Oggi il nostro viaggio alla ricerca del significato delle grandi canzoni si ferma alla stazione Dolcenera, piccolo gioiello di un genovese niente male chiamato Fabrizio De Andrè. È la prima volta che scriviamo di lui in Dentro la Canzone, ma sicuramente non sarà l’ultima.
Con Dolcenera, De Andrè ci regala un brano dal significato ambivalente, tra una tragedia che si consuma e una dirompente solitudine. Non è un caso che la canzone sia contenuta nell’album Anime Salve (1995), che affronta ampiamente il tema. Come se fosse un romanzo storico di manzoniana memoria, il cantautore genovese racconta una vicenda romanzata all’interno di un fatto storico realmente avvenuto: l’alluvione di Genova del 1970.
A causare il disastro fu la fitta pioggia che causò l’esondazione di un torrente chiamato Polcevera, ed ecco spiegata anche l’assonanza col titolo del brano. La drammatica vicenda causò numerosi sfollati e 35 morti accertati.
Il significato di Dolcenera di Fabrizio De Andrè
La canzone ci racconta quindi due storie, profondamente intrecciate. La prima descrive la distruzione portata dall’acqua, alla quale De Andrè dà appunto il nome di Dolcenera. Questa arriva impetuosa e causa paura e disperazione negli abitanti di Genova. Non è un caso che il coro della canzone, che riprende la classica tradizione del controcanto delle tragedie greche, sia cantato in genovese, con le voci femminili che annunciano l’arrivo di Dolcenera: l’arrivo della catastrofe.
La seconda storia riguarda invece la passione di un amore che si sta consumando in quel medeismo momento, mentre l’acqua distrugge tutto. Una contrapposizione che si manifesta anche nel titolo del brano: Dolce (la passione) e Nera (l’acqua fangosa). In realtà quello descritto da De Andrè è un amore immaginario. Il delirio di uomo che sogna una relazione con una donna sposata: la “moglie di Anselmo”. E mentre lui sognante aspetta invano lei, la donna viene trascinata via dalla furia impetuosa dell’acqua.
Nella mente delirante dell’uomo però quell’atto d’amore si sta effettivamente consumando, nonostante nella vita reale ci sia solo morte e distruzione.
Dentro al testo di Dolcenera
“Amìala ch’â l’arìa amìa cum’â l’é
amiala cum’â l’aria ch’â l’è lê ch’â l’è lê”
Tradotto dal genovese sarebbe: “guardala che arriva, è lei”. Gli abitanti di Genova vedono che l’acqua sta arrivando.
“Nera che porta via, che porta via la via
Nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera
Nera che picchia forte che butta giù le porte“
Dopo il coro entra la voce di De Andrè, che ci descrive l’acqua che arriva: nera, che invade le strade, che irrompe senza bussare nelle case. Un’inondazione così non se la ricordava nessuno, ecco perchè “nera che non si vedeva da una vita intera”. Subito dopo torna il coro genovese che recita: “Nu l’è l’aegua ch’à fá baggiá. Imbaggiâ imbaggiâ“, vale a dire “non è acqua che fa sbadigliare, ma chiudere tutto”. Non è una pioggerellina leggera, da sbadiglio, è qualcosa di più.
“Nera di malasorte, che ammazza e passa oltre
Nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna
Nera di falde amare
Che passano le bare”
La situazione è drammatica: l’acqua sta mietendo le prime vittime, senza pietà: ammazza e passa oltre, arrivando dove neanche la Luna arriva: nelle cantine, nei piani interrati. Nera di falde amare, al punto che ammazza. E poi ancora il coro, come un botta e risposta tra il cronista distaccato e la disperazione degli abitanti: “âtru da stramûâ, â nu n’á â nu n’á”, che significa “ora c’è solo da traslocare”. L’acqua non risparmierà le abitazioni dei genovesi.
“Ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere
ché è venuta per me, è arrivata da un’ora
e l’amore ha l’amore come solo argomento
e il tumulto del cielo ha sbagliato momento”
Mentre la popolazione si dispera, un uomo assiste quasi noncurante all’inondazione che da un’ora sta terrorizzando Genova. Nella sua mente c’è solo un pensiero: la donna amata, la moglie di Anselmo. Del resto “l’amore ha l’amore come solo argomento”: chi ama si preoccupa solo dell’amore e null’altro, il resto non conta, e il disastro è solo “il tumulto del cielo ha sbagliato momento”.
“Acqua che non si aspetta, altro che benedetta
acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale sale
acqua che spacca il monte che affonda e terra e ponte”
Intanto però l’acqua avanza e De Andrè, come aveva già fatto nella prima strofa con la parola “nera”, la mette ossessivamente come soggetto di ogni verso. Come a volersi contrapporre alla visione delirante dell’uomo: è l’acqua la protagonista di questa vicenda, non il suo amore. Un’acqua che non aspetta il momento giusto (altro che “ha sbagliato momento”), che dopo aver invaso le cantine ora risale le abitazioni “portando male”, cioè morte. È acqua che non viene dal mare, quindi “senza sale”, proprio perchè causata dall’inondazione del torrente Polcevera, dalla montagna. E nel suo percorso impetuoso spacca anche il monte. Ritorna il coro della gente: “nu l’è l’aaegua de ‘na rammâ ‘n calabà ‘n calabà” (“Non è acqua di pioggia, che casino, che casino”).
“Ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare
quando ingorga gli anfratti si ritira e risale
e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell’onda
e la lotta si fa scivolosa e profonda“
De Andrè ci regala un’immagine potentissima: da una parte l’acqua che arriva alla donna, trascinandola via, dall’altra la fantasia dell’uomo che immagina di fare l’amore con lei, mentre “il lenzuolo si gonfia sul cavo dell’onda”. Due fotografie contrapposte della realtà, mentre la lotta (quella dell’atto immaginato dall’uomo e del tentativo di sopravvivere all’acqua della donna) si fa scivolosa e profonda.
“Acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti
Acqua per fotografie per cercare i complici da maledire
Acqua che stringe i fianchi tonnara di passanti“
La situazione peggiora: l’acqua che sale dal basso si sta ora ricongiungendo con la pioggia fitta che scende dal cielo e passa attraverso i soffitti. Nel frattempo qualcuno si chiede chi possa avere responsabilità oggettive in merito alla catastrofe. E poi un’altra forte contrapposizione di immagini: “l’acqua che stringe i fianchi” dell’uomo ancora immerso nella sua fantasia, e l’acqua che uccide gli uomini per le strade, come fossero pesci intrappolati in una rete: una “tonnara di passanti”.
“Oltre il muro dei vetri si risveglia la vita
che si prende per mano a battaglia finita
come fa questo amore che dall’ansia di perdersi
ha avuto in un giorno la certezza di aversi“
Le acque sembrano calmarsi, in tutti i sensi. Gli abitanti che si erano rifugiati ora escono allo scoperto: la battaglia è finita. Questi devono ora aiutarsi a vicenda, prendersi per mano dopo la catastrofe. Nel frattempo De Andrè ci regala una delle frasi più incredibili della storia della canzone italiana: “come fa questo amore che dall’ansia di perdersi ha avuto in un giorno la certezza di aversi”. L’uomo, ancora nella sua fantasia, è riuscito a fare l’amore con la donna, nonostante le condizioni atmosferiche. È ovviamente solo una sua immaginazione. Ciò che è avvenuto alla moglie di Anselmo lo scopriremo nelle prossime strofe.
“Acqua che ha fatto sera, che adesso si ritira
bassa sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente
fredda come un dolore Dolcenera senza cuore“
Più volte nel corso del brano De Andrè ha provato a “personificare l’acqua”, addirittura dandole un nome. Ora però si supera: ce la descrive mentre ritorna da dov’è venuta, quasi come un adolescente che ha tirato tardi e ora torna a casa. Dopo aver distrutto tutto, l’acqua si ritira indifferente al dolore che ha causato. “Sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente” quando in realtà ha devastato un’intera città. “Fredda come un dolore: Dolcenera senza cuore”.
“E la moglie di Anselmo sente l’acqua che scende
dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle
nel suo tram scollegato da ogni distanza
nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza
così fu quell’amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare”
Con l’ultima strofa De Andrè ci svela anche parte del significato di Dolcenera. In primis ci rivela il finale: la moglie di Anselmo è morta e l’acqua in ritirata scorre sul suo cadavere, lasciandole i vestiti incollati al corpo freddo e senza vita. Come un tram scollegato, è lì ma non può muoversi, mentre la vita ha fatto il suo corso. Così come ha fatto il suo corso quell’amore che, ci rivela De Andrè, non è mai realmente avvenuto. Tuttavia per l’uomo è stato così sentito da sembrare autentico, così splendido e vero da potervi ingannare.
Il significato di Dolcenera di De Andrè: le parole del cantautore
Nel corso del tour di Anime Salve, nel 1997, De Andrè era solito introdurre la canzone con una spiegazione.
“Questo del protagonista di Dolcenera è un curioso tipo di solitudine. È la solitudine dell’innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l’oggetto del desiderio. È una storia parallela: da una parte c’è l’alluvione che ha sommerso Genova nel ’70, dall’altra c’è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l’assenza, perché lei, in effetti, non arriva. Lui è convinto di farci l’amore, ma lei è con l’acqua alla gola. Questo tipo di sogno, purtroppo, è molto simile a quello del tiranno, che cerca di rimuovere ogni ostacolo che si oppone all’esercizio del proprio potere assoluto”.
Fabrizio De Andrè
La canzone avrà un impatto fortissimo sulla cantautrice Emanuela Trane, che infatti deciderà di assumere il nome d’arte di Dolcenera, pseudonimo con il quale è oggi conosciuta. Intervistata da Fernanda Pivano, che pure conosceva bene la musica di De Andrè, Dolcenera ha dichiarato:
“Quando ho ascoltato l’album Anime salve, sono rimasta folgorata dalla canzone Dolcenera. Non avevo la pretesa di avvicinarmi al mondo, alla poesia irraggiungibile di Fabrizio De André, ma usando questo nome volevo rendere un piccolo omaggio a un grande poeta”.
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