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Condividere le emozioni sul lavoro: la GenZ alla guida del cambiamento

Un nuovo studio di LinkedIn ha preso in esame il modo in cui gli italiani esprimono se stessi sul lavoro, rilevando importanti differenze, in particolare sulla Generazione Z. Scopriamo insieme tutti i dettagli.

La Generazione Z non ha paura di mostrare le emozioni, lo dice LinkedIn

Per i più giovani, la propensione a parlare apertamente delle proprie emozioni sul lavoro è aumentata significativamente dopo la pandemia. Oltre il 57% dei rispondenti tra i 18 e i 25 anni si sente ora più a proprio agio, mentre solo il 30% dei baby-boomers ha dichiarato lo stesso.

Si tratta di un’apertura maggiore da parte della Generazione Z che riguarda tutta la gamma delle emozioni. La differenza generazionale risulta tuttavia ancor più evidente nella disposizione a lasciar trapelare la tristezza. Infatti il 34% dei più giovani si sentono più a proprio agio nel condividere quest’emozione, contro il solo 14% dei baby-boomers.

Si tratta poi di un dato che trova conferma anche tra chi lavora in modalità ibrida. Circa il 30% della GenZ il lavoro flessibile è un fattore che li ha resi più sicuri nell’aprirsi e manifestare le proprie emozioni, mentre solo il 19% dei lavoratori tra i 58 e i 60 e il 23% di quelli tra i 42 e i 57 (GenX) ha dichiarato lo stesso.

L’esigenza di condividere le proprie emozioni ed esperienze è particolarmente sentita dalla GenZ, che è la più attiva nel dare e cercare supporto anche su LinkedIn. La ricerca mostra che più di 1/3 (34%) dei rispondenti tra i 16 e i 24 ha visto infatti aumentare il sostegno in reazione a post in cui descriveva i propri sentimenti sul lavoro.

Esprimersi sul lavoro è importante

Per più di 2/3 (68%) dei rispondenti allo studio condividere le emozioni – positive e negative – sul lavoro è fondamentale perché aiuta a sentirsi parte di un team e anche perché stimola la produttività. Si tratta di una convinzione condivisa, in particolare, dal 77% della GenZ.

Tuttavia, per molti è comunque difficile dare spazio a sentimenti come frustrazione, senso di colpa o di inadeguatezza.

Quasi la metà dei partecipanti (48%) sostiene infatti che c’è uno stigma negativo associato all’aprirsi sul lavoro: una realtà che fa sentire il suo peso in modo particolare tra le donne che, secondo il 55% dei rispondenti, sono giudicate più duramente rispetto agli uomini quando condividono i propri sentimenti.

Ridere e far ridere: il potere dello humour

Un elemento importante per distendere le relazioni e contribuire a un clima più sereno è il senso dell’umorismo. Comparando i risultati globali dello studio, i lavoratori italiani, insieme agli indiani, sono tra i più spiritosi.

LinkedIn ha notato che quasi il 54% degli italiani condivide una battuta almeno una volta al giorno, contro il 33% degli australiani, il 40% dei francesi, il 41% degli inglesi e il 48% dei tedeschi. Inoltre in Italia 7 partecipanti su 10 (70%), affermano che l’umorismo fa bene alla cultura aziendale. Proprio per venire incontro all’esigenza di ridere – e far ridere – di più anche nel mondo del lavoro, LinkedIn ha da poco lanciato una nuova reaction che permette agli utenti di esprimere sulla piattaforma gioia e divertimento.

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Veronica Ronnie Lorenzini

Videogiochi, serie tv ad ogni ora del giorno, film e una tazza di thé caldo: ripetere, se necessario.

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