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Che impatto ha l’intelligenza artificiale sulla democrazia?

L’AI sta cambiando tutto: il modo in cui lavoriamo, come cerchiamo informazioni online, come interagiamo con i social. E quindi anche come ci relazioniamo con la cosa pubblica: dai parlamentari che usano ChatGPT per redarre i disegni di legge ai controlli automatici delle Forze dell’Ordine, passando per il mondo dell’informazione (e della disinformazione). Oreste Pollicino e Pietro Dunn analizzano questi cambiamenti, e come le norme europee e internazionali li stanno affrontando, in Intelligenza Artificiale e Democrazia, che proviamo a raccontarvi in questa recensione.

Un libro che spiega l’impatto della tecnologia ed espone le fragilità della politica. Ma che vuole anche trovare una sintesi virtuosa: un costituzionalismo digitale, capace di fare sintesi fra queste realtà sempre più interconesse.

La nostra recensione di Intelligenza artificiale e democrazia

La Camera dei Deputati sta valutando di utilizzare l’AI generativa per semplificare il processo legislativo, ma anche per rendere più accessibili i procedimenti ai cittadini. L’Olanda ha usato l’intelligenza artificiale per valutare l’evasione fiscale, bloccando i sussidi pubblici per i possibili evasori — e l’algoritmo non ha funzionato a dovere, discriminando. In Wisconsin, i tribunali hanno usato l’AI per valutare il rischio di recidiva.

Nel bene e nel male, l’intelligenza artificiale sta già avendo impatti significativi su tutti e tre i poteri dello Stato. E l’impatto che sta avendo sul quarto potere, quello dell’informazione, è ancora maggiore. Che sia per le notizie riscritte da ChatGPT (magari rimaneggiando il New York Times), per i deepfake e gli spam-bot, oppure semplice per gli algoritmi di Google e dei social che propongono le notizie, l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla stampa è straordinario. Dunn e Pollicino lo sanno bene, ed estrapolano i giusti esempi per far capire la portata di come la tecnologia faccia ormai parte della cosa pubblica.

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Testo accademico con un enorme potenziale divulgativo, Intelligenza artificiale e democrazia riesce a spiegare gli incastri dell’attualità con le teorie costituzionali in un modo molto efficace. Chi come noi ha spesso sotto gli occhi notizie che riguardano il rapporto fra tecnologia e politica, ha così modo di inquadrarle in un contesto più completo. Per esempio, alla luce del diverso approccio giuridico fra Stati Uniti e Unione Europea: uno più incentrato sulla libertà individuale, l’altro sulla dignità personale. Cosa che cambia nella sostanza come si norma in ambito tecnologico.

Disinformazion e discriminazione

Altrettanto illuminante, a nostro avviso, come Dunn e Pollicino inquadrano le due tematiche esemplari di questo volume: la disinformazione e la discriminazione. Parlando di fake news, gli autori spiegano come nel diritto europeo si parli anche di una forma “passiva” di libertà d’espressione: avere accesso a informazioni trasparenti, plurali e fattuali è un prerequisito per essere cittadino.

Nel contesto della discriminazione, ci ha colpito l’efficacia con cui inquadrano il principio di uguaglianza esposto nell’articolo 3 della nostra Costituzione come un diritto “sostanziale”: è un compito della Repubblica quello di rimuovere le disuguaglianze ed evitare che si discrimini. Anche quando si tratta dei bias degli algoritmi.

L’importanza di agire subito (e di farlo con decisione)

Anche attraverso il linguaggio da giuristi di Pollicino e Dunn, l’urgenza di regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale emerge da ogni pagina di questo volume. Specialmente in alcuni ambiti in grande sviluppo, come la disinformazione tramite deepfake.

