Quella che altrove abbiamo definito come una nuova versione della guerra fredda, giocata sul fronte tecnologico – e che stavolta vede la Cina e non la Russia come antagonista degli Stati Uniti – si è estesa anche in Europa.
Ce ne siamo ad esempio accorti con l’ostracismo nei confronti di TikTok. Se uno Stato come il Montana, primo negli Usa, è arrivato a bandirlo completamente dai suoi confini, è vero che prima di ciò non solo gli Stati Uniti, ma anche Commissione, Consiglio e Parlamento europei, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno estromesso la piattaforma di ByteDance dai dispositivi aziendali.
Sorte simile è toccata a Huawei, già nel mirino dell’ex presidente Trump dal 2019. Senza ripercorrere nel dettaglio le vicende, ricordiamo che nel febbraio del 2023 l’amministrazione Biden ha dato un ulteriore giro di vite. Impedendo alle aziende statunitensi di ricevere le licenze per vendere prodotti all’azienda Huawei. Insomma, gli Usa hanno bloccato l’esportazione della loro tecnologia a favore dell’azienda cinese.
Ma con quanto accaduto delle scorse ore, c’è da domandarsi se il ban a Huawei sarà esteso anche all’Europa. Cosa è accaduto?
L’Europa, Huawei e il 5G
Tutto è nato da alcune raccomandazioni (non divieti, si badi) formulate dalla Commissione europa nel 2020 per tutelare i Paesi membri.
Raccomandazioni secondo cui si sarebbero dovuti evitare i rapporti commerciali con le società di telecomunicazioni considerate potenzialmente “ad alto rischio” per la sicurezza dele reti 5G. Società tra cui, a quanto riporta il Financial Times in un articolo pubblicato nella giornata di mercoledì 7 giugno, ci sarebbe anche Huawei.
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Il fatto è che a oggi solo un terzo dei Paesi membri, dunque 9 su 27, hanno recepito le raccomandazioni. Perciò la Commissione sta valutando di trasformare le raccomandazioni suddette in divieto. Insomma, Huawei rischia il ban dall’Europa: i Paesi membri non potranno più utilizzare le tecnologie offerte dal colosso cinese per lo sviluppo delle proprie reti 5G.
Le parole di Thierry Breton
Nei giorni scorsi il commissario dell’Ue, Thierry Breton, ha avuto una serie di incontri con i ministri delle telecomunicazioni europei. E ha ricordato loro “l’urgenza di agire per non creare gravi vulnerabilità alla sicurezza collettiva dell’Unione”.
Breton ha poi spiegato alla stampa che “il mio messaggio principale agli Stati membri è stato quello di ricordare loro l’urgente necessità di agire per evitare di creare gravi vulnerabilità che sarebbero difficili da invertire”.
Persone vicine alla Commissione hanno quindi fatto sapere che le preoccupazioni del commissario potrebbero tradursi in un ban di Huawei dall’Europa.
Anche se, aggiunge il Financial Times, è improbabile che il divieto si formalizzi “prima della fine del mandato quinquennale dell’attuale Commissione europea nel 2024, dato il tempo necessario per ottenere il sostegno del Parlamento europeo e degli Stati membri per qualsiasi nuova legge.”
La posizione della Germania
I dubbi della Commissione sono indirizzati soprattutto verso il comportamento della Germania.
Che non solo non ha bandito Huawei dal 5G, ma semmai – tramite la compagnia Deutsche Telekom – ha legami sempre più saldi con l’azienda cinese.
Un quotidiano tedesco, Handelsblatt, ha addirittura rivelato come il patto tra Huawei e Deutsche Telekom avrebbe “aggirato le sanzioni degli Stati Uniti contro l’azienda sospettata di attività di spionaggio a favore del governo di Pechino.”
I sospetti politici (e un curioso precedente)
Vale infatti la pena di ricordare che il probabile futuro ban di Huawei in Europa è dovuto, proprio come sta accadendo col già citato TikTok, non solo allo scopo di rendere tecnologicamente autonoma l’Unione europea dalla Cina.
Ma anche perché ci sono forti sospetti che più di un’azienda cinese (tra cui appunto TikTok e Huawei) sia al soldo del Partito Comunista Cinese. Come avrebbe candidamente ammesso proprio un ex dirigente del social di ByteDance.
Ricordiamo, peraltro, che Huawei è stata al centro di un caso quanto meno ambiguo occorso all’ultimo MWC, svoltosi a Barcellona dal 27 febbraio al 2 marzo scorsi. Quando un dirigente di Nokia ha accusato l’azienda cinese (che non ha mai fatto totale chiarezza sull’accaduto) di aver inserito nei badge forniti ai visitatori dello stand un chip di tracciamento.
Le dichiarazioni di Huawei
Huawei ha rilasciato una dichiarazione riguardo la possibilità di un’azione coercitiva della Commissione europea nei suoi confronti.
“Valutare i rischi di sicurezza informatica senza attenersi agli standard tecnologici, o escludere fornitori specifici dal sistema senza un’adeguata valutazione tecnologica, è una violazione dei principi di equità e non discriminazione, inoltre va contro le leggi e i regolamenti dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri.
Nessun tribunale ha mai stabilito che Huawei si fosse impegnata in un furto di proprietà intellettuale doloso o che avesse richiesto a Huawei di risarcire i danni per violazione della proprietà intellettuale di altri”.
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