Nella storia ormai piuttosto lunga di questa rubrica, non abbiamo mai parlato di prodotti italiani. Questo perché, bisogna ammetterlo, il nostro Paese raramente ha sfornato titoli in grado di rivaleggiare con le produzioni estere. Tipicamente in Italia serialità significa soap opera, in senso stretto (si pensi a Vivere o CentoVetrine) o in senso allargato (tutto da Un medico in famiglia a Carabinieri). Tuttavia “raramente” non significa mai e ci sono diverse piccole perle che meritano il proprio riconoscimento. Una di queste è proprio Boris, un titolo assolutamente peculiare che al contempo risulta diverso da tutto il resto, spiega perché la serialità italiana sta andando in questa direzione e perché non cambierà nel futuro. Ma non corriamo. Vediamo insieme passo passo perché guardare Boris…
Boris ci porta lì, su quei set
Usando lo stratagemma delle scatole cinesi, Boris ci racconta di una serie televisiva immaginaria, Gli occhi del cuore, una fiction italiana pasticciona, arrangiata e sfortunata. Tuttavia, la Rete ha deciso di darle un’altra chance, in un orario più consono. Parte così la produzione della seconda stagione, chiamata come da tradizione Gli occhi del cuore 2. Un racconto di ospedali, pazienti, pacchetti azionari, anelli misteriosi e soprattutto relazioni amorose intricate e parentele da dipanare.
È su questo set che arriva Alessandro, nuovo stagista di regia. Sarà attraverso il suo sguardo emozionato di fare il debutto nella ‘fabbrica dei sogni’ che vedremo la scalcagnata troupe alle prese con questo prodotto. Uno sguardo che si farà sempre più disilluso a scoprire ciò che si nasconde dietro la facciata. Un mondo fatto di sgambetti dietro le quinte, di lavori fatti “alla cazzo di cane”, di odio, protezioni politiche e cinismo.
Grazie ad Alessandro conosciamo tutte le figure assurde che popolano il set, dal regista René Ferretti, all’attore egomaniaco Stanis, alla incapace Corinna, il sottomesso Lorenzo, il pigro e cocainomane Duccio e la rigida Arianna. Tutti personaggi che affascinano immediatamente, ma soprattutto con quasi solo lati oscuri. Solo alcuni hanno davvero possibilità di redenzione e spesso questa speranza viene malamente schiacciata.
Attraverso loro viviamo l’esperienza folle di un set di un prodotto seriale italiano. Un susseguirsi di occasioni e interazioni, una più pazzesca dell’altra. Tutte però incredibilmente meno lontane dalla realtà di quanto si possa pensare. Perché Boris fondamentalmente è questo: una luce fortissima sul mondo della tv tricolore, di quelle che solo Duccio saprebbe realizzare con il suo “Apri tutto, Biascica!“.
Perché in fondo Boris è un documentario
Non bisogna farsi ingannare dallo stile caricaturale con cui ci si presentano i diversi personaggi di Boris. Ciascuna di quelle figure esagerate, al limite del grottesco, sono le stesse che si possono trovare davvero sul set. Anzi, se provate a parlare con chi lavora o ha lavorato in quel settore, potrà raccontarvi storie che testimoniano quanto Boris sia in realtà quasi moderata nel proprio ritratto dell’ambiente.
Tutto vero quindi e a tratti doloroso da vedere. Perché il mondo che questo show ritrae è decisamente in contrasto con quella favola idilliaca che un appassionato di TV o cinema si può immaginare. E così come il buon Alessandro dovrà scontrarsi fin da subito con la durissima realtà e scoprire quante rinunce, compromessi e momenti duri dovrà affrontare, un simile percorso dovrà fare lo spettatore. In questo senso Boris è una luce fortissima sul nostro show business. Non è solo una questione di illuminare a giorno anche gli aspetti più oscuri, ma di rendere il tutto difficile da vedere.
L’apice in questo senso si tocca con la terza stagione (e il film che a essa è seguito). Qui gli autori puntano ancora più in alto e offrono una delle analisi più ciniche che si possano realizzare, che però resta lucidissima e perfettamente aderente alla realtà.
E così le tante risate che – sia chiaro – questa serie regala, assumono un retrogusto sempre più amaro. Non calano d’intensità, anzi se possibile aumentano, ma lo fanno accompagnate da un carico di realtà, che raggiunge lo spettatore in un secondo momento.
Al contempo, questa serie è praticamente un vocabolario
Se è credibile che non abbiate ancora visto Boris, già più difficile è pensare che non ne abbiate mai sentito parlare. Nonostante siano passati quasi dieci anni dall’uscita in sala del film che ha concluso lo show (sebbene si stiano intensificando le voci di un revival…) la “fuoriserie italiana” è ancora amatissima dal suo pubblico e il web è inondato ancora oggi di meme e citazioni. Addirittura a Sanremo 2021 è presente una canzone che omaggia proprio questo progetto.
Questo successo deriva da una miriade di fattori coincidenti, ma uno spicca su tutti: la qualità della scrittura. Quello che Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e il compianto Mattia Torre sono riusciti a realizzare è incredibile. Virtualmente ogni secondo di Boris è intriso di fascino e diventa immediatamente memorabile.
Non stiamo parlando solamente dei tormentoni. Certo, dopo la prima (di numerose, mettetelo in conto) visione vi resteranno sicuramente in mente le frasi e i concetti chiave, da “Dai, dai dai!“, a “troppo italiano” a “bucio de culo” (peraltro parodia del concetto stesso di tormentone comico). Tuttavia, lentamente vi renderete conto che a restare impressi saranno anche tantissimi altri momenti dello show, fugaci ma irreversibilmente memorabili.
È difficile trovare un momento in cui una citazione di Boris non trovi una qualche applicazione. Presto sarete conquistati dal fascino di questo show e vi troverete a interrogarvi su cosa sia un pacchetto azionario, a promettere quaglie per la Festa della Repubblica, a invocare il pagamento degli straordinari d’aprile e molto altro ancora.
Boris è quindi uno dei prodotti più meritevoli, non solo della serialità italiana, ma con i dovuti paragoni della storia della televisione nel suo complesso. Uno show che non può assolutamente mancare nel bagaglio culturale di un appassionato, sia che voglia capire i meccanismi dello show business tricolore che semplicemente godersi una serie eccezionale. “Eeee… Buona!“.
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