In seguito all’assalto al Congresso, a Capitol Hill, simbolo della democrazia nel mondo, Donald Trump è stato bloccato da Facebook, Instagram e Twitter per aver violato le politiche dei social, che hanno adottato misure restrittive senza precedenti. Il blocco iniziale di 24 ore si è esteso a tempo indeterminato, almeno fino alla fine del suo mandato e all’insediamento di Joe Biden, come nel caso di Facebook e Instagram. Twitter ha adottato lo stesso provvedimento per 12 ore, cancellando tre tweet che rappresentano gravi violazioni della politica del social network, come anche Snapchat, che ha bloccato il presidente Donald Trump sulla propria piattaforma. YouTube ha annunciato che sospenderà temporaneamente tutti gli account che pubblicano menzogne e disinformazione sulle elezioni o sull’assalto alla capitale, e anche la piattaforma Twitch ha disabilitato l’account di Trump.
L’annuncio del ban a tempo indeterminato arriva direttamente dal CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, come conseguenza del suo sostegno verso l’insurrezione e ai rivoltosi che hanno preso d’assalto il Campidoglio. In un post su Facebook si legge la seguente dichiarazione:
“Gli eventi scioccanti delle ultime 24 ore dimostrano chiaramente che il presidente Donald Trump intende utilizzare il suo tempo rimanente in carica per minare la transizione pacifica e legale del potere al suo successore eletto, Joe Biden. La sua decisione di utilizzare la sua piattaforma per condonare piuttosto che condannare le azioni dei suoi sostenitori al Campidoglio ha giustamente disturbato le persone in America e in tutto il mondo. Abbiamo rimosso queste dichiarazioni ieri perché ritenevamo che il loro effetto – e probabilmente il loro intento – sarebbe stato quello di provocare ulteriore violenza”.
Facebook e Instagram bloccano Donald Trump a tempo indeterminato
“A seguito della certificazione dei risultati elettorali da parte del Congresso, la priorità per l’intero Paese deve ora essere quella di garantire che i restanti 13 giorni e quelli successivi all’inaugurazione passino pacificamente e in conformità con le norme democratiche stabilite. Negli ultimi anni, abbiamo consentito al presidente Trump di utilizzare la nostra piattaforma in modo coerente con le nostre regole, a volte rimuovendo contenuti o etichettando i suoi post quando violano le nostre politiche. Lo abbiamo fatto perché crediamo che il pubblico abbia diritto al più ampio accesso possibile ai discorsi politici, anche ai discorsi controversi”.
Il post del CEO di Facebook, Mark Zuckerberg
“Ma il contesto attuale è ora fondamentalmente diverso, e implica l’uso della nostra piattaforma per incitare un’insurrezione violenta contro un governo democraticamente eletto. Riteniamo che i rischi di consentire al presidente di continuare a utilizzare il nostro servizio durante questo periodo siano semplicemente troppo grandi. Pertanto, stiamo estendendo il blocco che abbiamo posto sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane fino al completamento della transizione pacifica del potere”.
La decisione di Facebook, come anche di Twitter, ha ricevuto critiche per la poca tempestività e la risposta tardiva a una situazione già gravemente esacerbata, in seguito all’endemica circolazione di contenuti che seguono la retorica infiammatoria di Trump, che incoraggia l’insurrezione e le violenze verbali e fisiche. Restrizioni che subentrano dopo che legislatori e dipendenti delle società hanno affermato che le piattaforme hanno aspettato troppo a lungo per intraprendere azioni serie contro Trump, al punto da non essere riusciti a prevenire la disinformazione che ha portato al caos. Se le ultime restrizioni valgono, Facebook potrebbe essere la prima grande piattaforma a rimuovere Trump in modo permanente.
Il CEO di Facebook accusa il presidente di voler minare la transizione pacifica del potere
Questa è una dimostrazione di qual è l’impatto e il potere reale dei social, che da anni sono usati come megafoni del presidente Donald Trump, camere d’eco per divulgare fake news, generare odio, disinformazione, complotti sistemici e, come abbiamo visto, porre le basi di un’insurrezione violenta. Spazi virtuali dove il presidente ha milioni di follower, più di 88 milioni di follower su Twitter, il social media preferito di Trump, rispetto ai 35 milioni su Facebook. “Per quattro anni avete razionalizzato questo terrore. Incitare al tradimento violento non è un esercizio di libertà di parola “, ha scritto Chris Sacca, un investitore tecnologico, al signor Dorsey e all’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg. “Se si lavora in quelle aziende, dipende anche da te.“
Anche Edward Snowden, l’informatore della NSA, ha scritto un post circa la decisione dei social media di bannare temporaneamente il presidente degli Stati Uniti, affermando che, nel bene o nel male, questo sarà ricordato come un punto di svolta nella battaglia per il controllo del linguaggio digitale. Dopo anni in cui è stato permesso al presidente di vomitare bile e disinformazione online, non resta che capire come account del genere e pagine che speculano sull’odio e sulla polarizzazione, presenti tanto su Facebook, Twitter e YouTube, possano ancora esistere senza una misura, senza un controllo sulle informazioni e sui contenuti che condividono. Soprattutto serve capire se bannare Trump porti davvero ad una svolta concreta, considerato che esistono, purtroppo, tantissimi altri modi che potrebbero permettergli di trovare un’eco alla sua voce, per raccogliere consensi o disgregare ogni forma di dissenso democratico.
Il tragico attacco al Campidoglio è il risultato di un lungo processo di radicalizzazione online che ha avuto come obiettivo la disinformazione, le teorie del complotto a danni del singolo cittadino, al punto che è diventato sempre più difficile, spesso anche per chi è in possesso dei giusti requisiti e delle giuste competenze, distinguere tra realtà e finzione. Il ruolo futuro dei social media, in questo senso, è critico. Soprattutto questo ci pone dinanzi a un dilemma che ha al centro la questione della verità, come elemento normalizzante di ciò che può essere pubblicato e di ciò che è consentito condividere. Il progetto più grande e lungimirante non è solo difendere la verità e prevenire le fake news, è capire come educare i cittadini in modo che siano più resistenti e pronti ad esercitare il pensiero critico.
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