«Se io abbandonassi questo progetto sarei un uomo senza sogni, e non voglio vivere in quel modo. Vivo o muoio con questo progetto». Sono le parole di Werner Herzog a descrivere nel migliore dei modi Fitzcarraldo, la più ambiziosa delle sue opere, nonché una delle imprese più ardite e temerarie mai tentate sul grande schermo.
Dopo aver parlato di James Cameron e del suo The Abyss nel precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, ci dedichiamo dunque a un altro straordinario tentativo di riscrivere le regole della finzione scenica, di spostare un po’ più avanti il confine fra realtà e rappresentazione, di fondere il racconto con la realistica cronaca dell’impresa portata avanti per metterlo in scena.
Fitzcarraldo, grazie a cui Werner Herzog conquistò il premio per la migliore regia del Festival di Cannes del 1982, è liberamente ispirato alla vita del peruviano Carlos Fitzcarrald, magnate della gomma che per raggiungere un importante territorio alla fine dell’800 smontò un’intera nave per poi ricostruirla al di là di una collina. Una prodezza che il regista tedesco esaspera ulteriormente, cucendola addosso alla paradossale esistenza di Brian Sweeny Fitzgerald (chiamato appunto Fitzcarraldo dai nativi dell’Amazzonia che non riescono a pronunciare correttamente il suo cognome), impegnato in un triplo sogno: costruire un grande Teatro dell’Opera a Iquitos, piccolo villaggio peruviano; finanziarlo attraverso la raccolta del caucciù; raggiungere una zona impervia ma utile al suo progetto trascinando un’imponente nave su per una montagna. Un’idea folle e ai limiti dell’impossibile, ben sintetizzata da una frase dello stesso Fitzcarraldo: «Chi sogna può muovere le montagne».
Fitzcarraldo: la conquista dell’inutile secondo Werner Herzog
Il dietro le quinte di Fitzcarraldo, narrato con dovizia di particolari nel documentario Burden of Dreams e nel libro-diario di Werner Herzog La conquista dell’inutile, è ancora più bizzarro e irto di pericoli. Un primo tentativo di dare il via alle riprese, alla fine del 1979, venne fermato da una brutale rappresaglia degli indigeni di un’area del Perù, che intimarono alla troupe di andarsene e successivamente bruciarono l’accampamento per ribadire il concetto. Le riprese cominciarono poi effettivamente all’inizio del 1981, per poi subire un brusco stop a causa della malattia di Jason Robards, scelto inizialmente per interpretare Fitzcarraldo. Questo sfortunato evento non portò solo alla defezione del celebre attore statunitense, ma anche a quella della rock star Mick Jagger, scelto come spalla del protagonista ma costretto ad abbandonare a sua volta il progetto per altri impegni precedentemente fissati.
A raggiungere Claudia Cardinale nel cast di Fitzcarraldo è così Klaus Kinski, attore feticcio di Herzog, protagonista col regista di un rapporto fatto di amore e di altrettanto odio, esploso sul set di Aguirre, furore di Dio. L’unione impossibile di due personalità vulcaniche e diametralmente opposte: da una parte un Kinski ancora più folle, stralunato e spregevole del solito, minacciato apertamente di morte dai locali per via dei suoi comportamenti irrispettosi; dall’altra parte il cineasta tedesco, impegnato in un’avventura ormai inscindibile da quella del suo protagonista, con evidenti rischi per la sua incolumità, per la sua carriera e persino per le sue finanze.
Ad accompagnare una lavorazione al confine con l’autodistruzione, ci furono inoltre attacchi degli indigeni con frecce velenose, interventi chirurgici d’emergenza con Herzog coinvolto come assistente, l’amputazione del piede di un indio a seguito del morso di un serpente e lo scivolamento di una nave giù per un pendio a causa dell’inclinazione troppo elevata, fedelmente mostrata nel film.
Fitzcarraldo: Herzog rilegge Sisifo in chiave moderna
Nasce così una splendida rilettura in chiave moderna del mito di Sisifo, in cui è difficile distinguere dove finisca la realtà e dove inizino il racconto e l’allegoria. Come evidenziato dallo stesso Herzog, quella di Fitzcarraldo è un’impresa fondamentalmente inutile, basata sull’utopico desiderio di dare vita a un imponente luogo della cultura nel pieno dell’Amazzonia più inospitale e inesplorata.
