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La (non) disponibilità di PlayStation 5 non è il vero problema

Dietro alla scarsità di PS5 si nasconde un problema molto più esteso: la crisi dei semiconduttori e della produzione di chip

La disponibilità di PlayStation 5 è ancora bassissima e così ogni giorno troviamo milioni di appassionati connessi in rete alla ricerca di notizie utili per riuscire a comprare la nuova console di Sony. Questa però è solo la punta di un iceberg davvero enorme che sta mettendo in ginocchio più di un settore, da quello mobile all’automotive. Il problema? La crisi di chip e semiconduttori.

Il video-riassunto

Che cos’è un semiconduttore?

semiconduttore che cosa è
Un wafer (una sottile fetta di materiale semiconduttore) al silicio nella macchina di fissaggio

Un semiconduttore è un materiale che appartiene alla categoria dei semimetalli e che vanta una resistività superiore a quella dei conduttori e inferiore a quella degli isolanti. I semiconduttori sono alla base di tutti i dispositivi elettronici che utilizziamo nella quotidianità poiché è con essi che otteniamo i transistor che a loro volta compongono i chip.

Appartengono a questa categoria materiali come il silicio e il germanio e composti come l’arseniuro di gallio. Certo, i nomi possono non dirvi nulla, sappiate però che per ottenerli si segue la stessa procedura applicata ai metalli più comuni: si estraggono.
L’Africa pullula di miniere per l’estrazione dei semiconduttori e non solo di quelli. La tecnologia del nostro secolo richiede infatti tanti, tantissimi materiali diversi, incluse le cosiddette terre rare.

Raccontata così la nostra era sembra un’occasione di riscatto perfetta per i Paesi del terzo mondo ma non è affatto così. In realtà le dinamiche sono quelle che abbiamo già visto in passato con la corsa al petrolio: guerre spietate, scontri tra grandi multinazionali, ripicche tra Paesi che cercano di far pendere la bilancia dal loro lato. Questo in una situazione “normale”. O, per spiegarlo ancora più banalmente, questo è ciò che accadeva prima della pandemia.

I chip, una ricetta complicata

crisi semiconduttori chip

Senza semiconduttori non possiamo produttore chip e senza chip non siamo più niente.
Forse un po’ drammatica come considerazione ma senza componenti elettronici ad animare i prodotti che popolano il nostro mondo siamo bloccati.

Sia chiaro, la situazione non era idilliaca nemmeno prima del Covid-19. Da un lato infatti la produzione di elettronica di consumo è sempre stata vincolata a questi materiali, dall’altro la produzione dei chip continua ad essere molto complessa. Per chi lavora nel settore dare vita a questi piccoli ma essenziali oggetti non è difficile come mandare un razzo sulla Luna, è molto peggio.
Lo è perché ci vogliono miliardi di dollari per costruire una fabbrica, perché basta essere leggermente meno esperti dei competitor per perdere milioni, perché per produrre un chip servono tre mesi di lavoro in un ambiente più asettico di una sala operatoria. A questo poi aggiungete le dimensioni di questi componenti: un chip è composto da miliardi di transistor, ognuno dei quali è grande 10 micron. Ossia un decimilionesimo di metro.

Fonte: Bloomberg

Non sono molte le società che possono permettersi di sostenere questo genere di produzione. Ecco perché il mercato è cannibalizzato principalmente da Intel, Samsung e TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) che, insieme, nel 2020 hanno generato lo stesso fatturato di tutte le altre società che si occupano della produzione di chip, tra cui grandi colossi come Qualcomm, NVIDIA, Mediatek, AMD e Sony.

Questo delicato equilibrio però stava funzionando quindi cosa è cambiato?

Dallo scontro USA vs Cina alla pandemia

In realtà sono tanti i fattori che hanno contributo ad arrivare qui, nel pieno della crisi dei semicontuttori e della produzione di chip.

Il primo ci riporta indietro di una paio di anni. Era il 2019, la pandemia era ancora lontana e Trump aveva appena bannato Huawei, ZTE e una serie di altre società cinesi. Un braccio di ferro durato per mesi che ha portato le aziende asiatiche ad accumulare i chip necessari a produrre smartphone 5G e qualsiasi altro prodotto elettronico. Dall’altra parte del mondo invece le società americane hanno dovuto rinunciare ad acquistare i chip creati dalla Semiconductor Manufactoring International Corporation cinese.

Poi è arrivata la pandemia che ha portato ad un incremento della richiesta: più smart working e più rapporti a distanza hanno significato più dispositivi elettronici come tablet, smartphone, computer e molto altro ancora. Peccato che la produzione di chip non sia potuta crescere di conseguenza. Prima di tutto perché le risorse a nostra disposizione sono rimaste le medesime e, in secondo luogo, perché non sarebbe stato comunque possibile usare gli stessi impianti per produrre di più. Per la maggior parte degli altri settori sarebbe bastato costruire nuovi edifici, nuove linee di produzione, nuovi poli manifatturieri ma, come abbiamo spiegato sopra, servono miliardi per farlo, oltre al tempo e ad una serie di macchinari altamente specializzati.

