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Compagni di scuola di Carlo Verdone – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo di un'altra commedia corale dal retrogusto amaro.

La rimpatriata è una circostanza decisamente particolare. Da una parte, ci permette di riallacciare i fili di un’amicizia logorata dal tempo, dall’età e dai cambiamenti, avvolgendoci in un dolce vortice di ricordi; dall’altra, ci mette di fronte all’amara evidenza che non tutto ciò che si è interrotto può essere ripreso, in quanto le persone che ritroviamo sono molto diverse da quelle che abbiamo lasciato. Un doppio binario su cui viaggia brillantemente Compagni di scuola, ambizioso e riuscito film del 1988 di Carlo Verdone.

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Dopo il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto dedicato a Il grande freddo, ci dedichiamo dunque a un’altra commedia corale generazionale dal retrogusto amaro, che per stessa ammissione di Carlo Verdone è ispirata proprio al folgorante lavoro di Lawrence Kasdan, nonché a una reale esperienza vissuta dal regista e dall’amico, collega, cognato ed ex compagno di scuola Christian De Sica, ovvero una rimpatriata scolastica dagli esiti imbarazzanti e sconfortanti. Con il prezioso aiuto in sceneggiatura di Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, rielabora le sue fonti di ispirazione e dà vita a una delle sue opere più compiute e attuali, costantemente in bilico fra la risata più irrefrenabile e l’amarezza scaturita da una riunione di amici che con il passare dei minuti si trasforma nella desolante caduta della maschera di un’intera generazione.

Compagni di scuola: il cinico e amaro ritratto del fallimento di una generazione

Nella lussuosa Villa Scialoja (nella realtà Villa Quintili), l’affascinante e malinconica Federica (Nancy Brilli), che per sua stessa ammissione è sostanzialmente una mantenuta, organizza una rimpatriata con i suoi ex compagni di liceo, a 15 anni di distanza dal diploma. Alla spicciolata, arrivano nella villa personaggi dall’umanità bizzarra e variegata: fra questi, spiccano il goliardico e volgare Walter Finocchiaro (Angelo Bernabucci), il principale bersaglio della sua ironia Piermaria Fabris (Fabio Traversa), il logorroico Ottavio Postiglione (Luigi Petrucci), il cantante fallito Bruno Ciardulli (Christian De Sica), il viscido sottosegretario Mauro Valenzani (Massimo Ghini) e Piero Ruffolo detto Er Patata (Carlo Verdone), professore di liceo alle prese con un matrimonio infelice e con una relazione extra-coniugale con la sua allieva Cristina (Natasha Hovey).

Nonostante le buone premesse, l’incontro fra ex compagni di scuola si trasforma ben presto in un coacervo di bassezze e mediocrità, in cui ogni personaggio viene messo di fronte ai fallimenti della propria esistenza. Sotto gli occhi dell’attenta e comprensiva psicologa Maria Rita Amoroso (Athina Cenci, vincitrice del David di Donatello come migliore attrice non protagonista per la sua prova), sfilano persone irrimediabilmente immature, altre vittime di problemi irrisolti legati al matrimonio e alla maternità e altre ancora afflitte da ultradecennali amori non corrisposti. A peggiorare ulteriormente le cose, arrivano piccoli furti, lo scherzo del falso invalido portato avanti da Lino Santolamazza e Armando Lepore (Alessandro Benvenuti e Maurizio Ferrini), umilianti richieste di carità e addirittura una violenza sessuale.

Una serata catastrofica

La malinconia per il passato irrimediabilmente perduto che animava Il grande freddo lascia spazio in Compagni di scuola a una tangibile mestizia, scaturita dalla consapevolezza che il passato in questo caso è l’unico elemento che ancora accomuna un gruppo di veri e propri relitti umani, ben più logori e invecchiati dei loro 35 anni anni anagrafici. Dei liceali di un tempo sono rimasti solo i ricordi, o nel migliore dei casi un pallido tentativo di imitazione. È questo il caso di Walter Finocchiaro, che grazie alla verace performance del debuttante Angelo Bernabucci (libraio di professione) regala i momenti comici migliori, incentrati principalmente sul povero Fabris, colpevole solo di non essere invecchiato nel migliore dei modi.

