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Wahu: la prima scarpa intelligente

Intervista a Patrizia Casali, ingegnere biomedicale che ha inventato la prima calzatura con la suola capace di adattarsi a ogni terreno

Bizzarra epoca, la nostra. In cui ogni cosa, ogni oggetto, persino ogni capo d’abbigliamento deve avere due caratteristiche: essere personalizzato e fungere in qualche modo da esperienza.

Più nel dettaglio: ogni oggetto da un lato deve saper esprimere l’unicità della persona che lo possiede (o nel caso dell’abbigliamento, lo indossa). Deve corrispondergli, parlare di lui, essere fatto su misura sulle sue caratteristiche ed esigenze.

E dall’altro nessun oggetto moderno può avere una funzione solo passiva ma deve essere interattivo. Dialogare con la persona, fornire sì comfort ma anche dati, spunti. Deve, addirittura, saper suggerire come modificare i propri comportamenti a seconda di una serie di parametri.

L’abbigliamento intelligente: i wearable

Naturalmente è la tecnologia che può rendere smart ogni oggetto d’uso quotidiano.

Nell’ambito dell’abbigliamento, non possiamo non pensare ai wearable. I dispositivi indossabili (gli smartwatch, per prendere l’oggetto più comune) assommano diverse funzioni. Hanno una valenza estetica, le funzioni basilari della categoria cui appartengono (lo smartwatch, per capirci, è anzitutto un orologio). E poi c’è appunto la tecnologia, che più è raffinata più rende il wearable un ventaglio di possibilità all in one.

E così abbiamo a disposizione indossabili che permettono di telefonare, effettuare pagamenti contactless, monitorare una quantità sempre più ampia di dati fisici e altro.

Non solo smartwatch

Ogni oggetto che indossiamo è potenzialmente intelligente. Lo abbiamo visto di recente recensendo un paio di occhiali smart che permettono di ascoltare musica, telefonare e connettersi con i più comuni assistenti vocali.

Ciò che prima era un semplice capo o accessorio di abbigliamento, oggi può essere interattivo, mutevole, parzialmente autonomo. Magari anche le scarpe?

Certamente, anche le scarpe. È quanto abbiamo scoperto durante una piacevole chiacchierata con Patrizia Casali, che ha inventato le calzature Wahu. Ossia, le prima scarpe la cui suola si modifica a seconda della superficie, delle condizioni climatiche e dell’attività che si sta svolgendo (camminata o corsa, ad esempio).

wahu

Calzature Wahu ed e-Novia

Wahu è una startup innovativa che nasce nel 2020 su impulso della stessa Patrizia Casali.

La cornice entro cui si sviluppa il marchio è e-Novia, attiva dal 2012, la cui autodefinizione è Fabbrica di imprese. In collaborazione con centri di ricerche e Università, e-Novia appoggia e finanzia nuovi progetti, aiutandoli a trasformarsi in imprese.

L’idea di Wahu

Ma come nasce Wahu? E in che senso si tratta di una scarpa intelligente?

Procediamo con ordine. Patrizia Casali era già nello staff di e-Novia, che tra le altre cose si occupa del controllo della dinamica veicolare.

Un giorno, Patrizia si è fatta una domanda: si potrà mai applicare il controllo della dinamica al veicolo più antico del mondo, cioè all’essere umano?

E più in concreto: come si potrà rendere dinamica e smart una calzatura?

Da lì sono cominciati i disegni dei primi prototipi con stampe in 3D, e si è radicata sempre più la convinzione della realizzabilità del progetto.

Finché non c’è stata la svolta definitiva verso la concretizzazione dell’idea: la partnership con un’azienda della Marche, che si sarebbe occupata di realizzare fisicamente la suola.

wahu

La suola adattiva di Wahu

L’idea rivoluzionaria di Wahu è quella di far incontrare la tecnologia con l’universo tradizionale delle calzature.

Le scarpe Wahu sono caratterizzate da una suola adattiva. In grado cioè di modificarsi a seconda del tipo di terreno con cui entrerà in contatto. Ma anche a seconda delle condizioni climatiche (terreno asciutto o bagnato di pioggia, ad esempio) e del tipo di attività fisica che si sta svolgendo (camminata, corsa, salto).

La tecnologia delle calzature Wahu

Patrizia Casali passa quindi a illustrarmi brevemente come funziona la tecnologia alla base delle scarpe Wahu.

Ogni calzatura contiene una scheda elettronica che legge una serie di parametri (tra cui il microslittamento), e grazie a un algoritmo sviluppato dall’azienda controlla gli attivatori. Si tratta di microcompressori che prendono aria dalla tomaia e la immettono nella struttura a camere della suola.

Ecco quindi che il sistema pneumatico della suola, a seconda della circostanza, modifica due importanti fattori: il grip (cioè il grado di aderenza al terreno) e il cushioning (cioè il livello di ammortizzazione).

logo wahu

L’app Wahu

Parallelamente alla calzatura, Wahu sta sviluppando un’app, che sarà in grado non solo di indicare il livello della batteria delle scarpe (che si caricheranno per induzione) ed eventuali problemi tecnici. Ma anche, come ogni buon wearable, di segnalare com’è stata la salute del piede in una determinata giornata.

Inoltre è in fase di implementazione un sensore che indicherà le posture errate o poco congrue.

Wahu: i tre target

Wahu ha già testato i primi prototipi e ricevuto i primi feedback. Attualmente, l’azienda sta collaborando con due brand: uno è del settore trekking, mentre l’altro è un marchio del lusso italiano. E così si comprendono già due dei tre target di Wahu: quello sportivo-tecnico e quello esperienziale.

Il terzo target, quello su cui l’azienda mira direttamente col proprio prodotto, è legato all’ambito urbano.

Quando sul mercato?

Patrizia Casali mi dà una data: Wahu sarà pronta a esordire con una prima collezione entro la fine dell’anno. Ma sentiremo parlare con buon anticipo del marchio, perché sarà possibile preordinare il prodotto. Restiamo in attesa.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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