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Flessibilità e worklife balance: il futuro del lavoro post-pandemia

Una ricerca di LinkedIn dà voce a esigenze, aspettative e realtà di lavoratrici e lavoratori italiani

Qual è il futuro del lavoro post-pandemia? Come sappiamo, le implicazioni del tanto agognato “ritorno alla normalità” dopo la fine dello stato di emergenza da COVID-19 coinvolgono la società per intero, e in particolar modo, il mondo del lavoro.

I nuovi modelli, incentrati sul ricorso massiccio allo smartworking e sulla flessibilità, potrebbero venire archiviati come “misure temporanee”, oppure integrati definitivamente nelle prassi aziendali. Una recente ricerca condotta LinkedIn permette di riconoscere bisogni e sensibilità condivisi dai lavoratori. Scopriamo insieme i dettagli.

Il futuro del lavoro post-pandemia: tra flessibilità ed equilibrio

smartworking

Il primo dato significativo della ricerca riguarda l’impatto della pandemia nel ridefinire e trasformare le priorità dei lavoratori. Il 64% degli intervistati in Italia è convinto che la pandemia abbia modificato per sempre il modo in cui lavoriamo; il 55% afferma di voler dedicare più tempo ad altri aspetti della propria vita. Infine, il 61% dichiara di aver realizzato, in questi ultimi due anni, di voler lavorare in modo più flessibile.

Ovviamente non mancano difficoltà e preoccupazioni. 1 intervistato su 2 sostiene che il lavoro flessibile generi confusione, in particolare a causa delle nuove e diverse modalità organizzative introdotte all’improvviso in risposta alla situazione pandemica. Questo ha generato confusione in particolare tra le donne.

Infatti il 22% delle intervistate ha dichiarato di provare imbarazzo per il fatto di lavorare in modo flessibile, contro il 17% degli uomini. La conciliazione tra vita privata e professionale resta un’esigenza particolarmente avvertita dalle donne (47%), mentre solo il 34% degli uomini afferma lo stesso. Rilevante in questo senso anche il dato generazionale: più di 2 partecipanti su 5 tra i millennial (età 24-41 anni) ritengono che il worklife balance sia una priorità.

L’esigenza di flessibilità può tradursi in rivendicazioni nette nei confronti del datore di lavoro. Mentre il 59% degli intervistati non ha mai lasciato (o considerato di lasciare) il proprio lavoro perché non abbastanza flessibile, il 15% ha effettivamente cambiato lavoro per questa ragione, a fronte di un dato medio europeo del 21%.

È significativo, in questo senso, come la percentuale di lavoratori italiani che ha considerato di lasciare il proprio impiego perché troppo poco flessibile coincida perfettamente con quanto rilevato, in media, su scala europea (27%). Una decisione che, in Italia, ha un impatto diverso sulle donne. Ad esempio, il 21% degli uomini ha optato per una carriera come freelance, mentre lo stesso è avvenuto solo per il 6% delle donne.

Qual è la posizione delle aziende?

La ricerca condotta da LinkedIn ha coinvolto anche alcuni Hiring Manager italiani per capire come le aziende hanno affrontato il cambiamento.

Più di 7 intervistati su 10 hanno dichiarato che la propria azienda ha aumentato e migliorato la propria offerta in termini di flessibilità negli ultimi due anni. Altrettanto rilevante è stata la necessità di continuare ad attrarre talenti. Tra le priorità che gli Hiring Manager individuano per favorire ulteriormente l’equilibrio tra vita professionale e privata dei dipendenti figurano l’implementazione di servizi di supporto alla salute mentale e l’estensione dei permessi legati alla genitorialità.

È però importante sottolineare che il 24% dei rispondenti ritiene che i dipendenti della propria azienda siano insoddisfatti delle politiche di flessibilità implementate. Inoltre più di un quarto di loro ritiene che tali politiche siano insufficienti a garantire un adeguato bilanciamento tra impegni personali e vita lavorativa.

Questo dato assume ancor più rilevanza se confrontato con quanto riscontrato dalla ricerca condotta tra i lavoratori italiani. Dalla ricerca è emerso che il 27% ha visto una riduzione dello stipendio come conseguenza del lavoro flessibile, per il passaggio a un contratto part-time. Inoltre, 3 persone su 10 hanno affermato di lavorare la stessa quantità di ore per uno stipendio minore.

Per concludere, per dare visibilità e normalizzare queste esigenze, LinkedIn ha lanciato la campagna #FlexibleIs, che incoraggia le persone a raccontare le proprie esperienze e a condividere il significato che ha per loro la flessibilità sul lavoro.

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Veronica Ronnie Lorenzini

Videogiochi, serie tv ad ogni ora del giorno, film e una tazza di thé caldo: ripetere, se necessario.

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