Dal 26 maggio è disponibile su Netflix Il Divin Codino, biopic diretto da Letizia Lamartire sulla vita e sulla carriera di uno degli sportivi italiani più amati di sempre, Roberto Baggio. Fra tante soddisfazioni personali e imprese sportive che hanno costellato la carriera di Baggio, la regista sceglie di concentrarsi su tre delusioni: il primo grave infortunio con la maglia del Vicenza, il rigore sbagliato in finale a USA ’94 e la mancata convocazione per i mondiali del 2002.
Paradossalmente, questi tre fallimenti sono la sintesi perfetta del Divin Codino, che per tutta la carriera ha dovuto combattere contro i guai fisici, contro i tanti allenatori con cui ha avuto pessimi rapporti e soprattutto con il fantasma di quel rigore tirato alle stelle, che gli ha impedito di mantenere la promessa fatta da bambino che il padre ama ricordargli, cioè vincere i mondiali di calcio contro il Brasile.
È un biopic tutt’altro che scontato Il Divin Codino, che stupisce per la qualità più che buona della messa in scena (soprattutto per le scene sul campo, da sempre tallone d’Achille per le nostre produzioni) e per la precisa scelta editoriale con cui scandaglia la vita del protagonista, evitando il pericolo di dare vita a un riassunto agiografico di uno sportivo amatissimo in Italia e in tutto il mondo.
Il Divin Codino: com’è il film Netflix su Roberto Baggio
Il protagonista Andrea Arcangeli offre una performance intensa ed efficace, che non si limita alla mera imitazione di Roberto Baggio, ma cerca invece di trasmetterne l’essenza, concentrandosi soprattutto sulla sua sorprendente umiltà. Al suo fianco, convincono soprattutto Andrea Pennacchi e Valentina Bellè, che impersonano rispettivamente il padre di Baggio, Florindo, e la moglie Andreina, stampelle emotive e fisiche del campione nei suoi momenti più difficili.
Il rapporto con il padre, burbero dal cuore d’oro, e con la compagna di una vita, riservata ma sempre schierata accanto al suo campione, tracciano la parabola esistenziale di Roberto Baggio. Un uomo costantemente in cerca di approvazione e attenzione, che un padre di altri sette fratelli e sorelle non poteva concedergli, e forte di una mentalità d’altri tempi, totalmente aliena al mondo di oggi, talmente dimessa e umile da essere facilmente scambiata per disimpegno e apatia.
In questa cornice, non stupisce la scelta di non mettere mai al centro della scena un calciatore diverso da Baggio, come a sottolineare la sua solitudine in campo, come quella di sottolineare i ripetuti screzi con alcuni allenatori, nonché il rapporto schietto e sincero con Carlo Mazzone, uno dei pochi a comprenderlo pienamente.
Dal 26 maggio è disponibile su Netflix
Ci saremmo aspettati di rivivere più gesta sportive di Roberto Baggio, come la sontuosa prestazione contro il Napoli di Diego Armando Maradona con la maglia della Fiorentina, gli anni alla Juventus, conditi da un Pallone d’Oro, o il crepuscolo dorato al Brescia.
Il Divin Codino riesce però a trasmetterci un Baggio se possibile ancora più vero, tormentato dai propri errori e dai propri insuccessi, ma capace alla fin dei conti di conquistare un trofeo più difficile di tutti quelli per cui ha lottato sul campo, cioè l’amore della gente. Un amore dal mancato finale, per citare Fabrizio De Andrè, e proprio per questo puro, inscalfibile, eterno.
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