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Il grande silenzio di Sergio Corbucci – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo ancora di Klaus Kinski e della sua interpretazione in un grande western di Sergio Corbucci.

Nel suo strepitoso C’era una volta a… Hollywood, Quentin Tarantino cita più volte Sergio Corbucci, definendolo senza mezzi termini “il secondo miglior regista di spaghetti-western”. Una definizione che potrebbe suonare limitante (l’evidente allusione è a Sergio Leone, uno dei registi più amati da Tarantino), ma che in realtà è un appassionato e sincero omaggio da parte del cineasta statunitense, che ha tratto liberamente ispirazione da Corbucci in almeno due occasioni: la prima è Django Unchained, omaggio al Django interpretato da Franco Nero (autore di uno spassoso cameo nel film di Tarantino); la seconda è il successivo The Hateful Eight, western teso e claustrofobico che riprende le atmosfere innevate e crepuscolari de Il grande silenzio di Sergio Corbucci.

Un’opera particolarmente cupa e nichilista, che per ironia della sorte è arrivata in sala a poche settimane di distanza da uno dei capolavori del già citato Sergio Leone, ovvero C’era una volta il West, con cui fra l’altro Il grande silenzio condivide anche lo sguardo malinconico sull’intero genere western, un protagonista dal doloroso passato svelato da un flashback e le struggenti musiche dell’inimitabile Ennio Morricone. Il lavoro di Corbucci può inoltre contare sul prezioso apporto di due protagonisti d’eccezione, cioè il poliedrico Jean-Louis Trintignant e il sinistro e respingente Klaus Kinski, di cui abbiamo parlato anche nel precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, dedicato a Fitzcarraldo di Werner Herzog.

Il grande silenzio: il cupo e amaro anti-western di Sergio Corbucci

Il grande silenzio è ambientato a fine ‘800 nella cittadina immaginaria di Snow Hill nello Utah, ricostruito per l’occasione sulle Dolomiti e in particolare a Cortina d’Ampezzo. Nei boschi avvolti dalla neve e dal gelo si nasconde un folto gruppo di banditi, in attesa di un’imminente amnistia ma con il pericolo rappresentato dai cacciatori di taglie, e in particolare dallo spietato Tigrero (Klaus Kinski). Proprio quest’ultimo, in combutta con il cinico Pollycut (Luigi Pistilli), che lucra proprio sul sistema delle taglie, uccide il marito di Pauline Middleton (Vonetta McGee). In preda alla rabbia e al desiderio di vendetta, la donna ingaggia Silenzio (Jean-Louis Trintignant), pistolero ombroso e solitario particolarmente temuto dai bounty killer, chiamato così in quanto “dopo che passa lui c’è solo il silenzio della morte” e per via della sua impossibilità di proferire parola, causata dalla recisione delle corde vocali lo stesso giorno dell’assassinio dei suoi genitori.

Mentre le anime tormentate di Pauline e Silenzio si avvicinano sempre di più, trasformando il loro rapporto in qualcosa di più di una semplice collaborazione, il pistolero e Tigrero incrociano le proprie strade lungo un crinale ripido e scivoloso rappresentato dalla loro ambigua moralità. Il personaggio interpretato da Klaus Kinski ha dalla sua parte la legge, che almeno per il momento gli consente di soddisfare la sua sete di sangue in maniera del tutto legittima con persone che al contrario si trovano dalla parte del torto, spesso perché emarginate e impossibilitate a difendersi; le attività di Silenzio si basano a loro volta su un paradosso della legge; l’uomo infatti è solito provocare la vittima per farle sfoderare la pistola, freddandola poi grazie alla sua velocità e alla sua Mauser modificata, con la scusa della legittima difesa.

Un western sulla neve

Il grande silenzio

In un momento storico in cui il florido filone del western mostra i primi inequivocabili segni di declino, Sergio Corbucci firma un vero e proprio anti-western, capace di negare molti stilemi del genere e al tempo stesso di dialogare a distanza con i suoi più grandi esponenti. La scelta più evidente è quella del paesaggio innevato, che prende il posto della classiche lande polverose e desertiche tanto care a maestri come John Ford o lo stesso Leone, trasmettendo tutto l’affanno e l’ansia dei personaggi, alle prese con un ambiente gelido e inospitale, e non solo in senso letterale. Uno scenario non certo inedito nel western, di cui Corbucci si serve però anche e soprattutto in chiave narrativa, trasformando lo scenario in uno dei tanti nemici con cui i protagonisti de Il grande silenzio devono confrontarsi.

