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La Missione JUICE di ESA parla italiano

Vi diamo due parole: ITALIA e SPAZIO.
Cosa vi viene in mente?
Una buona fetta di voi penserà agli astronauti. Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano sono probabilmente i primi nomi che risuonano nella vostra testa.
Non è sbagliato ma è una visione forse un po’ riduttiva della realtà.
Il contributo dell’Italia all’esplorazione spaziale è decisamente più corposo.

La missione JUICE: in viaggio verso Giove

Il 13 aprile 2023 il lanciatore Ariane 5 dovrebbe portare nello spazio la sonda JUICE.
Il condizionale è d’obbligo. Un po’ per scaramanzia, un po’ perché quella è la data nominale del lancio, ossia la data di partenza attualmente stabilita ma che potrebbe slittare qualora ci fossero problemi legati, ad esempio, alle condizioni meteo sfavorevoli. Ecco perché normalmente c’è sì una data – qui il 13 aprile – ma anche una “finestra di lancio”, che per JUICE si chiuderà il 30 aprile.

Ma cosa caspita è JUICE? Dove va? A fare che cosa?
L’obiettivo finale è Giove. O meglio, le lune ghiacciate di Giove: Europa, Ganimede e Callisto.
Una destinazione apertamente dichiarata dal nome della missione: JUICE infatti sta per JUpiter ICy moons Explorer.

Raccontata così sembra quasi una banalità. Insomma, mandiamo un altro satellite nello spazio a fare l’analisi di qualcosa. Cosa sarà mai? Abbiamo altri satelliti che analizzano o osservano cose, ne abbiamo avuti in passato, li avremo in futuro.
E poi insomma, non stiamo andando sulla Luna, non stiamo andando su Marte, non ci sono persone a bordo… Perché dovrebbe importarci? 

Perché Juice è una missione MOLTO italiana. 

Giuseppe Sarri alla guida di Juice

Giuseppe Sarri
Giuseppe Sarri, Project Manager della missione JUICE, ESA

A guidare la missione c’è Giuseppe Sarri, che lavora per ESA – l’Agenzia Spaziale Europea – da 30 anni.
Project Manager of the JUICE planetary mission at European Space Agency“, dice il profilo LinkedIn di Sarri.

A lui la nostra Fjona Cakalli, reduce da un viaggio allo spazioporto di ESA a Kourou, Guyana francese, ha chiesto di raccontare gli obiettivi della missione:
La missione Juice ha due scopi fondamentali.
Il primo è esplorare il sistema di Giove. Giove ha molte lune, ha un sistema di anelli e quindi è un piccolo sistema solare. Il tema è cercare di capire come si formano e come evolvono i sistemi solari.
Il secondo scopo, che è estremamente eccitante, è capire se siamo soli nell’universo. E questo si fa in due modi: un modo è mettere dei telescopi in orbita e guardare altre stelle, vedere se ci sono pianeti attorno ad ad altre stelle. Il secondo modo, che è quello più diretto è mandare delle sonde nel nostro sistema solare dove ci sono delle lune e dei pianeti che potenzialmente possono supportare la vita. Giove è un grande pianeta, ha 3 lune, che si chiamano Europa, Ganimede e Callisto; queste lune sono lune ghiacciate nel senso che c’è una coltre di ghiaccio molto spessa all’esterno ma internamente c’è dell’acqua liquida, elementi fondamentali per sostenere la vita come carbonio, idrogeno e azoto, una fonte di energia… Sono tutte condizioni che possono permette alla vita di esistere o di svilupparsi nel futuro.”

missione JUICE satellite

“Vita” non corrisponde ovviamente ad una versione gioviana di E.T. e di qualsiasi altro alieno abbiate visto al cinema. In questo caso si parla di micro-organismi, cioè esseri viventi piccolissimi, nell’ordine del milionesimo di metro, che di solito sono unicellulari, quindi composti da una sola cellula.
Accantonate quindi le teorie sugli extraterrestri o le vostre speranze di trasformare la nostra esistenza in un complesso episodio di Star Trek.

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Questo però non rende meno importante la missione JUICE.
Al contrario, siamo di fronte ad obiettivi scientificamente rilevanti, per il nostro passato e probabilmente anche per il nostro futuro.
Proprio per questo l’ESA ha impiegato oltre un decennio a questa missione, curando ogni singolo dettaglio.

JUICE inoltre è una missione di classe L.
L come Large.
E sì, ESA usa una classificazione che ricorda le taglie dei nostri vestiti.
Cosa significa però nei fatti “missione di classe L”? Significa che è “large” per dimensioni e peso del satellite – ben 6 tonnellate – e per cospicuità del budget. Due cose che – come ci ha spiegato Giulio Pinzan, Juice Spacecraft Operations Engineer di ESA – normalmente vanno di pari passi.