Dietro i suoi «Guardete com’eri, guardete come sei… Me pari tu’ zio!», «Tu me devi di’ chi è quello… Nun c’hai trenta secondi, te do ‘na settimana!» e «Tu c’hai avuto ‘n crollo… d’ottavo grado d’a scala Mercalli però!», diventati nel tempo veri e propri tormentoni comici, c’è una persona arricchita, cinica e inaridita, che gioca a interpretare la parte del bullo come un tempo. Viceversa, dopo aver subito ripetuti sberleffi, con il suo prematuro abbandono del ritrovo Fabris è l’unico a mantenere un barlume di dignità insieme al non presente Cantamessa, che con un freddo e pungente telegramma sentenzia «Rifiutomi partecipare vostra tragica riunione – STOP – preferisco ricordarvi con tutti i capelli. Condoglianze, Cantamessa.», sintetizzando in maniera lungimirante il catastrofico esito della serata.

Compagni di scuola e gli anni ’80

Compagni di scuola

La sceneggiatura di Compagni di scuola ha inoltre il merito di intercettare la naturale conclusione dell’edonismo sfrenato degli anni ’80 e del conseguente yuppismo, trasformando i propri personaggi in simboli del tracollo di un’intera generazione, cresciuta coi miti del lusso e del carrierismo e ritrovatasi invece vittima di un incurabile disagio esistenziale e di un inevitabile smarrimento etico e umano. Fra le tante maschere tragiche ecco dunque emergere la disperazione e l’immaturità di Bruno Ciardulli, in arte Tony Brando, e l’arroganza mista a sicurezza e spavalderia del politico Valenzani: due facce della stessa medaglia, separate solo da una differente abilità nell’intercettare lo spirito del tempo e nel salire sul treno più sicuro e profittevole.

Il tempo che per alcuni ha segnato la netta scissione fra un prima e un dopo sembra per altri essersi fermato, e con conseguenze non sempre positive. Compagni di scuola ci mostra infatti una serie di infatuazioni ben lontane da una risoluzione, come il matrimonio tossico fra Luca Guglielmi e Valeria Donati (Piero Natoli ed Eleonora Giorgi), il sentimento non corrisposto da Federica di Giulio Attenni (Silvio Vannucci) e l’amore mai sbocciato fra Margherita Serafini e Francesco Toscani (Giusi Cataldo e Giovanni Vettorazzo), al centro di un fugace quanto inutile ritorno di fiamma.

Ma nel complesso puzzle umano studiato da Verdone, De Bernardi e Benvenuti trovano spazio anche due diverse tipologie di maternità: quella fortemente voluta anche da single da Gloria Montanari (Luisa Maneri) e quella purtroppo irrealizzabile dell’estroversa Gioia Savastano (Carmela Vincenti), che dopo aver deliziato il gruppo con il suo umorismo rivela un profondo malessere simulando di allattare il bambino dell’ex compagna.

Compagni di scuola: la prova di maturità di Carlo Verdone

Compagni di scuola

Dopo i successi di Un sacco bello, Bianco, rosso e Verdone e Borotalco, che lo vedevano protagonista e mattatore assoluto dal punto di vista comico, Carlo Verdone fa intelligentemente un passo di lato, scegliendo per sé un personaggio più nevrotico che brillante e lasciando ad Angelo Bernabucci e Christian De Sica i ruoli più buffi e spiritosi. A dispetto dell’aura dolente e infelice che ammanta il film, in Compagni di scuola la commedia funziona benissimo, con vette entrate di diritto nell’immaginario collettivo come il tentativo di truffa con al centro l’inguardabile quadro del fantomatico Sironi («Ma che scherzi? Infatti, c’è pure chi dice: se c’ha ‘e zinne viola, de che colore c’avrà er culo?»).

