotta alla disinformazione alle regole dettate dal Digital Services Act (DSA), una bozza di legge che è stata concordata nei mesi scorsi da tutti i Paesi Membri.

Il DSA deve ricevere ancora l’approvazione di Parlamento e Consiglio e ci sono buone possibilità che i suoi contenuti vengano sistemati prima della presentazione finale, tuttavia ora come ora si prevede che un numero di Big Tech sarà assoggettato a leggi per cui bisognerà rilevare come i contenuti controversi vengono sfruttati per generare traffico, inoltre sarà loro necessario esplicitare quali siano i metodi adoperati per contrastare le fake news. Gli estremi per ricadere all’interno della nuova normativa sono ancora da definire con precisione, ma certamente includeranno i cosiddetti Big Five – Google, Amazon, Meta, Apple e Microsoft – e dovrebbero toccare anche i social con più di 45 milioni di utenti attivi.

deepfake
..ma generalmente si presta più che altro ai fotomontaggi.

Le conseguenze del DSA

Le aziende che non soddisferanno i requisiti del DSA potranno essere multate fino al 6% del loro fatturato globale via «sanzioni dissuasive», in più la procedura sanzionatoria non sarà più seguita dalla vigilanza delle singole nazioni – come capita invece per il GDPR -, piuttosto sarà nuclearizzata su un’agenzia direttamente controllata da Bruxelles. Le ripercussioni dell’attuazione effettiva dell’Atto sono però ancora motivo di vivaci discussioni.

Per la proposta attualmente pubblicata, saranno i singoli Governi a stabilire quali siano i contenuti internettiani giudicati illegali e v’è il timore diffuso che questo approccio possa semplificare la censura di Stato, soprattutto nei casi di quei Paesi che si dimostrano più tendenti all’autoritarismo. Non solo, il collegare direttamente il Codice di condotta al DSA potrebbe spingere i distributori digitali a rimuovere coattamente alcuni servizi dal Mercato europeo, così da assicurarsi a monte di non essere attaccabili. Se la cosa può sembrare assurda, tenete a mente che recentemente Activision Blizzard ha deciso di non distribuire il videogame Diablo Immortal nei Paesi Bassi e in Belgio, così da schivare sin da subito le regole locali sui loot box.

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Source
Reuters

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