Come otteniamo le informazioni che ci servono?

Una domanda legittima. Anche perché vista da fuori la sonda sembra un grosso cubo con le ali.
Il fatto è che quel cubo pesantissimo ha al suo interno 10 differenti strumenti che si occuperanno di raccogliere decine di gigabyte di dati.

Ed è qui che entra di nuovo in gioco l’Italia.
Non abbiamo solo dato i natali a Giuseppe Sarri ma ad una marea di scienziati che hanno contribuito a creare gli strumenti che ora sono posizionati all’interno di JUICE.

Missione JUICE JANUS
JANUS
Copyright: Tatiana Boretti/Sintesi

Prendiamo, ad esempio, JANUS e MAJIS.

JANUS è una camera ad alta risoluzione che opera nelle bande ottiche del visibile e dell’infrarosso. Che in sostanza vuol dire che vede quello che vediamo noi ma con il plus dell’infrarosso.
A cosa serve? Ad ottenere informazioni sulla composizione della superficie delle lune ghiacciate, contando su qualità nettamente superiore rispetto a quella offerta dal predecessore di JUICE, la sonda Galileo che negli anni ’90 ha esplorato e analizzato il sistema gioviano per conto della NASA.
JANUS, acronimo di Jovis, Amorum ac Natorum Undique Scrutator (che, se il nostro latino arrugginito non ci inganna, dovrebbe voler dire “Scrutatore di Giove, dei suoi amori e dei suoi figli“), è stato realizzato grazie al contributo e alla guida scientifica dell’Università Parthenope di Napoli e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). A dare fisicamente vita a JANUS è stata invece Leonardo, l’ex Finmeccanica, che da decenni opera nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza.

Leonardo ha dato vita anche a MAJIS, una camera iperspettrale che consentirà di capire la composizione chimica delle lune, necessaria a comprendere la loro effettiva abitabilità e la loro capacità di ospitare la vita.

Missione JUICE MAJIS
MAJIS

Costruire questi strumenti – come potete immaginare – non è stato facile.

La grande sfida per JANUS e MAJIS è l’ambiente gioviano – ci ha spiegato Enrico Suetta, Responsabile ricerca e sviluppo spazio e optronica di Leonardo – Bassissime temperature, grosse escursioni termiche, molte radiazioni e cariche elettrostatiche, addirittura plasma in certe zone. Quindi scelta dei materiali e di tecniche costruttive in grado di far costruire queste meccaniche in un ambiente così difficile.”

Enrico Suetta Leonardo JUICE
Enrico Suetta, Responsabile ricerca e sviluppo spazio e optronica di Leonardo

Questa però non è l’unico elemento difficoltoso nella costruzione di oggetti delicati e fondamentali come gli strumenti di JUICE. La sonda infatti dovrebbe partire tra meno di un mese ma sarà operativa nel 2031, dopo 8 anni di viaggio.
“Sappiamo benissimo che le scelte di oggi, quando la missione sarà operativa, saranno probabilmente superate da una tecnologia più moderna però di solito sono scelte fatte con tecnologie avanzate, non estreme, perché dobbiamo garantire comunque il funzionamento quindi non possiamo prendere rischi eccessivi. L’esperienza accumulata è quella che nel frattempo ti fa capire che cosa userai nella prossima missione. Questo ti aiuta anche per il concepimento di quelle che verranno dopo“, ha continuato Suetta.

Siamo convinti di aver lavorato bene e quindi siamo anche convinti che l’affidabilità delle macchine sia molto alta, e che quindi siano in grado di funzionare normalmente sia durante la fase di cruise, cioè di spostamento dalla Terra fino a Giove, e poi durante la fase operativa della missione per tutti gli anni che sono stati richiesti”, sottolinea Enrico Suetta.

Ma come si arriva a creare strumenti come MAJIS e JANUS?
Innanzittuto grazie ad una grande competenza maturata negli anni. Noi abbiamo partecipato a molte di queste missioni scientifiche del sistema solare. Ne cito tre per tutte: Cassini su Saturno, Rosetta sulla cometa, BepiColombo su Mercurio. Oltre a questo ovviamente c’è una capacità organizzativa per poter pianificare tutta un’attività, come quella di questi strumenti, che dura circa 5 anni, 6 anni, da quando viene dato il contratto a quando noi consegniamo e poi si lancia. Quindi dall’organizzazione ingegneristica, al progetto, la costruzione o l’acquisto della parti, montaggi, collaudi e calibrazione finale.”

