Coachella Festival 2012. Il prossimo pezzo in scaletta sarebbe Everything In It’s Right Place, che dovrebbe chiudere il primo dei due bis dei Radiohead, ma Thom Yorke, da anarchico musicale quale era (ed è), attacca con un’incredibile melodia di soli 30 secondi. Il testo è su una nave spaziale, o qualcosa del genere. Intanto, dall’altra parte del mondo, un ventenne che dieci anni dopo avrebbe scritto questo articolo, stava seguendo il concerto in streaming. Quel ragazzo, sconvolto da quei 30 secondi, pensava “questa è la melodia più bella che io abbia mai ascoltato”. E mentre i Radiohead finalmente chiudevano il loro set, quel ventenne cercava su Google parti del testo per capire cos’era quella cosa che aveva appena ascoltato. Era After the Gold Rush, di Neil Young, dall’album omonimo After the Gold Rush del 1970.
After The Gold Rush: il passato, il presente e il futuro del pianeta
La canzone veicola un chiaro messaggio ambientalista, e si dirama attraverso tre strofe che simboleggiano tre diversi momenti storici: il passato, il presente e il futuro. La musica che diventa quindi una macchina del tempo, accompagnando gli ascoltatori prima in un’epoca medievale, poi nella contemporaneità e infine nel momento in cui l’umanità finirà, con un tocco velatamente sci-fi e apocalittico.
Il passato
Well I dreamed I saw the knights in armor comin’
Sayin’ something about a queen
There were peasants singin’ and drummers drummin’
And the archer split the tree
There was a fanfare blowin’ to the sun
That was floating on the breeze
Possiamo presupporre che la prima strofa sia ambientata nel Medioevo, tra soldati in armatura e arcieri. Neil Young ci descrive, utilizzando l’espediente del sogno, una vita apparentemente felice, fatta di fanfare e musiche per l’imminente arrivo di una regina. Un periodo storico in cui l’uomo non aveva ancora preso il sopravvento sulla natura.
Look at Mother Nature on the run in the 1970s
Young è sempre stato molto attento alle tematiche ambientaliste, e in questo verso rimarca la condizione del Pianeta nel 1970, quando After the Gold Rush è stata pubblicata.
Il Presente
I was lyin’ in a burned out basement
With the full moon in my eyes
I was hopin’ for replacement
When the sun burst though the sky
There was a band playin’ in my head
And I felt like getting high
Flash forward: lontani sono i canti medievali della prima strofa. Cambiano infatti tutte le immagini: siamo in uno scantinato dissestato, mentre fuori il sole appare come una palla infuocata: probabilmente un riferimento al surriscaldamento globale.
I was thinkin’ about what a friend had said
I was hopin’ it was a lie
Negli anni ’70 non c’era internet e neanche troppa consapevolezza in merito alle questioni ambientali. Il protagonista viene informato sul disastroso stato del pianeta da un amico. E spera sia tutta una bugia.
Il futuro
Well, I dreamed I saw the silver space ships flyin’
In the yellow haze of the sun
There were children cryin’ and colors flyin’
All around the chosen ones
All in a dream, all in a dream
The loadin’ had begun
A questo punto After The Gold Rush ci trasporta in un futuro indefinito, quando l’umanità ha ormai distrutto il proprio pianeta e si prepara all’esodo. Utilizzando ancora l’espediente narrativa del sogno (lo stesso della prima strofa), Neil Young ci descrive uno scenario fatto di astronavi d’argento che squarciano il cielo. Un gruppo di persone si riunisce intorno a quelli che vengono chiamati “i prescelti”, probabilmente gli Adamo ed Eva del futuro, che voleranno su nuovi pianeti nel tentativo di preservare la specie umana. Nel frattempo i bambini piangono e il cielo è di mille colori. Un’immagine diametralmente opposta a quanto descritto nella prima strofa.
Flying Mother Nature’s silver seed
To a new home in the sun
L’ultima frase sottolinea che le astronavi, chiamate non a caso “il seme d’argento di Madre Natura”, porteranno i prescelti verso “una nuova casa nel Sole”.
