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Dentro la Canzone: The Suburbs degli Arcade Fire ci ricorda com’è difficile diventare adulti

In my dreams we're still screaming

Tra tutti i sentimenti possibili, la nostalgia è l’unico in grado di fuggire a qualsiasi tipo di catalogazione. Quando siamo nostalgici non siamo mai felici davvero, né tantomeno siamo tristi. Quando siamo nostalgici sorridiamo e ci rattristiamo nello stesso momento. Con The Suburbs, i texo-canadesi Arcade Fire, ci restituiscono proprio quelle stesse sensazioni, raccontandoci com’è difficile crescere, quando più nessuno vuole giocare alla guerra con te.

La canzone, oltre a essere la title-track dell’omonimo disco uscito nel 2010, è stata il primo singolo dell’album, il terzo della band. E il terzo a essere apprezzato all’unanimità da pubblico e critica. Al punto che vinse un Grammy Awards nel 2011 come Album dell’Anno, il primo disco indipendente nella storia a raggiungere tale riconoscimento.

“Il fenomeno più elettrizzante del pianeta” scrisse di loro Q Magazine all’uscita del seocondo album Neon Bible. Ma il mondo ancora non sapeva che la band stava preparando un concept-album-capolavoro: The Suburbs, che diventerà poi anche un cortometraggio diretto da Spike Jonze. Ma andiamo con ordine, e partiamo proprio dalla canzone che dà il titolo all’album. Canzone che in realtà è divisa in due parti, che aprono e chiudono il disco.

Un incontro fortuito con un amico di infanzia ispira The Suburbs

Dietro le grandi canzoni c’è sempre una bella storia. Win e Will Butler, fratelli e co-fondatori degli Arcade Fire, sono cresciuti Woodlands, un sobborgo di Houston, dove hanno studiato e hanno vissuto per circa 12 anni. Molti anni dopo, quando la band stava orma riscuotendo i primi successi, il frontman Win (il più grande dei due) riceve una foto da parte di un suo amico d’infanzia. Lo scatto ritrae il suo vecchio compagno di scuola all’uscita da un supermercato, a Woodlands, con sua figlia sulle spalle. Win comincia quindi a ricordare com’era la vita in quella cittadina, come sono cambiati gli edifici, e com’è cambiata la vita del suo amico .

“La combinazione nel vedere quel luogo familiare, e vedere il mio amico con sua figlia, mi ha dato tantissime emozioni diverse” racconterà successivamente lo stesso Win Butler. “Mi sono ritrovato a cercare di ricordare la città in cui siamo cresciuti, e a cercare di ripercorrere il più possibile le nostre vite da bambini. Molti dei miei eroi, da Bob Dylan a Joe Strummer, erano ragazzini di periferia che hanno dovuto fingere di essere assaltatori di treni per tutta la vita. Con The Suburbs volevo fare qualcosa di diverso: volevo parlare della vera vita di periferia, quella che ho effettivamente vissuto”.

Parlando di come viene rappresentata la cittadina nel brano, che appare come un luogo apocalittico e senza speranza, Win Butler ha dichiarato: “Non mi interessava esprimere un giudizio morale, per me si trattava di dire la verità, descrivere i sentimenti esatti che provavo. Volevo scrivere di quei momento, e di quel senso di presagio di apocalisse. In qualche modo le periferie hanno sempre una prospettiva apocalittica“.

Dentro al testo di The Suburbs degli Arcade Fire

In the suburbs I, I learned to drive
And you told me we’d never survive
Grab your mother’s keys, we’re leaving

Nella prima strofa la canzone ci offre il contesto: due adolescenti, probabilmente due fratelli come Will e Win, che stanno crescendo troppo in fretta in un luogo che non ha nulla da offrirgli. I due pianificano, o forse sognano e basta, di scappare: rubare le chiavi dell’auto della madre e andare via

You always seemed so sure
That one day we’d be fighting in a suburban war:
Your part of town against mine
I saw you standing on the opposite shore
But by the time the first bombs fell
We were already bored

“Sei sempre stato convinto che un giorno avremmo combattuto una guerra nei sobborghi: la mia parte della città contro la tua. Ma quando cadevano le prime bombe, eravamo già annoiati”. Questo verso potrebbe essere un riferimento ai giochi che i due facevano da bambini, immaginandosi di combattere una guerra, perchè nei sobborghi era tutto così terribilmente noioso e piatto. Talmente piatto che i due si annoiano del gioco stesso. Il riferimento alla lotta può essere inteso anche come il bisogno di combattere contro l’inevitabile giovinezza che sfiora, portando tutti nell’età adulta. Un concetto che ritorna spesso nell’intero album e nel film di Spike Jonze (di cui parleremo tra poco).

