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Un tram che si chiama Desiderio di Elia Kazan – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo ancora di Vivien Leigh, indimenticabile protagonista di Un tram che si chiama Desiderio.

A volte la vita riesce a intrecciarsi con l’arte in modo così stretto e intimo da rendere pressoché impossibile comprendere dove finisca una e inizi l’altra. In questi casi ci troviamo spesso di fronte a opere monumentali, in grado di resistere al tempo e ai mutamenti della società grazie alla loro sincerità e alla loro profondità. Un tram che si chiama Desiderio di Elia Kazan fa indubbiamente parte di questa ristretta cerchia.

Sulla solida base dell’omonimo dramma di Tennessee Williams, da lui stesso diretto a teatro, il regista greco naturalizzato statunitense mette in scena nel 1951 un film di abbagliante potenza e di inscalfibile attualità, affidandosi a molti dei protagonisti dello spettacolo di Broadway (Kim Hunter, Karl Malden, Rudy Bond, Nick Dennis, Richard Garrick e un giovane Marlon Brando, al suo secondo film) con una fondamentale eccezione. Al posto di Jessica Tandy, interprete di Blanche DuBois a teatro, viene infatti chiamata Vivien Leigh, precedentemente protagonista della versione londinese dello spettacolo, diretta dal marito Laurence Olivier, e già al centro di una spirale depressiva e autodistruttiva che la accompagnerà verso una prematura morte. Il risultato è un’interpretazione struggente e lacerante, di segno completamente opposto a quella offerta anni prima dall’attrice britannica nel memorabile Via col vento, a cui abbiamo dedicato il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto.

Una prova che contiene il cuore di Un tram che si chiama Desiderio, inevitabile termine di paragone per tutte le successive donne con problemi psichiatrici del grande e del piccolo schermo, capace di fare luce su un argomento all’epoca ancora tabù come il disagio psichico.

Un tram che si chiama Desiderio: gli abissi della mente in uno struggente intreccio fra vita e arte

Un tram che si chiama Desiderio

Il tram che si chiama Desiderio è quello che conduce Blanche DuBois, tormentata donna del Mississippi, a casa di sua sorella Stella (Kim Hunter), che vive a New Orleans insieme al rozzo e sensuale marito Stanley Kowalski (Marlon Brando) ed è in attesa di un bambino. Dopo la morte per suicidio del marito, per la quale si sente in colpa, Blanche vive un’esistenza inquieta, in cui la depressione e la dipendenza da alcool e sesso vanno di pari passo con la voglia di mostrarsi ancora elegante, sofisticata e piacente.

Dopo aver perso il lavoro ed essere finita in rovina economica, Blanche trova ospitalità dalla sorella, ma entra immediatamente in conflitto con i modi brutali e volgari di Stanley, nonostante fra i due ci sia un’evidente tensione erotica. Quando fa la conoscenza di Harold “Mitch” Mitchell (Karl Malden), Blanche intravede la possibilità di farsi una nuova vita. I fantasmi del passato non esitano però a tornare a tormentarla, accompagnandola verso un rovinoso epilogo.

Il desiderio evocato dal titolo è il filo conduttore del racconto. Desiderio sessuale taciuto e nascosto fra Blanche e Stanley, ma anche desiderio da parte della protagonista di fuggire da un’esistenza che scappa continuamente di mano, nonostante i ripetuti tentativi di camuffare la realtà sotto il profilo estetico e dal punto di vista morale.

Un tram che si chiama Desiderio: le prove di Marlon Brando e Vivien Leigh

Anche se si tende a ricordarlo per l’esplosione di Marlon Brando, per le sue iconiche magliette attillate e per la sequenza in cui grida a squarciagola il nome della sua Stella, entrata di diritto nell’immaginario collettivo, Un tram che si chiama Desiderio è prima di tutto un racconto incentrato sul disagio mentale e sull’impossibilità di mettersi definitivamente alle spalle il lato oscuro della propria anima.

Lo sguardo malinconico e disperato di Blanche, la volontà di stare costantemente sotto una luce tale da nascondere la sua non più giovanissima età, il disilluso romanticismo con cui la protagonista racconta le sue cadute e la raffinatezza che nonostante tutto traspare dalle sue parole: tasselli incompatibili fra loro di un complicato puzzle umano ed esistenziale, che con la rinnovata sensibilità odierna nei confronti dei disturbi psichici acquisisce una forza ancora maggiore.

