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Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) di Ettore Scola – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto parliamo di un altro film con Marcello Mastroianni, Dramma della gelosia di Ettore Scola.

Fra i tanti generi cinematografici, la commedia è indubbiamente quello più adatto a intercettare i mutamenti sociali e, a volte, a intuirne le traiettorie future. Un esempio perfetto di questo assunto è Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca), film di Ettore Scola incentrato su un trio di giganti del nostro cinema, ovvero Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Giancarlo Giannini. Un memorabile esponente del glorioso filone della commedia all’italiana, che ricorrendo a un campionario di personaggi grotteschi e sopra le righe, respingenti e adorabili allo stesso tempo, ha saputo raccontare splendori e miserie della nostra società.

Fra la molteplicità della verità alla base di Rashomon di Akira Kurosawa e il triangolo amoroso su cui è imperniato Jules e Jim di François Truffaut, Dramma della gelosia costruisce un pungente ritratto dell’Italia del 1970, in bilico fra le pulsioni della modernità e tradizioni durissime da scalfire. Dopo essersi di fatto trasformato in un alter ego di Federico Fellini per , a cui abbiamo dedicato il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, Marcello Mastroianni presta volto e corpo a Scola (in particolare nel finale, l’attore sembra quasi modellato sull’aspetto del regista) per una cupa disamina dei rapporti di coppia e della situazione politica italiana. Temi particolarmente cari al cineasta, che saranno successivamente declinati anche nel più celebre C’eravamo tanto amati.

Dramma della gelosia: amore e politica in una tragica commedia all’italiana

Dramma della gelosia

Dramma della gelosia comincia dalla fine, cioè dalla ricostruzione dello scontro fisico fra Oreste Nardi (Marcello Mastroianni), Adelaide Ciafrocchi (Monica Vitti) e Nello Serafini (Giancarlo Giannini), terminato nel peggiore dei modi. Riprendendo le fila del racconto, il regista ci mostra la genesi e la trasformazione del loro rapporto, passando la parola a ognuno di loro per una sorta di personale ricostruzione dell’accaduto, scandita da riflessioni personali e frequenti rotture della quarta parete. Tutto ha inizio quando Oreste, muratore militante del Partito Comunista, incontra a una Festa de l’Unità Adelaide, fioraia che ha un bancone davanti al cimitero del Verano a Roma. Il loro è un amore a prima vista, fatto di passione e connessione mentale, che non si ferma neanche davanti al matrimonio di lui, sposato con una donna molto più anziana.

Proprio da uno scontro fra la moglie di Oreste e Adelaide nascono le prime crepe nel rapporto, dal momento che quest’ultima comincia a nutrire dubbi sul loro futuro come coppia (all’epoca il divorzio non era ancora legale). I due incontrano poi fortuitamente il pizzaiolo toscano Nello, che condivide con Oreste la passione politica (i due finiscono manganellati insieme durante una manifestazione) e con Adelaide un’attrazione che si accende al primo sguardo, e che continua all’insaputa del terzo incomodo. Fra bugie e sensi di colpa, rivelazioni e liti, i protagonisti cercano anche un improbabile rapporto a tre, che lascia ben presto spazio all’insoddisfazione e al loro scivolamento sempre più veloce verso il baratro.

Una struttura narrativa cangiante

Dramma della gelosia

Sullo sfondo di una Roma fatiscente, che a tratti appare quasi come una discarica a cielo aperto, Scola tratteggia un disarmante quadro umano e sociale, dominato da personaggi caricaturali e rappresentativi delle fragilità economiche e morali di un intero Paese. Cinema popolare nell’accezione più pura e positiva del termine, Dramma della gelosia si poggia sulle formidabili prove dei protagonisti e su una struttura cangiante, che come sottolinea il titolo spazia dalla cronaca di un misfatto e dall’invisibile processo a cui assistiamo (gli interventi dei personaggi sono di fatto delle testimonianze a supporto delle loro azioni) al dramma a sfondo sociale, senza rinunciare a sfumature sentimentali e a momenti da esilarante commedia («Di che natura è il mio male? Ho avuto un trauma? Sono sotto shock? È un disturbo neurovegetativo? O è perché sono mignotta?», dice Monica Vitti in una delle scene più riuscite).

Ma a stagliarsi su tutto il resto è soprattutto un’atmosfera malinconica e rassegnata, che non manca di sottolineare l’impossibilità di salvezza e affrancamento per le classi meno abbienti e di mettere in scena una rappresentazione straziante e per certi versi premonitrice della sinistra italiana (area politica in cui Scola militava). Scandagliando i protagonisti di Dramma della gelosia, è evidente infatti che essi simboleggino tre diverse anime della sinistra: il Partito Comunista di Oreste, che non a caso col passare dei minuti diventa sempre più solo e povero, l’area extraparlamentare di Nello, che con la sua anarchia e il suo estremismo diventa il vero e proprio elemento di rottura del racconto, e infine l’apertura al futuro di Adelaide, che studia inglese nel tentativo di migliorare la propria condizione e guarda ai modelli culturali scandinavi (i “quadri svedesi” sbertucciati da Oreste).

