60 anni e non sentirli. Il 5 ottobre 1962 veniva presentato in anteprima mondiale a Londra Agente 007 – Licenza di uccidere, primo memorabile capitolo delle avventure sul grande schermo di James Bond. Il capostipite di un franchise che fra alti e bassi sopravvive ancora oggi, adeguandosi alle mode, ai mutamenti sociali e ai cambiamenti dei gusti degli spettatori, ma conservando molte delle caratteristiche che fecero la fortuna del primo episodio.
Nel nostro speciale dedicato alla storia di James Bond vi abbiamo parlato diffusamente dell’approdo al cinema di questa vera e propria icona, ma è doveroso spendere qualche parola in più in proposito. L’Agente 007 nasce sulla carta dalla penna di Ian Fleming, giornalista e ufficiale della marina britannica durante la seconda guerra mondiale che dalla sua tenuta giamaicana nota come GoldenEye (successivamente titolo del diciassettesimo capitolo della serie cinematografica) riversa le sue esperienze nella scrittura delle avventure di un temibile agente segreto britannico, estremamente abile sia sul campo sia nella sua frenetica attività di latin lover.
Un mix di avventura, spionaggio e azione che conquista immediatamente i lettori di tutto il mondo, pronti a rendere ogni capitolo un best seller. Pressoché inevitabile quindi l’interesse del cinema e della televisione per il personaggio. Ed è proprio la TV a presentare agli spettatori James Bond nel 1954, nell’episodio Casino Royale (omonimo del primo romanzo) della serie antologica Climax!. A dare volto e corpo al personaggio è il californiano Barry Nelson, mentre il suo nemico Le Chiffre (interpretato da Mads Mikkelsen nel film del 2006) è Peter Lorre, già straordinario protagonista di M – Il mostro di Düsseldorf.
Dalla carta al cinema
Dopo questa fugace apparizione televisiva, bisognerà attendere diversi anni per ammirare le gesta di James Bond al cinema. Un progetto reso possibile grazie a Harry Saltzman e Albert R. Broccoli, produttori britannici che mettono le mani sui diritti per la trasposizione cinematografica dei romanzi. Comincia così la caccia al protagonista: scartati l’over 50 Cary Grant (comunque disponibile solo per un unico film nei panni dell’Agente 007), Patrick McGoohan (successivamente protagonista de Il prigioniero) e il protagonista della serie Il Santo Roger Moore (che sarà il terzo James Bond), la scelta ricade sul semi-sconosciuto attore scozzese Sean Connery, dall’indiscutibile fascino e oltretutto estremamente somigliante alla trasposizione a fumetti dell’Agente 007 curata da John McLusky.
Con un budget risicato (appena un milione di dollari, ne incasserà quasi 60 in tutto il mondo) comincia così l’operazione Agente 007 – Licenza di uccidere. La regia viene affidata a un cineasta di esperienza e valore come Terence Young, che plasma letteralmente James Bond a sua immagine e somiglianza, enfatizzando il suo humour e il suo stile e mettendo in secondo piano la sua ferocia, e lavora il diamante grezzo Sean Connery, trasformandolo nell’icona di eleganza e fascino che conosciamo, evidente già dall’entrata in scena del personaggio, con quel «Bond. James Bond.» al tavolo da gioco indelebilmente scolpito nella storia del cinema.
Agente 007 – Licenza di uccidere: le basi della serie
A ben vedere, Agente 007 – Licenza di uccidere contiene già molti dei pilastri che faranno il successo della serie: una sfilata di donne bellissime (immediatamente ribattezzate Bond girl), capaci di fare girare la testa all’Agente 007 ma anche di rapire il suo cuore, come la Diana Rigg di Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà e la Léa Seydoux di Spectre e No Time to Die; il celeberrimo James Bond Theme di Monty Norman, affiancato da un brano trascinante (in questo caso Underneath the Mango Tree) che spesso nei capitoli successivi sarà usato come vera e propria title track; dei titoli di testa particolarmente ricercati, preceduti e seguiti da una sequenza ricorrente nota come gunbarrel, cioè una particolare inquadratura attraverso la canna di una pistola.
Ma in Agente 007 – Licenza di uccidere troviamo già anche il tormentone del Vodka Martini “agitato, non mescolato” e personaggi ricorrenti come il superiore di Bond M, la segretaria Miss Moneypenny (Lois Maxwell per ben 23 anni), il responsabile di armi e gadget Q, l’amico/collega della CIA Felix Leiter e l’organizzazione criminale Spectre. Tanti elementi al servizio di una trama densa e articolata che, per la penuria di risorse economiche già menzionata, si deve accontentare di meno location rispetto a quello a cui oggi siamo abituati: l’Inghilterra e la Giamaica. Ed è proprio in Giamaica che l’Agente 007 (il doppio 0 significa appunto “licenza di uccidere”) si deve recare per dare la caccia al famigerato Dr. No (titolo originale del film), misterioso criminale affiliato alla Spectre che ha come scopo quello di sabotare le missioni spaziali, vendicandosi contemporaneamente di Oriente e Occidente per screzi passati.
