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Assistenti vocali: l’Ue contro lo strapotere delle Big Tech

Possibili nuovi indagini dell’Antitrust

L’Unione Europea cerca in ogni modo di mettere un freno allo strapotere delle Big Tech, ovvero i colossi dell’universo tech.

E stavolta lo fa prendendo di mira il mercato degli assistenti vocali. Il timore è quello che Alexa, Siri e Assistant mettano a serio rischio la concorrenza.

La conseguenza è che l’Antitrust nei prossimi mesi potrebbe dare il via a specifiche indagini in questa direzione.

Scopriamo perché l’Unione Europea si è mossa contro il predominio delle big tech nell’universo degli assistenti vocali. Vediamo poi quali altre misure l’Ue ha preso proprio nelle scorse ore per limitare il potere dei grandi marchi mondiali dell’industria tecnologica.

Assistenti vocali nel mirino dell’Ue

Lo stimolo è stato dato dalle indicazioni fornite da più di 200 aziende di settore attive in Europa, Asia e Usa, e da una consultazione pubblica.

I dati raccolti hanno spinto l’Ue a indagare sulle pratiche esclusive e vincolanti di vendita e uso degli assistenti vocali di Google, Amazon e Apple. Ovvero, rispettivamente, Assistant, Alexa e Siri. Saranno monitorate le modalità di massiccia raccolta di dati degli utenti e la creazione di un mercato che di fatto impedisce lo sviluppo della concorrenza.

Margrethe Vestager
Margrethe Vestager

Le parole di Margrethe Vestager

A illustrare gli esiti dell’indagine di settore è stata Margrethe Vestager, vicepresidente dell’Unione Europea.

Ha detto Vestager: “Il settore dell’Internet delle cose sta diventando sempre più parte della nostra vita quotidiana. I risultati finali della nostra indagine di settore confermano le preoccupazioni individuate nella relazione preliminare. Questo è un mercato con elevate barriere all’ingresso, pochi attori integrati verticalmente e criticità sull’accesso ai dati, l’interoperabilità o le pratiche esclusive”.

Proprio l’indagine di settore potrebbe portare l’Antitrust ad avviare nuove iniziative. Allo stesso tempo, la vicepresidente Ue si augura che l’attuale situazione stimoli le aziende concorrenti “ad affrontare in modo proattivo queste preoccupazioni”. In questo senso, continua Vestager, “la Commissione prende atto della recente revisione da parte di Amazon di alcune delle condizioni applicabili ai suoi servizi di riordino automatico e intelligente dei prodotti”.

Il down di Alexa

Curiosa coincidenza: proprio nelle ore in cui l’Unione Europea esprime preoccupazioni per il dominio di Big Tech, l’assistente vocale di Amazon ha fatto le bizze.

Alexa, nella giornata di venerdì 21 gennaio, ha creato problemi in tutto il mondo, con disservizi e down improvvisi. Oppure non riconoscendo gli input degli utenti. Solo nel nostro Paese, come abbiamo riportato in un altro articolo, in poche ore ci sono state più di 600 segnalazioni di malfunzionamento dell’assistente vocale di Amazon. Alexa ha risposto a qualunque sollecitazione con un messaggio di errore.

Difficoltà sono state riscontrate anche sui servizi di cloud computing Amazon Web Services.

Intorno alle 12.00 (ora italiana) il problema sembra rientrato. Siamo in attesa di una nota di Amazon, anche per conoscere la causa del prolungato disservizio globale.

Il Digital Services Act

L’interesse dell’Unione Europea nei confronti del controllo di Big Tech sugli assistenti vocali è solo una delle mosse fatte dall’Europa per limitare il potere dei colossi del tech.

È recentissima, di giovedì 20 gennaio, la votazione in plenaria del Parlamento Europeo. A essere approvato è stato il testo sul Digital Services Act, la proposta di regolamento europeo che contiene le nuove norme sugli intermediari online, comprese le Big Tech. È solo una proposta del testo finale, che ora il Parlamento Europeo discuterà con i governi nazionali. Il primo appuntamento è fissato per il 31 gennaio.

Cos’è il Digital Services Act

Il Digital Services Act è stato presentato dalla Commissione europea il 15 dicembre 2020.

Si tratta di un testo che ripensa le norme sulla trasparenza delle piattaforme. E obbliga a reportizzare la moderazione dei contenuti, lasciando la possibilità agli utenti di contestare le decisioni prese.

Il testo approvato

Il testo del Digital Services Act è stato approvato il 20 gennaio in assemblea plenaria con 530 voti favorevoli, 78 contrari e 80 astenuti.

Tra le principali misure contenute nella proposta, la rimozione dei contenuti illegali o nocivi e una maggiore trasparenza sugli algoritmi. Oltre alla responsabilità legale delle Big Tech nei confronti degli utenti, che avranno più opzioni per negare il consenso alla pubblicità mirata.

Insomma, una serie di norme che spostano l’ago della bilancia dai colossi tech ai fruitori dei loro servizi.

Ha detto l’eurodeputata Christel Schaldemose, responsabile del dossier per il Parlamento Ue: “Le piattaforme online sono diventate sempre più importanti nella nostra vita quotidiana, portando nuove opportunità, ma anche nuovi rischi. È nostro dovere assicurarci che ciò che è illegale offline sia illegale online. Dobbiamo assicurarci di mettere in atto regole digitali a beneficio dei consumatori e dei cittadini”.

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