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti hanno visto diversi immagini, video e audio modificati dall’AI: dalla finta chiamata dell’allora candidato Biden che chiede di non-votare alle primarie in New Hampshire, al video deepfake in cui Kamala Harris dice di essere una marionetta del Deep State” condiviso da Elon Musk, passando per le immagini dei finti fan di Taylor Swift a sostegno di Trump e i video truccati della deputata Ocasio-Cortez.

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L’impatto sulla democrazia americana di simili notizie false è difficile da valutare in termini puramente numerici. Ma sembra evidente che agire in maniera tempestiva diventa necessario. Anche sulla scorta dei tempi di risposta troppo lenti in altre situazioni del recente passato, come il caso Cambridge Analytica e la sua influenza sulle elezioni del 2026.

Gli autori fanno notare come le cosiddette soft law del decennio scorso, che chiedevano alle piattaforme di autoregolamentarsi per determinare il giusto equilibrio fra la battaglia alle fake news e la libertà di espressione, non hanno funzionato. Ma sottolineano anche come le normative più recenti, come il Digital Market Act (DMA) e l’Artificial Intelligence Act (AIA), hanno un approccio diverso: quello della coregolamentazione. Che, se non dovesse diventare una “burocratizzazione” imposta dall’alto, potrebbe portare allo sviluppo di un AI che rispetti i principi costituzionali. E anche se Dunn e Pollicino sottolineino come sia possibile regolare anche utilizzando normative vigenti (per esempio, applicare il diritto d’autore ai dati con cui si addestra l’AI), il decisionismo delle istituzioni in tutto il mondo e l’attuale clima di collaborazione delle aziende che sviluppano AI sembra di buon auspicio.

L’intelligenza artificiale come strumento per la democrazia

Già dalla concisa ma incisiva introduzione di Luciano Violante, questo libro non nasconde che il costituzionalismo digitale di cui parla il libro è un meccanismo necessario ad affrontare una sfida di enorme portata. Non solo l’intelligenza artificiale avanza velocemente in moltissimi ambiti, ma le aziende che la sviluppano e la utilizzano hanno un’influenza internazionale enorme (ci ha colpito il paragone di Violante con la Compagnia delle Indie Orientali nel ‘700). Soprattutto in ambiti come quello dell’informazione e della lotta alla discriminazione, serve dotarsi dei giusti strumenti per far sì che l’uso dell’AI abbia un risvolto positivo sulla società.

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Dunn e Pollicino, tuttavia, in più occasioni fanno notare come la legge non deve diventare una diga per bloccare lo sviluppo dell’AI. Semmai, deve essere un argine per indirizzarlo nella giusta direzione. Un caso evidente è l’uso dell’AI per riconoscere le fake news e l’hate speech sui social. Se è vero che la moderazione automatica ha ancora limiti nel capire i contesti e le sfumature, le piattaforme utilizzano l’AI nella stragrande maggioranza dei controlli.

Altro esempio è quello della riduzione dei bias. Se è vero che la stessa AI riflette i pregiudizi dei dati con cui è addestrata (lampante è il caso delle selezioni dei curricula di Amazon, che scartavano i candidati che riconoscevano come donne), dall’altro può notare e fare emergere queste discriminazioni. Portando noi operatori umani a fare scelte più consapevoli.

Recensione: un libro per conoscere meglio l’intelligenza artificiale, e anche la democrazia

Dettagliato senza mai risultare pedante, chiaro negli esempi e nelle spiegazioni (sia quelle giuridiche che quelle tecniche), ci è piaciuto leggere Intelligenza artificiale e democrazia per questa recensione. Spiega le varie sfumature dell’AI con la stessa lucidità con cui disamina quelle del diritto. Cosa che servirà a politica, amministrazione e legge per prendere le misure dei cambiamenti tecnologici, che hanno una rilevanza importante per i diritti dei cittadini. I quali, crediamo, troveranno interessante leggere questo libro: conoscere l’impatto della tecnologia sullo stato di diritto permetterà anche di capire meglio come funziona la democrazia.

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Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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