Negli ultimi giorni moltissime donne statunitensi stanno cancellando le App di monitoraggio del ciclo dal proprio smartphone. Il motivo? Temono che i dati raccolti dalle applicazioni possano essere utilizzati contro di loro in futuri – ed eventuali – procedimenti penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale dopo il ribaltamento della sentenza Roe. Una tendenza che era già iniziata qualche settimana fa, quando era trapelata una bozza della decisione della Corte Suprema. E che poi si è inevitabilmente intensificata negli ultimi giorni. Ma hanno davvero ragione le statunitensi a temere per la propria sicurezza? E soprattutto, se così fosse, dovremmo cominciare anche noi a guardare con un occhio diverso le App per il monitoraggio del ciclo mestruale?
App per il ciclo e diritto all’aborto: qual è il legame effettivo?
La questione dell’annullamento del diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti sta avendo incredibili ripercussioni sulla vita delle persone. In particolare, le donne stanno eliminando dal proprio smartphone le App per il ciclo mestruale, temendo che i pubblici ministeri possano accedere a dati privati durante eventuali procedimenti penali. “Se stanno cercando di perseguire una donna per aver abortito illegalmente, possono citare in giudizio qualsiasi App sul loro dispositivo, comprese quelle del monitoraggio del ciclo – così afferma l’avvocato Sara Spector -. Ma ogni azienda ha la propria politica di archiviazione e privacy individuale su come utilizzano e per quanto tempo archiviano i dati“.
Clue, uno dei tracker più utilizzati negli US, ha dichiarato di essere “impegnata a proteggere” i dati sanitari privati delle utenti e di operare secondo le leggi europee del GDPR. Pertanto, l’App non tiene traccia della posizione di chi la utilizza, e non archivia dati personali sensibili senza un permesso esplicito. Anzi, la società proprietaria dell’App ha dichiarato di avere il “dovere legale primario ai sensi del diritto europeo” di non divulgare alcun dato sanitario privato. E ha precisato che “non avrebbe risposto a nessuna richiesta di divulgazione o tentativo di citazione in giudizio dei dati sanitari dei propri utenti da parte delle autorità statunitensi“. Ma il fatto che Clue appartenga ad una società europea, non significa che i dati raccolti dall’App sia del tutto salvi dalle autorità degli US.
Flo, la seconda App per il ciclo mestruale più utilizzata negli US, ha invece un approccio del tutto diverso. Già in passato, infatti, è stata indagata per aver condiviso i dati delle utenti con Facebook, informando la piattaforma quando una donna aveva il ciclo o era intenzionata a rimanere incinta. In seguito a questo espisodio, la società madre dell’applicazione ha raggiunto un accordo con la Federal Trade Commission. In base a questo, l’App deve sottoporsi a una revisione della sua politica sulla privacy e ottenere le autorizzazioni dell’utente prima di condividerne le informazioni. E questo conferma che l’applicazione possa condividere i dati con le autorità di riferimento, laddove necessario.
Leggermente diversa, in questo senso, è l’App Salute di Apple, che integra una funzione per il monitoraggio del ciclo mestruale. Questa risulta notevolmente più sicure di altre App simili, perchè consente di disattivare la memorizzazione dei dati sanitari in iCloud. E di archiviare i dati crittografati su iPhone o altri dispositivi. Una soluzione che potrebbe impedire alle autorità o alle aziende di terze parti di accedere alle informazioni sensibili degli utenti. Eppure, sono rare le applicazioni che propongono l’archiviazione locale dei dati. E questo rappresenta un enorme problema dopo l’annullamento del diritto costituzionale all’aborto.
Perchè è importante proteggere i dati sensibili dei tracker mestruali
Dopo che la Corte Suprema ha rovesciato la sentenza Roe, ci sono state molte lamentele riguardo la limitazione della libertà delle donne sulla propria salute riproduttiva. E altrettante per quanto riguarda la possibilità delle autorità statunitensi di accedere ai dati sensibili delle utenti dalle App per il monitoraggio del ciclo. Non a caso, Nancy Pelosi ha dichiarato che il suo partito intende formulare una normativa a tutela di questi dati. In particolare, questi sarebbero i tre punti cardine della nuova legislazione:
- proteggere i dati più intimi e personali delle donne archiviati nelle App per la salute riproduttiva. In questo modo si eviterebbe che un procuratore possa utilizzarli in eventuali procedimenti penali nei Paesi in cui è stato vietato l’aborto
- chiarire che i cittadini americano hanno il diritto costituzionale di viaggiare liberamente e volontariamente negli Stati Uniti, il che rende possibile spostarsi in Paesi in cui l’aborto è ancora legale
- approvare il Women’s Health Protection Act.
In realtà non è ancora chiaro come funzionerà la normativa. Ma è possibile che l’accesso a questi dati possa essere reso illegale per terze parti, comprese le forze dell’ordine. Un’opzione che renderebbe senza dubbio più semplice la vita delle donne statunitensi nei Paesi in cui è stato sancito il divieto all’aborto.
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