Un canovaccio sul quale il regista impernia una memorabile declinazione dei tanti temi che caratterizzano il suo cinema, a partire dal concetto di verità estatica. Nella lunga storia della settima arte, è difficile trovare un cineasta tanto abile a giocare sul confine fra documentario e finzione, fra verità e rappresentazione: i suoi Kinski, il mio nemico più caro, Il diamante bianco, Grizzly Man ed Encounters at the End of the World travalicano i confini del documentarismo, dando vita a racconti in bilico fra poesia e appassionata rappresentazione dei vizi e delle virtù del genere umano; allo stesso tempo, in opere di finzione come Anche i nani hanno cominciato da piccoli, Fata Morgana, Dove sognano le formiche verdi e lo stesso Fitzcarraldo l’immagine supera qualsiasi contrapposizione fra verità e rappresentazione.
Ma a emergere prepotentemente in quest’opera è anche il tema della natura indifferente e tutt’altro che accogliente, sintetizzato proprio in Grizzly Man con l’inequivocabile «Io credo che il denominatore comune dell’universo non sia l’armonia, ma caos, conflitto e morte». L’ambiente cupo e primordiale che accompagna Fitzcarraldo, insieme agli indigeni ingenui e allo stesso tempo estremamente diffidenti, non fa che esaltare un’atmosfera sinistra e opprimente, che dà costantemente la sensazione di poter sopraffare il protagonista.
Fitzcarraldo: l’ennesimo straordinario outsider di Herzog
Fitzcarraldo è inoltre l’ennesima rappresentazione degli outsider da parte di Herzog. Un outsider che in questo caso si sente importante e potente, ma al contempo sfida il buon senso e le regole fisiche, mettendo in secondo piano se stesso e la sua vita in nome di un sogno al quale in fondo crede solo lui. La sua è una fiaba idealista senza lieto fine, che anche nel momento del fallimento e della rovina profuma di vittoria. La vittoria di chi non ha più niente da perdere, ed è perciò libero di abbracciare l’impossibile e la più commovente inconcludenza.
L’ambizione e la purezza di Fitzcarraldo si specchiano nelle motivazioni dello stesso Herzog, che si arrese ai modellini e agli effetti speciali artigianali solo per un breve segmento, servendosi al tempo stesso di ben 3 navi per girare sequenze ancora oggi genuinamente impressionanti. Impossibile infatti restare indifferenti di fronte agli epici momenti in cui la nave del protagonista viene faticosamente issata su per una montagna, con un dispiego di forze difficile da quantificare e con un numero di reali feriti che forse è meglio non conoscere con precisione. Altrettanto sontuose le scene ambientate nelle famigerate “rapide della morte”, che si conclusero con il natante incagliato per mesi e liberato solo dalla successiva stagione delle piogge, in un’ulteriore celebrazione della caparbietà umana e del genio di un visionario cineasta.
Il fardello di sogni
Il cinema e più in generale la narrazione ci hanno insegnato che la gioia sta nel viaggio e non nella destinazione, che la soddisfazione risiede nel tentativo e non nel risultato. Con Fitzcarraldo, Werner Herzog ci regala un’indelebile pagina di cinema, che estende questo concetto glorificando il fallimento come ideale meta per la più surreale delle follie, per il più infruttuoso dei progetti. Il fardello di sogni a cui allude lo stesso regista ci accompagna a un epilogo emblematico, in cui anche il fallito può avere la sua paradossale rivincita.
Il finale di Fitzcarraldo
Mentre una Claudia Cardinale radiosa come sempre osserva commossa il suo amato e gli indigeni salutano festosamente, il conquistatore dell’assurdo sfila fieramente a bordo della sua nave ormai venduta, al cui interno l’orchestra suona un suggestivo elogio all’impresa al contrario di Fitzcarraldo. Giunto alla fine del suo viaggio, pur avendo mancato tutti i propri obiettivi il protagonista può lasciarsi andare a un sigaro, contemplando il tributo che gli viene offerto, riconciliandosi con l’universo intorno a lui. La libertà dei sogni ha prevalso sulla mestizia della concretezza, l’utopia ha sconfitto l’ipocrisia, il cinema ha vinto contro la realtà.
«Non dovrei più fare film, dovrei andare direttamente in manicomio. Nessuno riuscirà a convincermi ad essere felice di tutto questo.»
Werner Herzog
Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.
- Questa edizione contiene: Making of
- Popol Vuh,Peter Berling,Claudia Cardinale,Klaus Kinski (Attore)
- Werner Herzog (Direttore)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
Da non perdere questa settimana su Techprincess
🎮 Che impatto avranno le elezioni americane sui videogiochi?
🚘 I gadget più strani delle case automobilistiche
🇨🇳 Un gruppo di ricercatori cinesi ha sviluppato un modello di IA per uso militare basato su Llama di Meta
🔍 ChatGPT si aggiorna e ora naviga sul web
Ma lo sai che abbiamo un sacco di newsletter?
📺 Trovi Fjona anche su RAI Play con Touch - Impronta digitale!
🎧 Ascolta il nostro imperdibile podcast Le vie del Tech
💸E trovi un po' di offerte interessanti su Telegram!