Il significato della canzone secondo Neil Young e il progetto di una sceneggiatura
Nella sua autobiografia uscita nel 2012, Neil Young ha spiegato che la canzone faceva parte di un più ampio progetto. After the Gold Rush avrebbe infatti dovuto essere un concept album basato su una sceneggiatura di Dean Stockwell. Il film avrebbe dovuto raccontare un’apocalisse climatica che avrebbe distrutto la California. Il titolo stesso dell’album (e della canzone) sono un riferimento proprio allo stato americano, nato a seguito della corsa all’oro (Gold Rush). Ecco come l’ha descritta Young stesso:
“After The Gold Rush è una canzone sull’ambiente. Solo oggi rivedo nelle mie canzoni alcuni aspetti ricorrenti, come ad esempio questa cosa dei viaggi nel tempo. È un concetto che mi ossessiona. A volte guardo fuori dalla finestra di casa mia e penso ‘chissà com’era questo stesso posto 100 anni fa’”
Inoltre, parlando di After the Gold Rush in un’intervista del 1992, Young disse: “C’è una scena che ricorda molto Robin Hood nella prima strofa, poi c’è il presente con riferimenti al fuoco e poi un futuro in cui l’aria è gialla e rossa, le astronavi stanno partendo ma solo alcune persone possono salire e salvarsi, mentre altre no. Penso che prima o poi accadrà così”.
Nel suo libro Shakey, il giornalista e scrittore Jimmy McDonough ha scritto quanto segue della canzone: “Accompagnato da un triste corno francese, Young solletica i tasti del pianoforte e ci canta una storia di viaggi nel tempo che culminano in un esodo verso un altro pianeta”.
La versioni live e quel sottile cambiamento nel testo
Raramente After The Gold Rush manca l’appuntamento in scaletta durante i live del leggendario cantautore. Young, nel corso degli anni, ne ha proposte varie versioni, quasi tutte pianoforte e voce (o al limite organo e voce). Per sopperire alla mancanza live dei fiati, l’artista è solito sostituire l’assolo di corno con un’armonica a bocca.
Una delle differenze sostanziali però sta nel testo. Young è un cantautore molto attento all’uso delle parole, ed è per questo che, finiti gli anni ‘70, ha modificato la frase “Look at Mother Nature on the run in the 1970s”, cambiandola in in “Look at Mother Nature on the run in the 21st century“.
I numerosi artisti che hanno coverizzato After The Gold Rush
Oltre alla versione dei Radiohead, che ha aperto questo articolo, il brano è stato oggetto di rivisitazione da parte di numerosissimi artisti come Dave Matthews, Tim Reynolds, Tori Amos e i The Flaming Lips.
Nel 1974 ebbe particolare successo la versione dei Prelude, interamente a cappella, che entrò nelle Top 40 di numerosi Paesi (tra cui Regno Unito e USA).
Particolarmente riuscita è anche la versione di Patti Smith, inclusa nell’album Banga (2012). La cover, essenzialmente acustica, vede un pianoforte e una chitarra acustica accompagnare l’inconfondibile voce della poetessa del rock. Nel finale invece c’è uno straniante coro di bambini.
Patti Smith è solita suonare la cover dal vivo, è l’ha eseguita anche nel recente tour che ha fatto tappa a Pompei e Roma nell’estate 2022. L’artista ha introdotto la canzone sottolineando la necessità di una maggiore attenzione al benessere del pianeta.
Billy Corgan, frontman degli Smashing Pumpkins, ha tenuto a lungo tempo una propria cover del brano nelle sue scalette live.
Infine segnaliamo la cover delle Trio, supergruppo composto da Dolly Parton, Linda Ronstadt e Emmylou Harris. Parton ha dichiarato di aver chiamato direttamente Neil Young per chiedergli delucidazioni in merito al significato della canzone. Stando a Dolly Parton, Young avrebbe risposto: “non so di cosa parla esattamente”.
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