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Troll online: perché ci infastidiscono e come affrontarli

Mantenete la calma e ricacciate i troll sotto il "ponte telematico" da cui sono usciti

I Troll non sono creature leggendarie. Anzi, trovarli è facile: sono loro a venire a cercarti. Commentano i tuoi post sui social, rovinano le partite multyplayer online, offendono e fanno di tutto perché tu risponda in modo da continuare a prenderti in giro. Chi c’è dietro a questo fenomeno sociale che riempie di insulti il web? Quali sono le motivazioni dei troll? Ma soprattutto: qual è il modo migliore per affrontare la situazione?

Troll, leone da tastiera o hater

La fauna delle cattiverie sui social è variegata in natura: anche se gli insulti online danno sempre fastidio, non tutti i commenti provengono dallo stesso tipo di “creatura” di internet. Proviamo quindi a stabilire una nomenclatura per differenziare i vari tipi. Sapendo tuttavia che queste definizioni sono fluide: ci sono persone che appartengono a più categorie oppure passano da una all’altra.

Troll

Il primo abitante dei commenti online è il troll. Anche se il nome richiama il gigantesco mostro nel bagno che ha terrorizzato Harry Potter, non è per la stazza che ha preso questo nome. Qualcuno dice sia per l’odore, però non riteniamo di dover inserire dicerie nel nostro studio etimologico.

troll harry potter

Il troll commenta insulti e prende in giro per il semplice gusto di farlo. Cerca l’attenzione degli altri, possibilmente di fare flaming: letteralmente “incendiare” di rabbia chi legge. Usa trigger di ogni tipo: prende in giro il senso di quello che avete commentato, la vostra foto profilo, la costruzione della frase. Non importa come o perché: vuole infastidire gli altri.

Leone da tastiera

Se il troll può scrivere la più crudele delle offese sui social mentre cena conversando educatamente, il leone da tastiera scrive solo quando una vena sul collo sta per esplodere. A differenza del troll, non necessariamente è consapevole di infastidire o offendere il prossimo. Almeno all’inizio. Di solito spara una sentenza sotto un post o in bacheca, per poi attaccare chiunque osi contraddirlo (o contraddirla) fino anche ad arrivare alle minacce. Minacce che poi non vengono mantenute: il suo ruggito di solito resta dietro la tastiera, appunto.

leone da tastiera

Hater

Infine c’è l’hater, l’odiatore. Ha la foga del leone da tastiera e il metodico sadismo del troll. Sceglie una vittima (o più raramente un gruppo, una categoria, un’etnia) e dedica tutto il tempo possibile a insultare e intimidire. In casi estremi, l’odio può degenere e trasferirsi IRL (“in real life”, dal vivo). Purtroppo queste persone arrivano anche a terrorizzare con minacce, rintracciano amici e parenti di una persona per continuare l’odio. Può arrivare a fare doxing, ossia pubblicare dove abita la sua vittima chiedendo ad altri di seguirla o minacciarla. Se scopre di un impegno pubblico o di un lavoro della sua vittima chiama gli organizzatori o il datore di lavoro per parlare male di lei. Insomma, l’hating online si trasforma in stalking e anche peggio. In questo caso parliamo di reati, da denunciare alla Polizia Postale o ai Carabinieri.

Perché il troll trolla?

Provare a capire perché un troll si comporta in quel modo non vuol dire giustificarlo. Lo spiega bene Ragen Chastain nel post su Medium in cui parla della sua esperienza con gli hater online: i troll sono responsabili di quello che fanno. Conoscere i motivi dietro i loro insulti serve però per capire come rispondere.

Natura o ambiente?

Alcuni ricercatori in Australiana hanno provato a capire quanto i disturbi psichiatrici incidano sulla possibilità di diventare troll. Il loro studio ha constatato che la maggior parte dei troll sono maschi che dimostrano tratti  di psicopatia e sadismo ma hanno scarsa empatia cognitiva. Quindi non colgono le emozioni altrui ma sanno come “colpire basso” e offendere senza rimorsi. Tuttavia, questo studio fatto con 415 partecipanti volontari non può avere valore assoluto. Inoltre è importante notare che “tratti psicopatici” non è una diagnosi: questa ricerca non dice che solo chi ha disturbi psichiatrici è un troll. Piuttosto cerca di capire quali tendenze hanno queste persone. Tacciare chi a questi comportamenti come “pazzo” o “squilibrato” è un insulto per chi soffre di disturbi mentali e una scusante troppo facile per minimizzare il problema sociale.

Anche perché un altro studio congiunto di Stanford e Cornell rileva che oltre alle ragioni innate ci sono motivazioni ambientali e comportamentali. Sulla cattiveria dei commenti incide lo stato d’umore di chi li scrive e soprattutto il contesto. In altre parole, i commenti precedenti determinano il comportamento del troll: può trovare altri commenti offensivi (magari più velati) che lo spingono a dire la sua (offesa, non opinione).

Approvazione e anonimato

Se la questione fra “natura o ambiente” è ancora aperta in ambito accademico, il “Centro per Contrastare l’Odio Digitale” ha un’idea molto pratica dei motivi dietro le offese dei troll. L’associazione inglese divide i troll i due. I primi trollano le celebrità e gli influencer sui social, nella speranza che la star o uno dei follower risponda. I secondi attaccano chiunque perché provano piacere nel fare arrabbiare gli altri. In entrambi i casi cercano una forma di “approvazione negativa“: vogliono essere riconosciuti come disturbatori, vogliono fare arrabbiare chi legge. In alcuni casi cercano anche l’apprezzamento di altri troll: fanno uno screenshot della risposta stizzita di chi stanno trollando e la mandano agli amici o la postano su Reddit o 4chan.