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Carlo Verdone tiene per sé una parte tutt’altro che semplice, in cui convivono alcuni dei pochi scampoli di umanità all’interno del gruppo, goffi scatti d’ira e un risvolto più vizioso dato dalla relazione con una ragazza molto più giovane del suo patata. Un personaggio in bilico fra lento e inesorabile appassimento interiore e flebile possibilità di rinascita, che trova la sua perfetta definizione in due momenti speculari: il dialogo con un disilluso e allo stesso tempo poetico cameriere, che gli enuncia gli immortali versi de Il trionfo di Bacco e Arianna («Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza»), e quello con lo spregevole suocero, che mentre lo richiama alla sacralità della famiglia paradossalmente comprende e quasi approva il suo desiderio di adulterio.

L’importanza della musica

Compagni di scuola

Proprio come avveniva ne Il grande freddo, la musica si rivela una componente fondamentale di Compagni di scuola. Ci sono anche in questo caso In the Midnight Hour e i Procol Harum (con A Salty Dog), che insieme a brani come Sugar, Sugar, With a Girl Like You e Una ragazza in due de I giganti (al centro di un’appassionata esecuzione di gruppo al pianoforte) compongono una colonna sonora capace di trasformarsi al tempo stesso in rievocazione nostalgica e in vero e proprio personaggio aggiuntivo del racconto, in grado di accompagnare e definire gli eventi e gli stati d’animo dei vari personaggi.

Compagni di scuola trae inoltre forza e profondità dalla già citata Villa Quintili, che con il suo esibito sfarzo è l’ambientazione ideale di un racconto in cui l’apparenza lascia ben presto spazio a una sostanza marcia e corrotta. La villa mette poi a disposizione dei personaggi un luogo abbastanza limitato da metterli in condizione di interagire fra loro e di soffrire la convivenza (come nel caso di Postiglione, affetto dalla stessa pedanteria di Furio Zoccano di Bianco, rosso e Verdone) e sufficientemente ampio da consentire qualche riuscita parentesi all’esterno, come il contrappasso dantesco di cui è vittima il finto invalido Santolamazza. Sempre all’esterno, attraverso un’escursione notturna in spiaggia arriva anche la conclusione di alcune sottotrame, in particolare quella del sempre più esplicito triangolo amoroso fra Ruffolo, Valenzani e Cristina.

Il finale di Compagni di scuola

Compagni di scuola

Con la violenza ai danni della giovane allieva del Patata e con la conseguente collerica reazione di quest’ultimo, mossa più dall’onore tradito che dall’indignazione, Compagni di scuola abbandona definitivamente la commedia per sfociare nel dramma. Tutte le maschere sono cadute, comprese quella di Ruffolo, incapace persino di stare accanto alla sua unica fonte di gioia. Gli ex liceali lasciano lentamente la villa, scoprendosi più soli, più stanchi e più sporchi di prima e con il dubbio di avere rovinato anche il dolce ricordo del loro comune passato.

Come recita l’adagio, è solo dopo aver toccato il fondo che possiamo cominciare a risalire. Parole calzanti per la parabola dello stesso Ruffolo, che in un finale solo apparentemente semplicistico compie invece un piccolo gesto capace di sintetizzare l’intero spirito del film. Libero da un matrimonio che lo tormentava e da una relazione senza futuro, Patata può finalmente mettere da parte la finzione ed essere se stesso. Dopo aver vissuto la notte più lunga della sua vita con la fedele compagnia di una sigaretta finta, attaccamento a un vizio mascherato da rito, l’ultimo dei compagni di scuola raccoglie la sigaretta vera gettata da Tony Brando, concedendosi un tiro all’alba di una nuova esistenza, con meno certezze ma forse un po’ più felice.

Una lezione di sintesi cinematografica

Il sigillo su un’opera densa di temi e contenuti, con cui Carlo Verdone riesce nel non facile intento di fare convivere 18 personaggi, caratterizzando ognuno di loro in maniera adeguata e coerente e mettendo così a tacere i dubbi del produttore Mario Cecchi Gori, estremamente preoccupato per la potenziale verbosità del racconto. Una lezione di sintesi cinematografica che in un’epoca di serialità allungate e stiracchiate risulta ancora più preziosa, e ci lascia con un monito sempre attuale: il passato che abbiamo consapevolmente abbandonato non è per forza migliore del futuro che ogni giorno possiamo sceglierci.

«Famme capi’, ma che ce voi convince’ ch’a merda è bona?»
Walter Finocchiaro

Compagni di scuola

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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