JUICE solar panel fm 600

L’esperienza di Leonardo non è stato sfruttata solo per gli strumenti di bordo, ma anche per i pannelli solari che forniranno energia al satellite. E no, non sono uguali a quelli che usiamo sulla Terra. Sono ”…speciali perchè sono molto più efficienti di quelli che si usano normalmente in ambiente terrestre. Sono in grado di resistere ad alte radiazioni, a basse temperature… Sono ovviamente più costosi, questo è inevitabile avendo una così grande specializzazione.”
I pannelli inoltre sono davvero molto grandi: “In totale abbiamo oltre 80 metri quadrati. Tra un mese saranno i più grandi mai lanciati”.

Il ruolo dell’Agenzia Spaziale Italiana

Abbiamo parlato di Università, dell’istituto nazionale di astrofisica, dell’ESA… ma l’ASI – l’Agenzia Spaziale Italiana – cosa fa? 

Angelo Oliveri
Angelo Olivieri, Delegato Italiano allo Steering Committee di JUICE

L’abbiamo chiesto ad Angelo Olivieri, Delegato Italiano allo Steering Committee di JUICE: “Il ruolo dell’ASI in questa missione è un ruolo fondamentale. Innanzitutto perché la realizzazione di quattro strumenti a bordo di questa missione è stata possibile grazie al finanziamento dell’ASI e anche grande al management che l’ASI ha svolto nei confronti delle industrie che sono andate a realizzare questi strumenti. In secondo luogo perché, essendo strumenti realizzati in collaborazione con altre agenzie spaziali come NASA, CNES (l’agenzia spaziale francese), DLR (l’agenzia spaziale tedesca) e anche l’agenzia spaziale israeliana, l’ASI ha svolto un ruolo importante nella gestione dell’interfaccia con questi partner. Ogniqualvolta si sono presentati dei problemi noi siamo intervenuti sia in meeting bilaterali con i nostri partner sia grazie alla rappresentanza italiana allo Steering Committee di JUICE e al Science Program Committee dell’ESA.
L’eccellenza dei nostri scienziati ha fatto sì che l’Italia sia l’unica nazione ad avere 4 strumenti su questa missione. Questa eccellenza scientifica è stata valorizzata fin dal primo momento dall’ASI e abbiamo anche pensato di finanziare questi scienziati con unico accordo scientifico in maniera tale che fosse possibile per loro condividere i dati e le idee e trovare delle sinergie scientifiche”.

Il viaggio di JUICE

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L’illustrazione dei vulcani di Europa.
Copyright: RON MILLER / SCIENCE PHOTO LIBRARY

Abbiamo progettato alcuni degli strumenti, li abbiamo costruiti, li abbiamo consegnati… E adesso?
Adesso c’è qualcuno che si assicura che le cose vadano come dovrebbero, anche se le sfide da affrontare sono tante, soprattutto considerando che il viaggio di JUICE verso Giove non durerà pochi giorni, ma 8 anni.

Ci sono tante sfide e tante criticità nella vita operativa di questo satellite. – spiega Giulio PinzanTipicamente il primo di tutti è il lancio, il momento in cui il satellite viene messo a bordo del razzo e raggiunge lo spazio.

Che cos’è una fionda gravitazionale? 

È una tecnica di volo spaziale che utilizza la gravità di un pianeta per alterare il percorso e la velocità di un veicolo spaziale.
Viene comunemente usata per i voli indirizzati verso i pianeti esterni ossia Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Questa però è il primo piccolo step: “Poi ci saranno quattro fionde gravitazionali: sfrutteremo la Terra, Venere e altre due volte la Terra per progressivamente ingrandire l’orbita. Questo perché il lanciatore che utilizziamo è molto potente, il più potente tra quelli attualmente disponibili nel mercato europeo, ma non riesce a spingere il nostro satellite direttamente in un’orbita che intersechi quella di Giove.

Questa procedura durerà, come anticipato, 8 anni. Dopodiché, se tutto sarà andato secondo i piani, dovremo affrontare la prima manovra critica: “Dura circa un’ora – continua lo Juice Spacecraft Operations Engineer – e viene fatta utilizzando i razzi di controlli del satellite. Bruceremo circa una tonnellata di combustibile, quindi un sesto del peso del satellite, e questo permetterà di chiudere la nostra orbita in maniera da non orbitare più interno al Sole ma orbitare direttamente intorno a Giove”.