Anche la logistica sta svolgendo un ruolo determinante. Il trasporto navale infatti sta facendo i conti con una carenza di container che sta portando i prezzi alle stelle. Le aziende quindi si sono rivolte al trasporto aereo che però sta facendo fronte all’alta domanda legata alle spedizioni dei vaccini contro il Covid-19.
Considerate poi che ci sono meno aerei a solcare i nostri cieli poiché la pandemia ha ridotto gli spostamenti e così le compagnie aeree hanno a loro volta diminuito i voli commerciali, che non trasportano solo passeggeri ma anche merci. Per darvi una dato numerico: nel primo trimestre del 2021 la capacità di carico del trasporto aereo è diminuita del 25% rispetto all’anno precedente.

disponibilità playstation 5 trasporto

In mezzo a tutto questo ci sono stati eventi isolati che presi da soli, in qualsiasi altro momento, probabilmente non avrebbero avuto lo stesso impatto. A luglio 2020, ad esempio, un incendio ha messo in ginocchio una fabbrica giapponese specializzata in fibra di vetro, materiale utilizzato per i circuiti stampati. Un evento che ha comportato non solo una diminuzione della disponibilità della fibra di vetro ma anche un aumento di prezzo.

La disponibilità di PlayStation 5 è solo una delle conseguenze

Qualche giorno fa Sony ha spiegato che purtroppo la disponibilità di PlayStation 5 rimarrà invariata fino al 2022. A questo punto dovrebbe esservi chiaro il motivo: procurarsi componenti elettronici è diventato sempre più difficile e la colpa non è delle singole aziende. Non è la società giapponese ad aver sbagliato a pianificare il lancio della console ma è l’attuale situazione a rendere difficile il reperimento degli elementi necessari.

Questa però è solo una delle conseguenze. Non è solo la disponibilità di PlayStation 5 ad essere stata messa in crisi. Tutto il mercato va a rilento. Pensate ai computer: tutti i portatili intorno ai 500 euro sono esauriti perché la domanda è altissima ma l’offerta è ancora ridotta.

Anche il settore automotive sta affrontando un periodo difficile. Quando è scoppiata l’epidemia di Covid-19 le case automobilistiche hanno visto i loro guadagni ridursi di colpo. Le persone non dovevano più spostarsi di casa e quindi non avevano bisogno di auto nuove per farlo. La risposta è stata ovvia ma poco previdente: i produttori di veicoli hanno ridotto gli ordini di componenti e materiali, inclusi i chip che danno vita a tutto, dai display ai sistemi anti-collisione. Poi, quando la situazione è migliorata, la domanda è tornata a crescere ma le case non avevano il necessario per rispondere alla richiesta di vetture; dal canto loro invece le fabbriche per la produzione di chip erano già ampiamente impegnate a soddisfare la richiesta derivante dall’informatica e l’elettronica di consumo.

USA ed Europa corrono ai ripari

Nessuno ama sentirsi dire “te l’avevo detto” ma è una frase che ben accompagna l’attuale crisi. Non era impossibile da prevedere.
Le aziende poi avrebbero potuto prendere decisioni diverse. La scelta di accumulare componenti e materiali in modo quasi aggressivo ha, ad esempio, messo in difficoltà il mercato. Non è da premiare nemmeno la lentezza con cui le case automobilistiche hanno reagito al recupero del settore, con ordini tardivi che avranno ripercussioni ancora per parecchi mesi.

Insomma, la situazione non è stata gestita bene e ora tentano di metterci una pezza le istituzioni. Negli Stati Uniti infatti il Presidente Biden ha convocato 19 aziende e proposto una misura-tampone da 50 miliardi di dollari. Lo scopo è correre immediatamente ai ripari, soprattutto nel settore automotive con GM e Ford che devono fronteggiare quasi 4,5 miliardi di perdite per il 2021.

Il Presidente Biden con un chip

La chip-dipendenza dell’America, che produce in patria solo il 12% dei componenti necessari, non è molto diversa da quella dell’Unione Europea che ha deciso di fare fronte alla crisi con il Digital Compass 2030. Si tratta di una strategia volta a rendere il Vecchio Continente uno dei protagonisti dell’attuale partita tecnologica. Il piano, diviso in quattro punti, prevede anche un potenziamento delle infrastrutture e 30 miliardi di euro di investimenti per riuscire a raddoppiare l’attuale produzione chip.

La strada quindi sembra simile sia per Stati Uniti che Europa: un mix tra investimenti pubblici, strategia e dialogo tra tutte le parti coinvolte.
Nell’attesa però dovrete continuare ad aspettare la vostra PlayStation 5.

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Erika Gherardi

Amante del cinema, drogata di serie TV, geek fino al midollo e videogiocatrice nell'anima. Inspiegabilmente laureata in Scienze e tecniche psicologiche e studentessa alla magistrale di Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia.

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