Sometimes I can’t believe it
I’m moving past the feeling

In numerosissimi testi del disco c’è il riferimento a “the feeling” (letteralmente “il sentimento”), che è presente qui anche nel ritornello. Il sentimento in questione potrebbe essere proprio la nostalgia, la quale non si può combattere: ci assale e basta, lasciandoci a galleggiare in un mare di ricordi.

The kids want to be so hard
But in my dreams we’re still screaming and running through the yard
When all of the walls that they built in the seventies finally fall
And all of the houses they built in the seventies finally fall
Meant nothing at all
It meant nothing

Nella seconda strofa Win riflette su come tutte quelle persone che ora giocano a fare i duri, una volta erano solo bambini che correvano e gridavano nei prati. Ragiona, poi, su come cambia la città, la sua urbanistica. Quei muri e quegli edifici degli anni ’70, che non rappresentavano nulla, non ci sono più.

So can you understand why I want a daughter while I’m still young?
I want to hold her hand and show her some beauty before this damage is done
But if it’s too much to ask If it’s too much to ask
Then send me a son

Il tempo passa, e nella terza strofa i due sono un po’ più adulti, sebbene siano ancora bloccati in quello stesso sobborgo che comincia a stargli sempre più stretto. Uno dei due dice “ora capisci perchè voglio una figlia anche se sono così giovane? Voglio stringerle la mano e mostrarle le bellezze del mondo, prima che sia troppo tardi”. Ancora una volta il testo ci riporta al disagio di vivere in quello squallore. La figlia del protagonista dovrà nascere presto, così, a differenza del padre, potrà scappare via e girare il mondo, prima di abituarsi alla monotonia di quella vita da periferia. E dovrà nascere in fretta anche perchè così i due avranno più tempo per viaggiare – o scappare – insieme.

Under the overpass in the parking lot, we’re still waiting
It’s already passed
So move your feet from hot pavement and into the grass
‘Cause it’s already passed

Il finale della strofa ribadisce il concetto, affermando che “siamo ancora nel parcheggio aspettando il momento giusto, che però è già passato”.

In my dreams we’re still screaming

Dopo un ultimo ritornello, l’outro di The Suburbs è un doppio tuffo carpiato nei ricordi affiorati nella seconda strofa. Ricordi di quando i due urlavano e giocavano sotto quella stessa campana di vetro, il loro sobborgo, che li teneva lontani dal resto del mondo.

A questo punto la canzone finisce, e il disco prosegue affrontando i vari aspetti della vita nei sobborghi e del tempo che inchioda chi vorrebbe fermarlo. L’album si chiude con un brano di un minuto e 27 chiamato The Suburbs (continued) che consiste nella seconda parte di The Suburbs.

If I could have it back
All the time that we wasted
I’d only waste it again If
I could have it back
You know I would love to waste it again

In questo Win canta: “se solo potessi avere indietro il tempo che ho sprecato, so che lo sprecherei di nuovo. Amerei sprecarlo di nuovo”.

Le esibizioni live e quel “sent me the perfect son”

Durante le esibizioni live la band è solita eseguire entrambe le versioni insieme, come se fosse un unico brano. Inoltre Win Butler, da quando è divenuto padre nel 2013 (figlio avuto con sua moglie e compagna di band Regine Chassagne) ha cominciato a cambiare leggermente il testo durante le esibizioni dal vivo. Invece di cantare “send me a son” (“mandami un figlio”) nella terza strofa, Win ha cominciato a cantare “you sent me the perfect son” (“mi hai mandato un figlio perfetto”), generando quasi sempre un fragoroso applauso da parte del pubblico.