Giulio Pinzan ESA
Giulio Pinzan, Juice Spacecraft Operations Engineer di ESA

A quel punto inizierà la parte operativa della missione, quella dedicata alle analisi scientifiche. Questo però non significa che sia tutto facile: “Qui inizia la seconda sfida – dice Pinzan – ossia le 35 fionde gravitazionali che dovremo fare nel sistema di Giove, sfruttando in particolare, in ordine di distanza da Giove, Europa, Ganimede e Callisto. Questo pone una sfida letteralmente di navigazione all’interno di queste lune, anche perché queste fionde gravitazionali sono molto ristrette nel tempo che intercorre tra una e l’altra.

Il compito di JUICE finisce qui? Ovviamente no!
Alla fine del tour delle lune di Giove, viene eseguita una seconda manovra critica che permette all’orbita del satellite di non essere più intorno a Giove ma intorno a Ganimede. Se non è eseguita correttamente può portare alla perdita della missione. Abbiamo però tutto un sistema di firewall, che sono sia a bordo sia a terra, che ci permettono di eseguire questa manovra anche se alcuni elementi vanno storti. – spiega Giulio Pinzan – Consideriamo il fatto che ci possano essere dei piccoli fallimenti che noi dovremmo essere in grado di recuperare all’interno di quella che è l’autonomia di bordo.

Il combustibile infatti non è solo sufficiente a compiere la missione. Vengono svolti calcoli accurati che permettono di avere un ampio margine in caso di fallimenti. Questo significa che se qualcosa va storto c’è il tempo e l’energia per correggere la rotta e riportare la missione sui giusti binari.
Un’operazione possibile grazie anche ai sistemi del satellite, che si affida ad una sorta di intelligenza artificiale che in caso di emergenza può eseguire una sorta di riavvio e riportare la sonda nell’ultima posizione “sicura”.

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Le sfide però non terminano qui.
Sarà la prima volta che un satellite umano orbita intorno alla Luna di un pianeta che non è la Terra” il che potrebbe portare con sé nuove difficoltà oltre a permetterci di raccogliere dati estremamente utili.

Questa però è una preoccupazione che avremo tra oltre un decennio.
Prima ovviamente JUICE deve arrivare su Giove ma l’attesa per ESA non è ansiogena come ci aspettavamo: “Sono 8 anni di viaggio e saranno 8 anni di quiete, di calma. Abbiamo molto tempo per prepararci. Al momento focalizziamo tutta la nostra attenzione sulla parte del lancio e sulla parte del commissioning, in cui dobbiamo letteralmente accendere tutti i sistemi di bordo, tutti gli strumenti, tutta la parte della piattaforma e come prima cosa è importante stabilire una chiara base per vedere se il satellite funziona come era stato specificato. E poi inizierà la fase di crociera all’interno del Sistema Solare per preparare nel dettaglio tutta la fase scientifica.
Siamo abituati a fare questo, è questo che facciamo e siamo molto felici di farlo
“, conclude Giulio Pinzan.

L’Italia all’avanguardia nell’esplorazione spaziale

Riuscite ora a capire quanta “italianità” c’è nella missione JUICE? Quante persone, aziende e organizzazioni del Bel Paese stanno permettendo ad una sonda di 6 tonnellate di arrivare a milioni di chilometri di distanza?
Non sono pochi, non è un’eccezione. 
E soprattutto non è una novità.
L’Italia è all’avanguardia in questo settore da anni. Anzi, decenni.

San Marco Satellite
San Marco 1, il primo satellite artificiale italiano

Ad esempio, sapevate che l’Italia è stato il quinto Paese al mondo ad aver effettuato un lancio orbitale? Dopo URSS, USA, Regno Unito e Canada.
O che abbiamo un centro spaziale italiano al largo delle coste del Kenya, nell’Oceano Indiano?
O, ancora, che l’Italia ha realizzato la cupola della Stazione Spaziale Internazionale, quella che abbiamo imparato a riconoscere nelle foto degli astronauti?

Samantha Cristoforetti cupola ISS

L’anno prossimo inoltre dovrebbero iniziare i lavori del primo spazioporto italiano, in Puglia.

Non siamo il fanalino di coda di questa industria.
Siamo una risorsa importante, per ESA e per l’esplorazione spaziale.

Ogni tanto credo che dovremmo ricordarcelo.
Non siamo solo il Paese che ha dato i natali Galileo, scopritore delle lune ghiacciate di Giove.
Siamo i degni eredi di grandi scienziati e grandi inventori. 

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Erika Gherardi

Amante del cinema, drogata di serie TV, geek fino al midollo e videogiocatrice nell'anima. Inspiegabilmente laureata in Scienze e tecniche psicologiche e studentessa alla magistrale di Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia.

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