L’altra ragione che fa proliferare i troll online è l’anonimato. Psychology Today divide la questione in otto diverse categorie, la sostanza però è una sola: il troll pensa che non ci siano conseguenze alle sue azioni. In alcuni casi anche per la vittima delle sue angherie. Pensano che le loro prese in giro siano degli scherzi innocui, che non fanno male. In questo ricordano i bulli in età scolastica, che difficilmente si identificano come tali. Inoltre non pensano ci siano conseguenze anche per loro stessi: si sentono protetti dalla rete, dall’armata di altri troll che ridono con loro.

armata di troll

Come reagire ai troll?

Dare una teoria univoca per la risposta da dare ai troll è impossibile. Possiamo però dare due assunti e qualche consiglio che speriamo possano aiutare (e che sembrano essere il filo comune delle decine di studi e articoli che abbiamo consultato).

Il primo assunto è che qualsiasi sia la risposta che vi sentiate di dare è comprensibile e giusta per voi. Se un troll vi prende di mira siete voi la parte offesa e dovete fare quello che vi sentite di fare. Nessuno ha diritto di dirvi “avresti dovuto rispondergli male” o “avresti dovuto denunciarlo”, se non come consiglio privo di giudizio. Prima di pensare a che misure prendere CONTRO il troll, pensate a quelle da prendere PER voi.

Il secondo è che dietro alla cattiveria digitale del troll c’è una persona. Ancora: non lo diciamo per giustificare. Lo diciamo perché immaginarlo può aiutarvi. Il troll ha in mano il suo smartphone mentre aspetta con un sorrisetto beffardo di vedere la vostra reazione. Mentre voi avete usato la vostra intelligenza e la vostra umanità per creare un contenuto online, che sia un post che esprime le vostre idee o una foto che racconta un pezzo di chi siete, lui usa le sue energie per fare battute fuori luogo o offensive. Voi avete dimostrato umanità, creatività, empatia. Lui solo un’abilità nel prendere in giro che era esecrabile anche alla scuola media. Non siete voi i “perdenti” in questo scambio, affatto.

Come rispondere

don't feed the troll

In molti consigliano di non rispondere proprio. Don’t feed the troll, #DFTT. Chi è dall’altra parte  della tastiera sta combattendo la noia, sta cercando di provocare, sta sperando con tutte le fibre di farvi arrabbiare. Non dategli soddisfazione.

Altri sostengono che non è abbastanza. Innanzitutto  perché non tutti i troll si limitano a un commento e poi tacciono per sempre. Le categorie che abbiamo elencato all’inizio sono estremamente fluide, diventare un hater è un passo rapido da fare per ogni troll. Inoltre rimane il fatto che vi hanno fatto male. Non importa se il troll stava scherzando. Anche se il ragazzino brucia le formiche per gioco le formiche muoiono per davvero.Invece di lasciar perdere, questi esperti consigliano di segnalare ogni commento offensivo e rimuovere tutti i contenuti dei troll. Non hanno spazio nella vostra vita, cancellateli.

Qualcuno sostiene di usare la gentilezza per rispondere, colpendo i troll con l’empatia che manca loro. Alcuni gruppi politici hanno usato questo approccio per spiazzare chi li attacca, spiegandosi con calma e cercando di capire cosa si nasconde dietro l’odio. Sarah Silverman è arrivata a pagare l’assistenza sanitaria a un troll con cui aveva discusso. Però non avete nessun obbligo di farlo: questa soluzione non è giusta per tutti i troll e potrebbe non essere giusta per voi.

Rimane anche l’opzione di rispondere a tono, anche se state giocando al loro gioco. Una reazione che è comprensibile, per la quale non dovete sentirvi in colpa. Oltre a sfogare inizialmente la rabbia e produrre un po’ di endorfine però questo metodo non vi fa bene e noi lo sconsigliamo.

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Trollare nel modo giusto

I troll fanno male e dobbiamo fare il possibile per fermarli. Non solo singolarmente ma anche come società: le piattaforme social e i siti devono tutelare gli utenti. Se sotto un articolo ci sono insulti o durante una diretta Twitch o YouTube compare un troll, lo ricacciamo nel tombino da cui è uscito. Se offendono non sono scherzi o discussioni: sono insulti e non contribuiscono alla conversazione.

Tuttavia, c’è un tipo di trolling positivo. Il programma televisivo americano Last Week Tonight with John Oliver sfrutta spesso il suo pubblico per riempire di  tweet e commenti siti governativi prima del passaggio di una legge controversa. Alcuni studiosi hanno definito questo atteggiamento “trollare per il cambiamento sociale“, una forma di attivismo basato sull’infastidire le istituzioni.

Se quello del programma di HBO è un esempio macroscopico, vediamo spesso in rete degli esempi più piccoli. Commenti su Facebook che fanno “flaming” esponendo l’ipocrisia di un politico o di un altro, movimenti sui social per criticare scelte fuori luogo di grandi aziende. Una specie di satira democratizzata.

La differenza con i troll che scrivono commenti sessisti, insulti omofobi e offese in generale è che questi sono esempi di quello che nel mondo anglosassone definiscono “punching up”. Colpire verso l’alto, attaccare chi è più forte, invece di chi si espone con un commento o un post ed è per questo vulnerabile. Non tutto il trolling viene per nuocere. Anche se crediamo che sia difficile mobilitare gli odiatori online per una giusta causa: purtroppo sotto il ponte di internet ci sono più troll che Robin Hood.

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