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Fondazione: com’è la serie Apple tratta dal ciclo di Isaac Asimov

I restanti episodi di Fondazione saranno pubblicati con cadenza settimanale.

Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. Basta riportare queste semplici regole, note come le tre leggi della robotica, per comprendere l’importanza delle opere di Isaac Asimov per la fantascienza letteraria e audiovisiva e per i progressi tecnologici degli ultimi decenni. Dall’intelligenza artificiale all’automazione, siamo letteralmente circondati da temi sviluppati o preconizzati da uno dei padri della fantascienza moderna. Non stupisce quindi che Apple abbia scelto proprio il suo celeberrimo Ciclo delle Fondazioni per la propria ambiziosa serie Fondazione, disponibile da oggi su Apple TV+ con i primi due episodi.

Il Ciclo delle Fondazioni si compone di una trilogia iniziale, conosciuta come Trilogia della Fondazione e pubblicata fra il 1951 e il 1953, di due seguiti (L’orlo della Fondazione e Fondazione e Terra) del 1982 e 1986 e dei due prequel Preludio alla Fondazione e Fondazione anno zero, pubblicati rispettivamente nel 1988 e nel 1993. Un’opera mastodontica ed estremamente dilatata nel tempo, che ha alla propria base il concetto di psicostoria, cioè una scienza futuribile in grado di prevedere attraverso modelli matematici e statistici l’evoluzione e altri eventi della società umana, con la conseguente possibilità di anticipare o posticipare determinati fenomeni. Su questa trave portante e con alcune limitazioni numeriche (come un numero minimo di persone da studiare e un numero massimo di persone che possono conoscere le previsioni), Asimov imbastisce una fantascienza cerebrale e razionale, priva di alieni, epiche battaglie ed entità sovrannaturali, ma altrettanto stimolante.

Fondazione: dai libri al piccolo schermo

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Già dai primi due episodi (che saranno seguiti da altri 8, pubblicati a cadenza settimanale ogni venerdì), si può apprezzare lo sforzo produttivo di Apple e quello creativo di David S. Goyer, Josh Friedman e dei loro sceneggiatori, realizzato con il chiaro intento di fornire alla piattaforma streaming dell’azienda un prodotto che possa idealmente prendere il posto di Game of Thrones, estendendo le proprie ambizioni e il potenziale pubblico nel corso di molti anni e diverse stagioni. Già dai primi minuti, si rimane positivamente sorpresi dalla resa tecnica di veicoli, panorami stellari e tecnologia di una civiltà ambientata in un lontanissimo futuro. Il senso di meraviglia e mistero non si estingue con l’incipit, ma prosegue anche quando Fondazione si addentra negli eventi, rispettando Asimov e al tempo stesso deviando la traiettoria di alcuni personaggi.

L’elemento chiave è ancora Hari Seldon, scienziato che ha sviluppato il modello capace di predire l’evoluzione umana interpretato da Jared Harris. Proprio come in Chernobyl, a Harris è affidato il ruolo di Cassandra della situazione, che lo mette nella scomoda posizione di chi prevede un imminente disastro. Accanto a lui, la sua discepola Gaal Dornick (Lou Llobell), che a differenza del romanzo è una giovane donna in cerca di epiche avventure lontano dal suo paese natale, sulla scia del giovane Luke Skywalker di Star Wars. Non a caso, anche Hari e Gaal si devono confrontare con un Impero Galattico, governato da una triade di cloni della stessa persona in tre fasi diverse della vita.

Abbiamo quindi il vecchio Brother Dusk (Terrence Mann), il giovane Brother Day (Lee Pace) e il bambino Brother Dawn (Cassian Bilton), che con piglio autoritario reggono una monarchia che si perpetua letteralmente ripetendo se stessa, in una chiara allegoria di un potere ammuffito e reazionario, in contrapposizione al cambiamento sollecitato da Hari.

Una fantascienza umanista

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Come lo stesso Asimov, Fondazione parla del domani per puntare il dito contro un presente in cui siamo allo stesso modo spinti in direzione di un cambiamento epocale, in modo da evitare una catastrofe ambientale e sociale. Una fantascienza umanista, che ammonisce la nostra civiltà e allo stesso tempo sprona verso un approccio meno individualista e più proteso verso la comunità.

Troppo presto per dire se tutti questi elementi saranno adeguatamente messi a fuoco nei prossimi episodi e se i personaggi svilupperanno un carisma e una personalità tali da assicurare un lungo futuro a questa serie. Possiamo però affermare che Fondazione è già riuscita nel difficilissimo intento di costruire una solida base per un universo narrativo denso e stratificato a cui affezionarsi nei prossimi anni. Proprio come avvenuto per il Dune di Denis Villeneuve, a stupire è soprattutto il raffinato lavoro di world building della serie, che riesce nel non facile intento di trasportare sullo schermo la complessità e il fascino delle pagine di un vero e proprio pilastro della fantascienza, rendendo comprensibile anche ai profani della saga letteraria una mitologia tutt’altro che banale.

Appuntamento quindi ai prossimi episodi su Apple TV+, per scoprire se siamo veramente di fronte a una nuova serie televisiva di riferimento, come queste prime due puntate lasciano sperare.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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Un commento

  1. in quale triste mondo viviamo, tutto è fantasy, tutto è contaminato dal perbenismo galattico.
    Asimov non sarebbe contento di questo fumettone rosa, con tante inutili e lunghe scene di sesso, confuso e soffuso, fatto apposta per tirarla per le lunghe. Personaggi delineati con l’accetta, solo macchiette.
    Da grande estimatore della saga sono veramente mortificato, annoiato, deluso, amareggiato.
    PECCATO!!!!!

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