Ed è proprio sotto questo aspetto che entra in gioco la personale esperienza di Vivien Leigh, che dopo aver riversato la parte più indomita della sua personalità nella straordinaria Scarlett O’Hara di Via col vento mette in questo caso a nudo la componente più fragile della sua personalità, segnata da aborti spontanei, da una tubercolosi sempre sottovalutata e soprattutto da una grave forma di disturbo bipolare, con conseguenti problemi di insonnia e difficoltà nelle relazioni interpersonali. Impossibile separare la fragile dignità di Blanche da quella della sua strepitosa interprete, che conquistò il suo secondo Oscar come migliore attrice non protagonista grazie a una parte letteralmente cucita sulla sua anima: negli ultimi anni della sua triste esistenza, purtroppo Vivien Leigh era infatti solita confondere la sua stessa vita con quella di Blanche, in un doloroso connubio fra realtà e finzione.

Scontri fra metodi

Un tram che si chiama Desiderio

Ma la personalità di Vivien Leigh ha avuto un evidente impatto anche sull’atmosfera che ha accompagnato la lavorazione di Un tram che si chiama Desiderio. Lo scontro fra Blanche e Stanley è infatti alimentato anche dal contrasto fra due opposti stili recitativi: da una parte quello vecchio stampo di Vivien Leigh, molto teatrale e carico di enfasi; dall’altra il metodo Stanislavskij sostenuto da Marlon Brando, caratterizzato da un profondo lavoro sulla psicologia del personaggio e da un’immedesimazione pressoché totale con esso. Il conflitto fra questi approcci emerge nei ripetuti scontri verbali fra Blanche e Stanley, con la prima costantemente alle prese con un’artificiosa esibizione di eleganza e il secondo che si contraddistingue invece per il suo carattere sanguigno e per l’elettricità che sembra attraversargli il corpo, dando vita a vere e proprie scariche di rabbia e fisicità.

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Inizialmente freddi l’uno con l’altra, Marlon Brando e Vivien Leigh durante le riprese impararono a conoscersi e rispettarsi, con evidenti benefici per le loro performance. L’attrice britannica nel corso della lavorazione fu però una sorta di oggetto estraneo al resto del gruppo, già rodato dalle ripetute repliche teatrali. Dinamica che contribuì alla sua estraniazione e alla tangibile malinconia della sua Blanche, sempre sola anche quando circondata da tante persone e mai del tutto a suo agio anche nei rari sprazzi di felicità e speranza. «E così la luce che aveva illuminato il mio mondo si spense di colpo. E da allora mai un istante di chiarore più forte di quello di questa lanterna gialla», le sentiamo dire. Frase che insieme alla celeberrima «Chiunque lei sia: ho sempre fidato nella gentilezza degli estranei» riesce a tratteggiare un mondo intero, travagliato e suggestivo allo stesso tempo.

Un tram che si chiama Desiderio e la mascolinità tossica

Un tram che si chiama Desiderio

La parabola di Blanche non deve però farci sottovalutare l’altra figura chiave di Un tram che si chiama Desiderio. Il 27enne Marlon Brando si impone all’attenzione generale con il ruolo di un maschio estremamente tossico, sempre pronto a dominare fisicamente e psicologicamente Stella e protagonista insieme a lei di un rapporto disfunzionale, caratterizzato da disgustosi soprusi, inevitabili separazioni e repentini riavvicinamenti. Quello fra Stanley e Stella è un amore malato e nocivo, come tanti altri che negli ultimi decenni hanno popolato le pagine di cronaca nera dei principali quotidiani. Kim Hunter (premiata con l’Oscar come migliore attrice non protagonista) è autrice di un’ottima prova in sottrazione, che rende ancora più evidente la tracotanza di Marlon Brando, bello e dannato per eccellenza del cinema hollywoodiano del dopo guerra.

A incarnare un altro tipo di mascolinità è invece Karl Malden (anch’esso premiato con l’ambita statuetta), che dà vita a un uomo capace di ascoltare e di fare tutto quello che è possibile per mettere a proprio agio la sua amata, ma incapace di resistere alla possibile onta alla sua rispettabilità scaturita dal torbido passato di Blanche. Anche in questo caso, Un tram che si chiama Desiderio è un’opera capace di fotografare perfettamente lo spirito del proprio tempo e alcuni stigmi sociali e culturali ancora difficili sda abbattere.

Il film di Elia Kazan è inoltre un’altra vittima del famigerato codice Hays, che come abbiamo già visto per La gatta sul tetto che scotta (anch’esso tratto da Tennessee Williams) ha condizionato a lungo la trattazione di temi particolarmente controversi sul grande schermo. A fare le spese di queste rigide linee guida morali sono in questo caso l’omessa omosessualità del marito di Blanche e il finale, con lo stupro ai danni della protagonista solo accennato e il chiaro castigo per il predatore Stanley.

