Dopo essersi imposto al grande pubblico con Mainstream (2015), tre anni dopo Edoardo D’erme in arte Calcutta si riconferma con Evergreen. Si, parliamo dello stesso disco di Paracetamolo, la canzone che ci spiega come “due tachipirine da 500 ne facciano una da 1000”. Tra le varie hit dell’album c’è anche un brano che non viene mai estratto come singolo: Hubner, una canzone carica di significato in cui Calcutta rispolvera un vecchio album di calciatori Panini e tira fuori l’effige di Dario Hubner, soprannominato Tatanka, attaccante che fece la gioia dei tifosi del Brescia e del Piacenza, tra la fine del vecchio millennio e i primi anni 2000.
Ma Hubner non è una canzone sul calcio. Anzi. Il brano è una canzone sulla vita, quella personale di un individuo fuori dai riflettori, e sulle scelte che questa ci mette davanti. “Certe volte io dovrei fare come Dario Hubner” canta Calcutta. Ma perchè? Cos’ha fatto Tatanka di così importante?
Perchè dovremmo fare come Dario Hubner? Il significato della canzone di Calcutta
Nel 2001, dopo quattro stagioni tra Serie A e Serie B con il Brescia, dove mette a segno 129 reti, il 34enne Dario Hubner si trova davanti ad una scelta importante. Gli vengono infatti offerti due contratti per chiudere in bellezza una carriera giocata ad ottimi livelli. Nonostante non abbia mai vinto una coppa, e non sia mai arrivato in Nazionale, Hubner ha sempre fatto la differenza nelle squadre in cui ha militato. L’attaccante arrivò a vincere la classifica capocannonieri della Serie A 2001/2002 a parimerito con lo juventino David Trezeguet.
Ma torniamo a quel 2001. Le due offerte riguardano il Venezia e l’Inghilterra, dove diverse squadre di Premier League erano bendisposte ad offrirgli un contratto. Tatanka però decide, con una manovra decisamente atipica, di rifiutarle entrambe. Accetta invece di trasferirsi al Piacenza, neo-promossa in Serie A, sebbene questo comporti uno stipendio più basso in un club di prestigio minore.
Molti appassionati di calcio, all’epoca, non si spiegarono tale scelta. E nemmeno Hubner si preoccupò di fornire risposte. La motivazione in realtà, rivelata anni dopo, era che Piacenza era più vicino a Crema, città nella quale viveva sua moglie. Una scelta d’amore quindi, in un mondo calcistico in cui carriera, numeri e contratti dominano su tutto il resto. La semplicità di questo gesto di Hubner, apparentemente normale per un uomo comune, ispirano Calcutta e sono alla base del significato della sua canzone.
Dentro al testo di Hubner
Nella sua canzone Calcutta mescola, nel tipico stile lirico dell’IT-Pop, elementi di diversa estrazione che convergono in un significato comune. Il cantautore di Latina scrive un testo che alterna il suo presente (lui in viaggio) con la romantica scelta di Hubner del 2001.
Se con “Venezia è bella ma non è il mio mare” c’è un riferimento alla scelta di rifiutare il contratto con la squadra veneta, con “il treno è fermo, io sono stufo di aspettare” Calcutta ci illustra il contesto: il protagonista è in viaggio. Probabilmente è lo stesso Calcutta a viaggiare per l’Italia per suonare in giro, a bordo di un treno che lo porta lontano dalla donna amata. Una scelta coraggiosa fare il musicista, dato che gli artisti non hanno mai una vera e propria casa.
In questo mondo ch’è pieno di lacrime
Certe volte io dovrei fare come Dario Hubner
E non lasciarti a casa mai
A consumare le unghie
Nel ritornello Calcutta ragiona proprio su questa sua condizione. Il lavoro – anzi la vita – lo porta lontano, ma bisognerebbe avere il coraggio di scegliere di restare. Proprio come fece Dario Hubner. Il riferimento al “consumarsi le unghie” è invece, probabilmente, un rimando all’ansia e all’attesa della donna che attende il ritorno.
Nella seconda strofa siamo alla “stazione di Fondi”, vicino Latina, dove il cantautore vive. Probabilmente il viaggio in treno era quindi di ritorno, e lui è sempre più vicino a casa. Difficile interpretare il “fuori il tuo giubbotto”. Potrebbe essere lei che lo attende all’uscita della stazione, oppure lui che indossa il giubbotto di lei nell’attesa che il treno riparta. Non deve essere per forza tutto chiaro, del resto parliamo di Calcutta. Ricordiamoci delle Tachipirine.
In questo mare ch’è pieno di tracine
Forse noi dovremmo fare come Dario Hübner
Per non lasciarci soli mai a consumare le unghie
Dopo un secondo ritornello uguale al primo, nell’inciso finale il testo diventa al plurale. Siamo noi, entrambi, lui e lei, a non doverci lasciare soli mai. Il “mare pieno di tracine” si riferisce invece alla vita. Del resto la tracina è un pesce che vive sul fondale, ricoperto di spine velenose. Basta poco a calpestarla inavvertitamente e a farsi male. La vita, in questa metafora, è costellata di insidie e pericoli, come ad esempio le incomprensioni e le circostanze che portano le persone ad allontanarsi.
Come Calcutta spiega il significato di Hubner: l’intervista a Radio Deejay
Contestualmente all’uscita di Orgasmo, singolo che ha anticipato l’album Evergreen, Calcutta è stato ospite di Linus e Nicola Savino a Deejay Chiama Italia su Radio Deejay. Nel corso dell’intervista (al minuto 05:00 del video che trovate qui sotto) il cantautore ha spiegato:
“È una canzone sul riavvicinarsi agli affetti, invece di lavorare, di stare sempre in giro”
L’artista ha anche rivelato, in quell’occasione, di aver ricevuto un messaggio entusiasta da parte del figlio di Dario Hubner, Marco.
La risposta di Hubner: “La canzone non l’ho capita”
Il calciatore e Calcutta hanno poi discusso della canzone insieme, a EUROPArdo Show, lo show Twitch di Pierluigi Pardo. Qui Calcutta ha spiegato l’idea è nata a Sperlonga (LT), dove l’artista si trovava da un mese e mezzo lontano dai propri affetti.
“Mi sono messo a leggere su internet la storia di Dario [Hubner] e ho pensato: ‘cavolo, è calzante con il mood’”.
La risposta del calciatore invece è stata: “La canzone me l’hanno fatta ascoltare i miei figli. Ma devo essere sincero: non l’ho capita. Ma lo sapete, io sono anziano”.
Tranquillo Dario, non c’è da capire, è Calcutta. Ricordiamoci sempre delle Tachipirine. La canzone però resta bellissima, e noi dovremmo tutti fare come Dario Hubner. Per non lasciarci soli mai a consumare le unghie.
- Evergreen
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