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Tutta la luce che non vediamo: com’è la miniserie Netflix

Tutta la luce che non vediamo è disponibile dal 2 novembre su Netflix.

Per chi ama le serie televisive, Steven Knight e Shawn Levy sono due vere e proprie autorità. Il primo è infatti l’ideatore di due successi globali come Peaky Blinders e See, mentre il secondo, oltre alla regia di film apprezzati come Una notte al museo, Free Guy – Eroe per gioco e The Adam Project, può vantare nel suo curriculum la produzione esecutiva di un fenomeno planetario come Stranger Things. Legittima dunque la curiosità per il lavoro dei due sulla nuova miniserie Netflix Tutta la luce che non vediamo, basata sull’omonimo romanzo di Anthony Doerr, vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa.

Un progetto di indubbio prestigio, girato fra Budapest, Saint-Malo e Villefranche-de-Rouergue, con un cast di giovani promesse e solide realtà che comprende Mark Ruffalo e Hugh Laurie e forte di una notevole cura nella ricostruzione dello scenario cupo e disastrato della seconda guerra mondiale. Un potenziale di tutto rispetto, vanificato però da una narrazione che preferisce sempre la parola all’immagine, la spiegazione alla suggestione, l’abbozzo all’approfondimento, tradendo così alla fonte lo spirito del romanzo.

Tutta la luce che non vediamo: un adattamento poco ispirato

Tutta la luce che non vediamo
Cr. Atsushi Nishijima/Netflix © 2023

Tutta la luce che non vediamo ha per protagonisti la ragazza francese cieca Marie-Laure (Aria Mia Loberti) e il giovane soldato tedesco Werner (Louis Hofmann). Lei cresce nella Parigi poi invasa dai tedeschi insieme al padre (Mark Ruffalo), per poi rifugiarsi nella piccola cittadina di Saint-Malo insieme al prozio Etienne (Hugh Laurie); lui vive in un orfanotrofio insieme alla sorella Jutta (Luna Wedler), trovando come unico sbocco quello del Terzo Reich, che occupa proprio Saint-Malo. Ad accomunare i due giovani non è però solo il destino, ma anche uno strumento dal sempiterno fascino, la radio: Marie-Laure la utilizza per declamare con la sua suggestiva voce il capolavoro della letteratura Ventimila leghe sotto i mari, portando conforto a tante persone; Werner utilizza invece la radio e la sua abilità con essa per trovare un proprio posto nel mondo e per farsi strada nell’esercito, pur in netto contrasto con i dettami nazisti.

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Mentre le strade di Marie-Laure e Werner si intersecano fra continui salti avanti e indietro nel tempo, intorno a loro scorre la storia più terribile e spaventosa, ma anche un mistero che coinvolge il padre di lei Daniel e un prezioso gioiello, da lui trafugato ma contemporaneamente al centro dell’attenzione dell’ufficiale nazista Reinhold von Rumpel (Lars Eidinger). Tutta la luce che non vediamo diventa così la speranza, che anche in un contesto tragico come la seconda guerra mondiale riesce comunque ad affiorare e a farsi strada in mezzo all’oscurità.

Tutta la luce che non vediamo pecca di didascalismo e superficialità

Tutta la luce che non vediamo
Cr. Doane Gregory/Netflix © 2023

Tutta la luce che non vediamo è una storia che reclama a gran voce il fascino delle sfumature, l’abilità nell’incunearsi fra il buio e il chiarore, evidenziando come nessuno dei due possa esistere senza l’altro. Un approccio che costituisce il punto di forza del romanzo, totalmente disperso però nel lavoro di Steven Knight e Shawn Levy, che al contrario opta per il didascalismo e per l’appiattimento totale dei propri protagonisti, concentrandosi inoltre su sottotrame e personaggi del tutto marginali, penalizzando ulteriormente l’insieme. Una scelta francamente inspiegabile, che denota mancanza di fiducia nei confronti di un materiale di partenza di indubbio valore, evidenziata anche dall’utilizzo ridondante ed eccessivo della tronfia colonna sonora di James Newton Howard, nel tentativo di dare spessore e intensità al racconto.

Un’operazione di cui non ci sarebbe alcun bisogno, dal momento che gli elementi più interessanti di Tutta la luce che non vediamo sono in bella vista, pronti per essere sfruttati: la connessione fra persone diverse e lontane rese possibile dalla radio, la grandezza della Storia contrapposta alle tante piccole storie che la compongono, il continuo intersecarsi fra bene e male nei contesti più disperati. L’opera di Steven Knight e Shawn Levy toglie invece ogni suggestione dalla radio, si rifugia nei più abusati e stantii stereotipi sulla guerra e affetta con l’accetta i propri personaggi, privandoli di spessore nella ricerca di un manicheismo in aperto contrasto con la natura stessa del racconto. A esplorare le sfumature e le complessità restano solo due interpreti d’eccezione come Mark Ruffalo e Hugh Laurie, uniche talentuose luci che vediamo nell’oscurità di un adattamento poco ispirato e facilmente dimenticabile.

Un’opera fredda e incolore

Cr. Atsushi Nishijima/Netflix © 2023

Tutta la luce che non vediamo si trasforma così nella negazione dei suoi presupposti, trasformando un racconto fatto di cuore, umanità e insopprimibile amore in un’opera fredda e incolore, che con il passare dei minuti e degli episodi (solo 4) assumente sempre più i contorni di un’ottima occasione sprecata.

Tutta la luce che non vediamo è disponibile dal 2 novembre su Netflix.

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Tutta la luce che non vediamo
  • Doerr, Anthony (Autore)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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