Fra patriarcato e modernità

Dramma della gelosia

L’incontro e lo scontro fra questi diversi approcci alla vita, all’amore e alla società diventano i fili conduttori di Dramma della gelosia e di traiettorie esistenziali sempre più amare. Emblematico in questo senso il percorso di Oreste, che perde progressivamente il senno trasformandosi di fatto in un barbone messo ai margini della società. Ma non va meglio ad Adelaide, che nel tentativo di trovare serenità finisce per quattro volte in ospedale (una per tentato suicidio e l’ultima da morta), passando attraverso un umiliante rapporto con un rozzo macellaio e una promessa di matrimonio con Nello, interrotta dalla gelosia sempre più folle e cieca di Oreste e da una delle più spiazzanti dichiarazioni d’amore della storia del cinema italiano («Possino ammazzatte», gli dice poco prima di morire, concludendo con «A te te amo de più!»).

Quello fra Adelaide e Oreste è un rapporto tossico, esemplificativo della condizione femminile («Io non c’ho più futuro. Lo vuoi capì che io so’ prigioniera del passato? E in quanto al presente io so’ n’albero senza foglie», dice lei) e di una mentalità patriarcale ancora dominante («Il lavoratore ha un solo bene ed uno solo: la sua donna. E che je volemo leva’ pure quello mo? Ah, sarebbe un grave errore politico degno di migliore causa! E’ capito? A me si quarcuno ce prova a levarmelo, l’ammazzo!», sentenzia Oreste), solo parzialmente contrastata dai guizzi di modernità di Nello («Anche perché all’amore unico e possessivo ‘un ci credo mica. Anzi, nun lo trovo giusto. Ma come, vogliamo l’omo libero, siamo contro il possesso dell’omo sull’omo… quindi s’adda essere contro il possesso dell’omo sulla donna»).

Dramma della gelosia: le strepitose interpretazioni di Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Giancarlo Giannini

Da fine intellettuale e maestro di cinema, Scola gioca proprio sul contrasto fra la ricostruzione di un femminicidio, non lontana da quelle che ancora oggi purtroppo popolano le pagine di cronaca nera, e una storia tormentata e struggente, da cui emergono sprazzi di abbagliante umanità. La sceneggiatura da lui curata insieme ad Age & Scarpelli intreccia amore e violenza, dramma e comicità, satira e analisi, scolpendo battute memorabili e ancora oggi attuali («La sofferenza umana è determinata dalla supremazia che detiene la classe economica. E siccome colui che m’ha portato via Adelaide è un ricco sfruttatore della società, l’interrogativo che ci dobbiamo porre è il seguente: se Amleto Di Meo fosse un mio pari, essa m’avrebbe lasciato? La mia risposta è no! Qual è il tuo parere politico?», dice Oreste ormai a cavallo fra pazzia e lucidità).

Perfetto accompagnamento a questo viaggio nell’animo umano e nella controversa Italia post Sessantotto sono la cupa fotografia di Carlo Di Palma, la malinconica colonna sonora di Armando Trovajoli e la regia di Ettore Scola, che pur poggiandosi su una struttura narrativa particolarmente intricata si concede diversi virtuosismi dietro alla macchina da presa (Adelaide letteralmente rapita da Oreste mentre si trova sulla giostra, le sequenze in spiaggia) e alcune trovate non indifferenti (il moscone che accompagna la storia di Adelaide e Oreste, i frequenti e voluti sguardi in macchina). Doverosa poi una menzione per il lavoro di Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Giancarlo Giannini, attori più unici che rari capaci di delineare il mondo dentro ai loro personaggi, con tempi comici perfetti e sfumature di commovente mestizia.

Il finale di Dramma della gelosia

Accolto abbastanza freddamente al momento dell’uscita, Dramma della gelosia acquista spessore e incisività col passare del tempo, sprigionando una forza e un’umanità dirompenti, che emergono soprattutto nel finale. Dopo aver perso letteralmente tutto ciò che aveva, Oreste è ormai ridotto a vagabondare per una città sempre più caotica, inveendo contro il traffico e l’industrializzazione («Ma io dico: invece di chiedere all’altre nazioni di darsi un volto umano, ce volemo comincia’ a cambiare il nostro, che avemo trasformato il cuore di una città storica in un carosello infernale per le macchine de Gianni Agnelli, eh?»).

Accanto a lui, quello che è al tempo stesso uno spettro, una manifestazione della sua infermità mentale e un ricordo della sua passione politica e sentimentale, ovvero Adelaide, a cui si rivolge come se fosse ancora viva, immaginando di averla al suo fianco. L’emblema di un’intera parte della società, abbandonata cinicamente a se stessa e alla sua autoreferenzialità, in un avvilente quadro di decadenza umana, morale e culturale.

Dramma della gelosia

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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