L’importanza di chiamarsi Tennessee Williams

Scelte che hanno provocato rabbia e delusione sia in Kazan che nello stesso Tennessee Williams, entrambi sostenitori dell’ambiguità con cui l’epilogo dell’opera teatrale lasciava in sospeso il futuro di Stanley e Stella. Ma nonostante questi piccoli rimaneggiamenti, il regista e l’autore del soggetto (coinvolto anche come sceneggiatore) riescono ad adattare perfettamente il dramma al grande schermo, conservandone la potenza visiva ed emotiva. La solidità dell’impianto teatrale consente infatti ai protagonisti di trarre il meglio dai rispettivi personaggi e allo spettatore di addentrarsi a poco a poco nella vita di Blanche. In un crescendo di emozione e tensione scopriamo così la verità sul destino del marito, le sue frequentazioni con sconosciuti in un albergo della città di Auriol e la sua avventura con uno studente minorenne, causa del suo licenziamento e della perdita della piantagione di famiglia.

Non è da meno il lavoro di Kazan (precedentemente vincitore dell’Oscar come miglior regista per Barriera invisibile), che compie diverse scelte fondamentali per la riuscita dell’adattamento cinematografico di Un tram che si chiama Desiderio. La prima in ordine di tempo è la folgorante presentazione della stessa Blanche, con il suo passo esitante in mezzo ai fumi di New Orleans. Ma non è da meno il sapiente lavoro del regista sull’appartamento di Stanley e Stella, progressivamente rimpicciolito in modo da trasmettere allo spettatore il crescente senso di oppressione e claustrofobia di Blanche, e sui continui riferimenti visivi al desiderio e alla morte, pietre angolari della vita della protagonista.

Straordinario inoltre il gioco di luci e trucco sul viso della protagonista, che a tratti ricorda la Gloria Swanson di Viale del tramonto (uscito appena un anno prima di Un tram che si chiama Desiderio) per il suo estraniamento dalla realtà e per la strenua volontà di non arrendersi allo scorrere del tempo.

Il triste epilogo di Blanche

Quello che inizialmente si configura come un triangolo amoroso si trasforma col passare dei minuti in una doppia storia di sopraffazione fisica ed emotiva, in cui le due sorelle si ritrovano dalla stessa parte della barricata. Quella di Stella è una vera e propria sindrome di Stoccolma nei confronti di un uomo sgarbato e manesco, che non esita a sopraffarla nonostante la sua gravidanza. Le sue sono fughe effimere, ribellioni transitorie, a cui fanno invariabilmente seguito le lacrime di coccodrillo di Stanley e il ripristino dello status quo fatto da continue umiliazioni casalinghe.

Un Tram Che Si Chiama Desiderio (Special Edition) (2 Dvd)
  • Vivien Leigh, Marlon Brando, Kim Hunter (Attori)
  • Elia Kazan (Direttore) - Tennessee Williams (Autore)
  • Audience Rating: X (Solo per adulti)

Il destino di Blanche è invece segnato fin dal primo momento da una psiche sempre più debole e fallace, che inizialmente è una specie di corazza con cui la donna si protegge dalla sofferenza, dallo scherno e dai pregiudizi, e che con il susseguirsi degli eventi crolla su se stessa. La fine del nascente rapporto con Mitch e lo stupro ai suoi danni da parte di Stanley (talmente sfumato da renderlo incomprensibile a molti spettatori dell’epoca) sono le pietre tombali su un’esistenza segnata dal dolore e dalla delusione. Nell’impossibilità di essere compresa e amata, non le resta che naufragare definitivamente negli abissi più reconditi della sua mente, crogiolandosi in un mondo illusorio ma finalmente privo di sofferenza.

Il lascito di Un tram che si chiama Desiderio

Un tram che si chiama Desiderio

Vincitore di 4 premi Oscar (incluso quello per la scenografia) e di due riconoscimenti della Mostra del Cinema di Venezia 1951 (Leone d’argento – Gran premio della giuria a Elia Kazan e Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Vivien Leigh), Un tram che si chiama Desiderio è un palpitante caleidoscopio delle emozioni e della mente, fulgida testimonianza del talento di una delle migliori attrici di sempre nonché amara riflessione sui segreti celati nel cuore delle persone e fra le mura delle nostre case.

«Le grandi ricchezze non dipendono dalla solitudine. Una donna colta, educata, intelligente, può arricchire la vita d’un uomo immensamente. Io ho queste cose da offrire. Il tempo non le porta via. La beltà fisica passa, è un bene transitorio. Ma quella della mente, la ricchezza dello spirito, la tenerezza, queste le possiedo. Cose che non svaniscono ma crescono, aumentano con gli anni. Oh! Strano che io sia considerata una povera donna quando ho tutti questi tesori chiusi nel cuore».
Blanche DuBois

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

Un Tram Che Si Chiama Desiderio (Special Edition) (2 Dvd)
  • Vivien Leigh, Marlon Brando, Kim Hunter (Attori)
  • Elia Kazan (Direttore) - Tennessee Williams (Autore)
  • Audience Rating: X (Solo per adulti)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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