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Ora quella di content creator è una professione legalmente riconosciuta

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È fin superfluo ricordare ai lettori di Tech Princess che la tecnologia sta modificando il mondo. E che una delle prove tangibili, a parte la nostra attitudine a un rapporto sempre più stretto con i device, è il modo repentino in cui stanno cambiando le professioni.

La classe operaia, un tempo era impiegata in catena di montaggio, probabilmente oggi indossa la cuffia e lavora nei call center. Tutto si sta automatizzando e digitalizzando, e se è vero che le macchine stanno sottraendo posti di lavoro, va da sé che ne generano altri. Quelli, ad esempio, di chi queste macchine sa progettarle, gestirle, aggiustarle.

I social e i nuovi mestieri

C’è poi un discorso vastissimo che investe le piattaforme social. Le quali, se in un primo momento si sono imposte come luoghi virtuali del divertimento e della socialità, ultimamente stanno avendo un ruolo cruciale almeno da altri due punti di vista. Quello dell’informazione, dove affiancano i media tradizionali, dei quali sono complementari (offrendo un’informazione più rapida e spesso più nelle corde di giovani e giovanissimi). E quello più generico dell’offerta di contenuti. Qui si spazia dal versante squisitamente pratico (si pensi ai tutorial) a quello ludico. Da quello della condivisione di esperienze e passioni a quello verticale della… somministrazione di norme comportamentali (il nostro modo spiritoso di definire gli influencer).

Ecco, insomma, nascere un nuovo mondo in cui una grande quantità di persone, abili e capaci di indovinare il linguaggio giusto, hanno creato professioni inedite. Oltre che decisamente remunerative, come appunto nel caso degli influencer, sui cui guadagni abbiamo scritto di recente.

Ma come spesso accade, la realtà va più svelta della legge: le professioni ci sono, ma non hanno ancora un effettivo riconoscimento. Tuttavia, qualcosa in questa direzione pare stia cambiando.

Nasce ufficialmente la figura del content creator

Content creator è locuzione inglese immediatamente traducibile. E racchiude una vasta gamma di declinazioni: da Khaby Lame, che con i suoi oltre 142 milioni di follower è il personaggio più seguito al mondo su TikTok, allo streamer, o al podcaster seguito solo dai propri zii.

Questa variegata attività è adesso diventata una professione. Infatti, martedì 2 agosto il Senato ha approvato la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2001 (più nota come DDL Concorrenza). All’interno della quale, un emendamento riconosce come professione a tutti gli effetti quella del content creator. È stata anche creata una nuova categoria professionale ad hoc.

Il testo dell’emendamento

Ecco le righe dell’emendamento al DDL concorrenza che introducono il nuovo mestiere del content creator.

“Art. 28. Al comma 1, dopo la lettera l), aggiungere le seguenti:

l-bis) individuazione di specifiche categorie di controlli per i creatori di contenuti digitali, tenendo conto dell’attività economica svolta;

l-ter) previsione di meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie tra creatori di contenuti digitali e relative piattaforme.”

Quando e come è nato tutto

La battaglia per il riconoscimento legale è nata mesi fa, su impulso del WMF (Web Marketing Festival).

Il cui ideatore Cosmano Lombardo aveva tenuto, il 10 giugno del 2021, un’audizione alla Camera. Lombardo aveva creato un tavolo di lavoro composto da alcuni tra i maggiori content creator del nostro Paese, come Andrea Ciraolo, da noi recentemente intervistato.

L’obiettivo era la tutela e la disciplina di questi nuovi profili lavorativi. In poco più di un anno, dunque, il risultato ottenuto sembra proprio del tutto soddisfacente.

Le dichiarazioni di Cosmano Lombardo

Lo stesso Lombardo ha dichiarato: “Il settore digital & tech può festeggiare il primo, importante passo verso il riconoscimento giuridico e fiscale di una delle nuove figure professionali che lo caratterizzano.

La Creator Economy, così come il mondo startup e in generale il reparto digital-tech italiano che sta trainando il nostro paese ha bisogno di un punto di svolta per continuare a giocare questo ruolo, garantire occupazione, contribuire alla digitalizzazione e non perdere competitività a livello internazionale. Affinché ciò accada, è necessario abbattere i costi del lavoro, costituire un Contratto Nazionale per i lavoratori di imprese digital-tech e startup, creare codici ATECO per tutte le nuove professionalità emerse negli ultimi due decenni e abbattere il sistema contrattuale a livelli adeguandolo ai meccanismi attuali.”

Ed è solo l’inizio

Così prosegue Cosmano Lombardo. “Si tratta di una vittoria per il settore digitale italiano e porterà significativi miglioramenti per i creatori di contenuti digitali. Questo risultato, però, costituisce anche un apripista verso una discussione più ampia per il riconoscimento delle dinamiche del settore digital & tech italiano.”

Pensiamo ad esempio alla controversa questione del settore eSport e delle sale LAN. Non solo ancora lontani da un riconoscimento ufficiale, ma vittime nei mesi scorsi di inopinate chiusure.

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