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Dentro la Canzone: il significato di Preghiera in Gennaio di Fabrizio De Andrè

“L'inferno esiste solo per chi ne ha paura”

Un preghiera in musica, in generale, non fa molto testo. Ma la preghiera in musica di un ateo, che chiede a Dio di rivedere alcune incrollabili certezze della cristianità, forse si. È questo il caso di Preghiera in Gennaio di Fabrizio De Andrè, in cui c’è tutto questo e molto di più, un brano carico di significato, scritto a poche ore da un grave lutto per il cantautore genovese e la musica italiana tutta: il suicidio di Luigi Tenco, il 27 gennaio 1967, a Sanremo.

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Venuto a sapere della morte di Tenco, di cui era un grande amico oltre che concittadino, De Andrè si precipita a Sanremo insieme a sua moglie Enrica Rignon, detta Puny, e Anna Paoli. Al ritorno a Genova, in attesa dei funerali, comincia a fare ciò che sapeva fare meglio: scrivere. Il risultato è questa canzone che finisce sull’album Volume 1, pubblicato lo stesso anno. Preghiera in Gennaio, come altri brani di quel disco, è una canzone particolare, e non solo perchè De Andrè, dichiaratamente ateo, si rivolge direttamente a Dio. Lo è anche perchè l’autore stesso mette in discussione tutto, nella ricerca di una qualche forma di umanità. Ricordiamo infatti che la Chiesa Cattolica condanna fermamente il suicidio, considerato un gravissimo peccato di cui Luigi Tenco si era macchiato.

Il testo è liberamente ispirato a una poesia di Francis Jammes, poeta francese dei primi del novecento, chiamata Prière pour aller au Paradis avec les ânes, che letteralmente significa Preghiera per andare in Paradiso con gli asini. In particolare c’è una frase nella poesia di Jammes, che ritorna nella canzone di De Andrè, che è: “non c’è inferno nel paese del buon Dio”.

Il significato del testo di Preghiera in Gennaio di Fabrizio De Andrè

Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
Quando a te la sua anima
E al mondo la sua pelle
Dovrà riconsegnare
Quando verrà al tuo cielo
Là dove in pieno giorno
Risplendono le stelle

Proprio come una preghiera, De Andrè si rivolge direttamente a Dio. Il cantautore Gli chiede di accogliere in Paradiso (“là dove in pieno giorno risplendono le stelle”) l’anima di un suicida (colui che riconsegna la sua anima e la sua pelle al mondo). Sembra Dante Alighieri, ma è Fabrizio De Andrè.

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Quando attraverserà
L’ultimo vecchio ponte
Ai suicidi dirà
Baciandoli alla fronte
Venite in paradiso
Là dove vado anch’io
Perché non c’è l’inferno
Nel mondo del buon Dio

Nella sua poesia Jammes immaginava un Dio benevolo, che non facesse distinzione tra le varie bestie. Allo stesso modo De Andrè (re)immagina un Dio decisamente diverso dalla tradizionale visione cattolica, secondo la quale il Signore condanna fermamente gli uomini se hanno peccato in vita, relegandoli all’inferno. De Andrè, riprendendo Jammes, afferma che “non esiste inferno nel mondo del buon Dio”. Suggerisce, ancora una volta, che il peccato di un suicida debba essere perdonato e che non gli debbano essere negate le porte del Paradiso.

Fate che giunga a Voi
Con le sue ossa stanche
Seguito da migliaia
Di quelle facce bianche
Fate che a Voi ritorni
Fra i morti per oltraggio
Che al cielo ed alla terra
Mostrarono il coraggio

In questa strofa De Andrè riesce, come pochi come lui erano in grado di fare, a restituirci un’immagine chiara utilizzando pochissime parole. Le “ossa stanche” di chi, non potendone più della vita, ha preferito la morte. O ancora “migliaia di quelle facce bianche”: non si parla solo di Tenco, ma di tutti quelli “morti per oltraggio, che al cielo e alla terra mostrarono coraggio”. Un invito a empatizzare con la sofferenza altrui, anche se le determinate scelte ci sembrano un oltraggio nei confronti della sacralità della vita. Un invito, insomma, a non giudicare la disperazione dei propri simili. Una visione tutto sommato cristiana, di tolleranza, che però la cristianità non contempla.

Signori benpensanti
Spero non vi dispiaccia
Se in cielo, in mezzo ai santi
Dio, fra le sue braccia
Soffocherà il singhiozzo
Di quelle labbra smorte
Che all’odio e all’ignoranza
Preferirono la morte

Ora De Andrè non si rivolge più a Dio, ma agli uomini. Quelli pronti a giudicare le vite e i peccati altrui. A loro De Andrè chiede di non offendersi se Dio deciderà di accogliere nel proprio regno questi “peccatori”, coloro che “all’odio e all’ignoranza preferirono la morte”. Ricordiamo che Tenco si è suicidato dopo l’eliminazione al Festival di Sanremo 1967. Nella lettera rinvenuta nella sua camera d’albergo, dove si suicidò, si legge:

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“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”

Dio di misericordia
Il tuo bel paradiso
Lo hai fatto soprattutto
Per chi non ha sorriso
Per quelli che han vissuto
Con la coscienza pura
L’inferno esiste solo
Per chi ne ha paura

Nella frase “il tuo bel paradiso lo hai fatto solo per chi non ha sorriso” c’è tutta la critica di De Andrè alla morale cattolica. Quella morale che ripudia qualsiasi tipo di vizio o esaltazione dei piaceri del corpo. Chi viene accettato in paradiso, suggerisce De Andrè, è chi in vita non ha sorriso, perchè non ha goduto dei piaceri della stessa a beneficio di “una coscienza pura”. La strofa finisce con un verso spettacolare: “l’inferno esiste solo per chi ne ha paura”. Questa canzone è, a tutti gli effetti, una preghiera laica.

Meglio di lui nessuno
Mai ti potrà indicare
Gli errori di noi tutti
Che puoi e vuoi salvare

Il “lui” di cui parla questa strofa è il suicida, il peccatore. Nessuno meglio di lui può insegnare a te, Dio, che gli errori altrui non vanno giudicati. Anche perchè il Signore è in grado di porvi rimedio e di salvare quelle anime tormentate.

Ascolta la sua voce
Che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
Vedrai, sarai contento

Ancora una volta ci si rivolge a Dio e, ancora una volta, non si fa esplicito riferimento a Luigi Tenco. Il significato dell’ultima strofa di Preghiera in Gennaio però è chiaro: ascolta la sua voce che canta, anche se la sua voce, ora, è persa nel vento. Se Dio decidesse di ascoltare le canzoni di Tenco, sebbene egli sia considerato un grave peccatore, potrebbe scoprire tutta la sua arte e la sua profonda disperazione. Se Dio decidesse di ascoltare le canzoni di Tenco, forse, ne sarebbe contento.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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