Il videoclip ufficiale e il cortometraggio di Spike Jonze: Scenes from the Suburbs

Il videoclip della canzone, uscita come primo singolo del disco, è stato diretto dal popolare regista Spike Jonze. Il video è infatti tratto da Scenes from the Suburbs, cortometraggio che Jonze ha deciso di realizzare dopo aver ascoltato il disco degli Arcade Fire. Il corto restituisce in modo magistrale il disagio adolescenziale di una compagnia di giovani ragazzi che sta entrando nell’età adulta, mentre la vita piatta dei sobborghi viene sconvolta da un gruppo di militari armati. 

Le vicende, raccontate in modo simbolico, portano i ragazzi a intraprendere strade diverse, mentre in città tutti sembrano ormai essere indifferenti alla presenza dei militari. I soldati, in tal senso, potrebbero rappresentare la vita stessa, quella adulta, che arriva senza avvisare e sconvolge il sognante mondo dei bambini.

Il cortometraggio è interamente girato a Austin, in Texas, e le riprese hanno anche spaventato alcuni abitanti. I cittadini di Austin erano infatti ancora turbati da una sparatoria avvenuta a Fort Hood pochi mesi prima. Quando hanno visto dei soldati armati, non hanno capito questi erano attori, e molti hanno allertato le forze dell’ordine.

I soldati in realtà, più che veri attori, erano principalmente membri della crew della band che si sono prestati alle riprese. Peraltro le elevate temperature, e le uniformi pesanti da loro indossate, hanno fatto quasi svenire alcuni di loro. Win Butler e Regine Chassagne appaiono in un breve cameo in cui interpretano degli agenti di polizia.

Infine vale la pena sottolineare che Scenes from the Suburbs ha lanciato la carriera dei due giovani attori Sam Dillon e Zoe Graham, che interpretano due degli adolescenti protagonisti. I due ragazzi hanno successivamente recitato in Boyhood di Richard Linklater, film con EthanHawke nominato agli Oscar nel 2014.

The Suburbs consegna gli Arcade Fire nell’Olimpo della musica

Il mondo non aveva certo bisogno di un ennesimo disco capolavoro per considerare gli Arcade Fire come una delle band più talentuose al mondo. Tuttavia The Suburbs ha fatto conoscere il gruppo anche ai meno attenti alla musica indipendente, rendendoli popolari in tutto il mondo.

The Suburbs è stato il primo album in assoluto al numero 1 degli Arcade Fire nel Regno Unito. Inoltre, gli Arcade Fire sono solo il secondo gruppo canadese in assoluto a raggiungere la vetta della classifica degli album in UK, (la band è per metà texana e metà canadese). L’altro gruppo sono stati i Nickelback.

Il disco ha vinto entrambi i premi Album of the Year e Alternative Album of the Year ai Juno Awards 2011, oltre al Songwriter of the Year e Group of the Year. Successo confermato anche in Canada, dove The Suburbs si è aggiudicato il Polaris Prize 2011, votato ogni anno dai critici musicali canadesi. Non si tratta di un dato scontato,  dato che la gran giurì di Polaris è storicamente reticente a premiare gli album dal grande successo commerciale.

L’intero album è stato registrato su nastro, in modo analogico, ed è stato missato su un mixer a valvole degli anni ‘40. Le tracce sono state prima masterizzate su vinile, per poi essere trasferite in digitale per i supporti CD. Lo stesso Butler descrive il disco come “un mix tra Depeche Mode e Neil Young”, affermando che voleva che l’album suonasse come “le band che ascoltavo quando ero giovane, con tutti quei suoni e rumori di fondo che non capivo cosa fossero”.

Oltre ai premi, The Suburbs ha ottenuto incredibili recensioni della stampa di settore. Mike Diver di BBC Music ha descritto l’album come il “capitolo più avvincente di sempre della band. Un lavoro complesso e accattivante. Potremmo definirlo il loro Ok Computer riferendosi al disco dei Radiohead che ne ha segnato la carriera.

Il critico di Spin, David Marchese, lo ha paragonato ai “romanzi di fantascienza di William Gibson con delle odissee chitarristiche tipiche dei Sonic Youth”. NME si è invece limitato a definirlo “semplicemente perfetto”. L’album è stato anche incluso nell’edizione 2011 del libro 1001 Album da ascoltare assolutamente  prima di morire.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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