Sergio Corbucci estende poi la figura dell’antieroe, imposta all’attenzione generale da Sergio Leone con il suo Clint Eastwood della Trilogia del Dollaro: Silenzio non è solo uno scaltro pistolero pronto a cavalcare l’onda che più gli conviene, ma è una persona sedotta dagli istinti più torbidi, che riesce a sfogare in maniera più o meno legittima solo per merito di quelli che oggi chiameremmo vuoti legislativi. Da attore intenso e versatile, Jean-Louis Trintignant è abile a tratteggiare un assassino tutelato dalla legge ma non meno spietato, che non esita ad approfittarsi della sua indubbia utilità per sedurre la vedova Pauline. Non ci sono né buoni né cattivi ne Il grande silenzio, ma solo personaggi che il fato e le motivazioni personali collocano da parti opposte della frontiera, che mai come in questo caso è più morale che fisica.

Il grande silenzio: la memorabile prova di Klaus Kinski

Il grande silenzio

Conseguenza diretta del nichilismo che pervade Il grande silenzio è una violenza insistita e mai mitigata, in continuità con quella già esibita e cavalcata da Sergio Corbucci in Django. Il bianco della neve viene più volte sporcato dal sangue, e non mancano sequenze che ancora oggi hanno un forte impatto emotivo sullo spettatore, come il momento in cui Silenzio subisce la voluta ustione di una mano, per poi vendicarsi con la stessa arma ai danni di Pollycut.

Emblema del pessimismo e del senso di ineluttabilità che aleggia costantemente su Il grande silenzio è il Tigrero di Klaus Kinski, ripugnante per la sua totale assenza di moralità ma in fondo a suo modo vittima di un sistema marcio e corrotto, che si regge sulla repressione dei furfanti e degli emarginati, trasformando Snow Hill in un avamposto della più totale anarchia e di una violenza per certi versi inevitabile. Con il suo sguardo glaciale, perennemente in bilico fra cinismo e follia, Klaus Kinski è la scelta perfetta per il ruolo, e ripaga Corbucci con una performance memorabile, esaltata anche da un iconico look composto da un cappello da prete e da una sciarpa a cingergli il capo, entrata di diritto nell’immaginario degli appassionati del grande cinema western.

Tigrero si contrappone al forzatamente taciturno Silenzio, scandendo la narrazione con la sua mefistofelica parlantina, descrivendo con dovizia di particolari i compromessi necessari per la vita che si è scelgo e diventando di fatto per lunghi tratti il protagonista del racconto.

Un’opera lugubre e dolorosa

Il grande silenzio

Il silenzio che circonda a più livelli il lungo duello fra i due protagonisti è compensato dalle straordinarie musiche di Ennio Morricone, che donano enfasi, epica e umanità a uno scenario dominato dalla morte e dalla crudeltà. Le note del maestro diventano ancora più importanti nell’indimenticabile epilogo de Il grande silenzio, al centro di una vera propria disputa fra Sergio Corbucci, insieme ai suoi co-sceneggiatori Mario Amendola, Bruno Corbucci e Vittoriano Petrilli, e i produttori dell’Adelphia coinvolti nella lavorazione del film.

Un’opera così lugubre e dolorosa era ben lontana dai canoni del western dell’epoca, che prevedevano invece una conclusione più o meno lieta e soprattutto un’affermazione del più positivo dei protagonisti. Appreso dell’intenzione di Corbucci di concludere con la morte del personaggio di Jean-Louis Trintignant, i produttori chiesero al regista di girare anche un finale più lieto. Costretto a scendere a compromessi con i suoi finanziatori, Corbucci si rese protagonista di un vero e proprio atto di furbizia e genio registico, mettendo in scena un epilogo indubbiamente positivo, ma girato in maniera talmente sciatta e abborracciata da essere di fatto impresentabile. Messi davanti a questo girato (disponibile nelle edizioni home video de Il grande silenzio), i produttori furono costretti a fare buon viso a cattivo gioco, accettando una conclusione spiazzante, ma ben più efficace e coerente col resto del racconto.

Il finale de Il grande silenzio

Nonostante le suppliche di Pauline, pronta a fuggire e a ricostruirsi una nuova vita insieme a lui, il menomato Silenzio cade nella trappola di Tigrero, che ha preso in ostaggio nel saloon tutti i banditi da lui catturati in attesa del suo avversario. L’inevitabile duello, approcciato da Silenzio in posizione di netta inferiorità, termina con la sconfitta secca e netta di quest’ultimo, a cui fa seguito la barbara esecuzione di Pauline e dei furfanti da parte di Tigrero, che abbandona poi Snow Hill per portare in altri lidi la sua efferatezza.

Un finale inatteso ma giusto, solo parzialmente compensato dai titoli di coda, che ci informano delle modifiche al sistema delle taglie a seguito di questo massacro, trasformando di fatto in un martire il personaggio di Jean-Louis Trintignant. Allo sconvolto spettatore non resta quindi che il silenzio di fronte a un’opera amara e raggelante, simbolo della creatività e della corrosività di un’epoca unica e irripetibile del cinema italiano.

Il grande silenzio

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Il Grande Silenzio (1968)
  • The disk has Italian audio.
  • Trintignant,Kinsi,Wolff (Attore)
  • Audience Rating: NR (Non valutato)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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