Agente 007 – Licenza di uccidere: un’esplosiva miscela di umorismo, sensualità, azione e avventura
Prima di arrivare allo scontro finale nel futuristico covo dell’antagonista di turno, che può contare sulla pregevole scenografia di Ken Adam, James Bond sfugge a ripetuti tentativi di omicidio, si rende protagonista di smascheramenti e false piste e seduce diverse belle donne: in questo caso la Sylvia Trench di Eunice Gayson (che rivedremo brevemente nel successivo A 007, dalla Russia con amore), l’ambigua Miss Taro di Zena Marshall e soprattutto la Honey Ryder di Ursula Andress, cercatrice di conchiglie che in una scena scolpita nell’immaginario collettivo esce dall’acqua in bikini bianco (da lei stessa disegnato) come una Venere botticelliana moderna.
A partire da queste solide basi, Terence Young mette in scena un’esplosiva miscela, in cui lo humour si fonde naturalmente con la sensualità, l’azione e la più spericolata avventura. Le radici fumettistiche della scelta di Sean Connery emergono visibilmente non tanto nel protagonista (meno feroce e spietato rispetto al canone di Fleming), quanto piuttosto nello stesso intreccio, che come da tradizione della serie prevede una minaccia catastrofica con chiari agganci al presente (in questo caso un possibile confronto nucleare che si intreccia con la corsa allo spazio) ed è esaltato da personaggi sopra le righe (lo stesso Julius No), da rocambolesche fughe e da altrettanto repentini capovolgimenti di fronte.
I punti deboli di Agente 007 – Licenza di uccidere
Per alcuni aspetti, Agente 007 – Licenza di uccidere mostra inequivocabilmente i segni del tempo, a partire dalle corse in auto con sfondi visibilmente posticci, passando per le ripetute allusioni sessuali di James Bond (il suo malcelato sessismo oggi farebbe infuriare spettatori e spettatrici di tutte le latitudini) fino ad arrivare alla rappresentazione per certi versi offensiva della Giamaica e dei giamaicani, che vengono fatti passare come sprovveduti in grado di scambiare un carro armato munito di lanciafiamme per un temibile drago. Con la rinnovata attenzione nei confronti dell’inclusività e delle minoranze di oggi, fanno inoltre quasi sorridere le scelte di casting della svizzera Ursula Andress per la parte della giamaicana Honey Ryder e del canadese Joseph Wiseman, dal taglio di occhi vagamente orientale, per il sino-tedesco Dr. No.
Queste problematiche scompaiono però di fronte all’indubbia potenza dell’insieme, più efficace di molti dei ben più opulenti seguiti che si sono succeduti nel corso degli ultimi 60 anni. Ancora lontano dalla svolta camp di Roger Moore e dalla fragilità del personaggio messa in mostra nel corso dell’era di Daniel Craig, Agente 007 – Licenza di uccidere si mantiene in perfetto equilibrio fra seriosità e umorismo, traendo il massimo sia dall’imponente aspetto di Sean Connery (classificatosi al terzo posto di Mister Universo appena pochi anni prima) sia dalla già evidente espressività dell’attore scozzese, abile a lasciare intravedere il lato più affabile e seduttivo di un agente cinico, disincantato e fondamentalmente privo di scrupoli morali.
L’eredità del primo James Bond
La sintesi di Agente 007 – Licenza di uccidere sta tutta nell’epilogo, che vede James Bond sconfiggere il nemico di turno nel suo pittoresco rifugio (una sorta di raffinata Batcaverna) e salvare così le sorti del mondo intero, per poi concentrarsi su una precipitosa fuga e da un meritato riposo in compagnia di Honey Ryder. L’ammiccante ciliegina su una torta di un’opera capace di tradire le proprie origini letterarie e reinventare un personaggio perfetto per il grande schermo, in grado di gettare le fondamenta del genere spionistico e di proporsi al tempo stesso come un fulgido esempio di serialità applicata al cinema, decenni prima del Marvel Cinematic Universe.
Dopo 60 anni, 25 film, svariati cambiamenti culturali e sociali e un incalcolabile numero di tentativi di imitazione, Agente 007 – Licenza di uccidere è ancora la quintessenza di James Bond: un passaggio ineludibile per tutti i neofiti del franchise ma anche uno spaccato preciso e sincero di un’epoca. Se l’Agente 007 rappresenta nel bene e nel male l’evoluzione della cultura occidentale negli ultimi 60 anni, questo primo strepitoso capitolo è inevitabilmente il punto di partenza per cercare di comprendere le tante sfumature del protagonista e allo stesso tempo quelle del mondo che ci circonda.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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